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DI MATTEO CORSINI

“Molte persone mi hanno chiesto una spiegazione semplice e concisa della differenza fra uno Stato e una famiglia: in sostanza, vogliono sapere perché è sbagliato sostenere che in tempi di difficoltà economica lo Stato dovrebbe stringere la cinghia. Ci sto lavorando su, ma forse possiamo usare la Grecia per illustrare rapidamente il punto. La Grecia può essere paragonata a una famiglia che ha speso troppo e si è indebitata, costringendo i suoi membri a fare tutte le cose che fa una famiglia quando si trova in una situazione del genere: tagliare tutte le spese non essenziali, rimandare le visite mediche e altre spese importanti, lasciare il lavoro e ridurre il reddito… no, aspettate. Ovviamente il punto chiave è questo: quando una famiglia deve stringere la cinghia, i suoi componenti non smettono di lavorare. Quando uno Stato stringe la cinghia in un contesto di depressione economica, un mucchio di persone perde il lavoro, e questo è negativo anche semplicemente nell’ottica della tenuta dei conti pubblici, perché un’economia in recessione significa meno entrate. Potreste sostenere che tagliare la spesa pubblica non incide negativamente sull’occupazione: sì, se avete passato gli ultimi anni in una caverna o in uno dei think-tank della destra americana, senza avere alcun accesso ai dati sugli effetti che produce realmente l’austerity, potreste sostenere una cosa del genere. I risultati delle politiche di rigore in Europa sono il test migliore che si possa avere in macroeconomia e ogni taglio significativo della spesa pubblica, senza eccezioni, è stato seguito da un pesante calo del prodotto interno lordo. Perciò, lasciate perdere la cinghia dei pantaloni: come metafora, non funziona per niente.” (P. Krugman)

In attesa che Krugman finisca di lavorarci su, mi sembra che l’esempio che utilizza per dimostrare che lo Stato non dovrebbe ridurre la spesa pubblica nei momenti di difficoltà non dimostri un bel niente. Come spesso (gli) succede, Krugman fornisce una versione dei fatti “aggiustata” per renderla utile al suo scopo. E così descrive una famiglia che, dopo essersi indebitata eccessivamente e (aggiungo io) aver a lungo vissuto al di sopra delle proprie possibilità, deve ridurre le spese perché il debito è divenuto insostenibile.

Krugman mette per ultimo il lavoro, e racconta la storia del lasciare il lavoro. Nella realtà dei fatti, spesso è proprio la perdita del lavoro a rendere il debito definitivamente insostenibile. Ma perdere il lavoro è un evento che può verificarsi, ed è anche per questo che quando si decide di spendere in consumi di vario genere una somma superiore alle proprie disponibilità (indebitandosi), occorre tenere in considerazione il rischio di un calo (o un azzeramento) del reddito in futuro.

L’esempio (distorto) del lavoro viene utilizzato da Krugman per sostenere che se lo Stato lavora meno (ossia spende meno) la situazione peggiora, scatenando una spirale recessiva senza fine, con ulteriore perdita di posti di lavoro. Chi la pensa diversamente deve necessariamente avere passato gli ultimi anni “in una caverna o in uno dei think-tank della destra americana”. Non dubito che Krugman si tenga alla larga dai think tank della destra americana, ma, a giudicare dalla barba non sempre ben curata, non escluderei che passi qualche periodo nelle caverne…

Posto che considerare “lavoro” la spesa pubblica mi sembra del tutto privo di senso, Krugman tralascia di raccontare ai suoi lettori alcuni particolari di importanza non trascurabile. In primo luogo, che a forza di “lavorare”, lo Stato può giungere (e, nel caso della Grecia, è giunto) a una situazione in cui nessuno è più disposto a fargli credito per continuare in queste sue fatiche.

In secondo luogo, non si capisce per quale motivo se tutta la spesa pubblica (il “lavoro” dello Stato) fosse benefica per tutti i cittadini si dovrebbe arrivare al collasso dell’economia sotto il peso dei debiti.

In terzo luogo, Krugman si concentra sugli effetti di breve periodo di una riduzione della spesa pubblica su occupazione e Pil, evitando di considerare gli effetti di lungo periodo, che peraltro avrebbe sotto gli occhi (vedi sopra), se solo volesse vederli. Non credo certo che sia stata l’austerity a far accumulare alla Grecia il debito pubblico (a lungo in parte occultato) negli anni precedenti la crisi. C’è (o dovrebbe esserci), però, una differenza tra lo Stato e la famiglia:

mentre nello Stato è inevitabile che qualcuno viva alle spalle degli altri senza il consenso di questi ultimi, nella famiglia non dovrebbe essere così. Quando si arriva a una situazione del genere, solitamente la famiglia va in frantumi.

