In Anti & Politica, Economia

DI MATTEO CORSINI

“Believe me, it will be enough”. Era il 26 luglio quando Mario Draghi, a Londra, ha pronunciato queste parole in merito alle future azioni della Bce a difesa dell’euro. L’immediata reazione dei mercati è stata euforica, soprattutto perché qualcuno è corso a coprire (almeno in parte) le posizioni ribassiste su BTP e Bonos.

Per giorni è sembrato che la Bce fosse pronta a usare il tanto evocato (da chi non capisce tanto la materia oppure trae grandi vantaggi dalla stampa di moneta) “bazooka”. Pagine e pagine di giornali, e decine di minuti di telegiornali a evidenziare che era la volta buona, perché anche Hollande e la Merkel erano andati a ruota di Draghi con (le solite) frasi di circostanza europeiste. Ancora fino a ieri mattina si sprecavano le voci di chi invocava (e riteneva assai probabile) un impegno potenzialmente illimitato a stampare euro contro acquisto di BTP. Draghi non poteva avere sparato a salve. Stiamo facendo i compiti a casa – era il ragionamento – non meritiamo questo spread, che dovrebbe essere più basso di almeno 300 punto base. In pratica, il mercato non capisce, non ci comprende.

Poi, come spesso accade, la Bundesbank ha fatto la voce grossa, ed ecco che Draghi ha dovuto ridimensionare di parecchio i toni e i contenuti.

Prima un Paese dovrà chiedere aiuto al fondo Efsf/Esm, accettandone le condizioni, poi la Bce inizierà a comprare i suoi titoli. Non proprio quello che il nostro presidente del Consiglio stava andando a mendicare in giro per le capitali europee in questi giorni e che, all’indomani del consiglio europeo del 28/29 giugno, veniva considerata (con patriottismo all’amatriciana e scarso senso del ridicolo) una vittoria italiana sulla Germania. Magari per Draghi sarà abbastanza, ma chi aspettava dosi massicce di droga monetaria (o almeno la promessa che sarebbe stata elargita) pare sia rimasto deluso. E la mia sensazione è che lui stesso volesse “dare di più”, ma che non abbia potuto.

Tanto per essere chiaro, ero e resto convinto che l’idea di stampare denaro per rendere sostenibile il debito non sia una soluzione, bensì un modo per rimandare la resa dei conti e ingigantire il problema. Ma questo lo pensa chi apprezza la scuola austriaca di economia, che poi viene additato come sadico perché vorrebbe imporre sofferenze a chi si è indebitato troppo, come se ciò fosse una colpa di chi si è indebitato meno o, addirittura, ha perfino risparmiato. Come se lo scippo del potere d’acquisto non imponesse sofferenze proprio a chi non le merita.

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