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Showing 4 comments
  • Peter

    Scusami no, non basta il buon senso, forse andrebbe bene per gli asini, ma non per il sistema della moneta moderna dopo il 1971, specialmente dopo aver letto la tua affermazione “stampando moneta non si puo’ creare ricchezza, ma solo spostarla” ahime’ completamente errata. La tua affermazione sarebbe giustissima e in parte oggi lo e’ grazie grazie agli asini (la maggioranza, la minoranza e’ gente in malafede) che abbiamo nei governi europei. Se ci si limitasse a stampare banconote e distribuirle a pioggia da un balcone magari avresti ragione, ma non ci sarebbe molto buonsenso in questo, non credi? Invece in un sistema a moneta moderna sovrana (non i “paesi dell’euro” ma come l’Inghilterra o gli USA che hanno una moneta sovrana come prima noi avevamo la lira) se lo stato spende la moneta prodotta dal nulla per investire in infrastrutture, per incentivare la produzione, per creare rami produttivi (in Italia abbiamo avuto esempi di rami produttivi brillanti e invidiati da tutto il mondo negli anni 60-70) insomma creare “spesa a deficit buona” come dicono gli economisti della teoria della moneta moderna, allora caspita se si crea ricchezza, altro che spostarla, esattamente il contrario, anzi il solo modo per crearla la ricchezza in tale sistema e’ solo la spesa a deficit dello stato (cioe’ stampare banconote dal nulla e investire in spesa buona) a parte ovviamente l’importazine di prodotti da altri paesi. Se lo stato non spende niente, la ricchezza in questo caso come dici tu si sposta soltanto, senza commercio estero un paese e’ un sistema chiuso, senza iniezioni dallo stato non si crea niente, c’e’ solo ridistribuzione nel cerchio chiuso. Se poi addirittura lo stato non spende niente ma al netto addirittura prende con le tasse dal sistema chiuso (cioe’ quello che sta facendo il maledetto Monti) allora e’ la rovina (come puoi e potrai verificare da te) succhi risorse dalla pianta Italia (con le tasse) senza innaffiarla (spesa a deficit buona) il risultato e’ un impoverimento netto e l’innesco di un ciclo vizioso nefasto per l’economia (la capacita’ di produrre cose, di un paese, che e’ la vera ricchezza). Come vedi il buon senso veramente non basta, anzi tristemente e’ la causa primaria della diffusione di concetti enormemente sbagliati tra la popolazione, e aggiungerei anche con grande gioia di multinazionali e poteri forti che si sono prodigati fortemente per la diffusione di questi concetti sbagliati, cosi’ che possano agire indisturbati e fare cio’ che gli pare. Non e’ che bisogna studiare cosi’ tanto, una volta afferrato i concetti basilari tutto diventa abbastanza logico, umilmente ti chiedo di non usare il buonsenso, ma di riflettere giusto un pochino con mente aperta e senza pregiudizio su questi concetti, credimi saresti meravigliato per quanto siano logici e semplici. Scusa la lunghezza.

  • Peter

    Veramente! Senza voler polemizzare…non scherzo e non sono ironico, peche’ non vi sedete buoni buoni e vi mettete veramente a studiare quello che persone come Keynes e persone come Krugman hanno cercato e cercano di spiegarvi con santa pazienza. Sono concetti relativamente semplici, non ci vuole una vita o una laurea in economia per capirli. Io non penso che voi siate in cattiva fede, e’ solo che non approfondite, avete un po’ la vista offuscata da preconcetti.

    Si chiama “Moneta Moderna” una volta afferrato i concetti basilari e buttato via i falsi principi da baratto del medioevo inculcati qui e li superficialmente tutto diventa piu’ chiaro, si riesce anche a capire in modo piuttosto ovvio e naturale che una “Famiglia” e uno “Stato” non sono e non possono essere la stessa cosa in un sistema che fa’ uso delle politiche monetarie moderne (il 90% del mondo), un paragone tra queste due entita’ e’ quanto di piu’ fuorviante e sbagliato possa esistere in economia, questa non e’ ideologia o opinionismo, e’ un puro e semplice fatto, sempre che si voglia capire (ma seriamente, con intenzione) cosa e’ in realta’ spesa pubblica, spesa a deficit e tasse. Se siete contro le affermazioni di Keynes o un Krugman almeno cercatele di capire bene, penso sia il minimo che si debba fare per argomentare come si deve, poi magari avete anche il diritto di non essere daccordo, ammesso che abbiate argomentazioni valide e sostenute da fatti.

    • macioz

      Hai bisogno di studiare per sapere che gli asini non possono volare? O che stampando moneta non si può creare ricchezza, ma solo spostarla?
      O basta il buon senso?

  • Dexter

    Krugman è un mistificatore senza vergogna.
    L’Italia ha il record mondiale di spesa pubblica, 800 miliardi e oltre il 52% del PIL, secondo le sue teorie keynesiane allora dovremmo essere il paese più ricco e col PIL più alto.
    Inoltre, chi ha ridotto la spesa pubblica ? L’Italia no di certo. Le politiche di austerity le stanno facendo le famiglie, non certo lo Stato che anzi è sempre più ricco, sempre più tassatore.
    Ridurre la spesa dovrebbe voler dire riduzione anche delle tasse, e lo sanno anche gli imbecilli che la riduzione delle tasse porta le persone a vivere meglio. Con 100 euro in tasca si vive meglio che con 50, Krugman non riuscirà mai a farmi cambiare idea su questo.

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