In Anti & Politica, Economia

DI REDAZIONE

“L’inizio dell’attività estrattiva nel Sulcis risale a metà Ottocento. Il carbone che si ottiene, però, ha un alto contenuto di zolfo, per cui le miniere entrano in declino già all’inizio del secolo. Tornano in auge nel 1935, con l’autarchia. La fine della guerra getta l’industria mineraria locale in una grave crisi. Le miniere finiscono all’Enel, che con il carbone vuole produrre energia. Ma nel 1971 anche l’Ente elettrico abbandona l’estrazione perché non economica. Passano all’Egam, e poi, nel 1978, all’Eni. Nel 1985 lo Stato decide di dare 512 miliardi di lire all’Eni per riattivare il bacino carbonifero; l’Eni a sua volta investe 200 miliardi nelle miniere. Si arriva però al luglio 1993 e non un solo chilo di carbone è stato estratto.

In vista della privatizzazione, l’Eni abbandona definitivamente le miniere del Sulcis, e mette i minatori in cassa integrazione. Esplode la protesta. Il 28 gennaio 1994 un Decreto riapre le miniere, per garantire il posto di lavoro ai minatori. Il carbone del Sulcis, sfortunatamente, continua a rimanere pieno di zolfo; si decide quindi di costruire un impianto di gassificazione. Che fare del gas? Si decide che si costruisce una centrale elettrica. Che fare dell’elettricità? Lo Stato non può più costruire cattedrali nel deserto: ci vogliono i privati. Il Decreto stanzia quindi 420 miliardi a fondo perduto. Ma non bastano per garantire la redditività degli investimenti ai privati. Il Decreto, pertanto, obbliga l’Enel a comprare per otto anni l’elettricità del Sulcis a 160 lire per kwh, quando il costo medio di produzione dell’Ente è di 72 lire. Saranno i consumatori a pagare per le miniere, sotto forma di sovrapprezzo in bolletta. Il Decreto stabilisce infatti che il carbone del Sulcis dovrà essere utilizzato per fornire almeno il 51% del fabbisogno termico richiesto nella produzione di elettricità, perché possa essere venduta a 160 lire. ‘L’energia prodotta, naturalmente, non serve alla Sardegna, perché sarebbe largamente esuberante rispetto ai suoi fabbisogni […]. Entriamo in Europa, dunque, ma con uno Stato disposto a pagare 2 miliardi di lire per ogni minatore del Sulcis, in una regione dove il 25% delle famiglie denuncia irregolarità nell’erogazione dell’acqua.

Evidentemente non si può fare a meno di queste politiche se anche i migliori tecnici che il Paese ha portato al governo non sono riusciti ad opporsi a tanto spreco: il Decreto del 1994, infatti, porta la firma di Ciampi, Barucci, Savona e Spaventa. (…) In questi anni, si è dovuto anche escogitare come usare l’energia prodotta in quell’angolo della Sardegna. La produzione di alluminio era ideale, affamata com’è di energia. Ma l’energia sarda costava troppo e, per convincere la canadese Alcoa, lo Stato italiano gliela ha fornita per 15 anni a prezzo sussidiato, sempre pagata dai cittadini in bolletta: un onere di alcuni miliardi (ma adesso sono euro). Finiti i sussidi, produrre è irrazionale, e l’Alcoa se ne va: legittimo; non c’entra che sono canadesi. D’altronde, da quelle parti si è sussidiata, sempre a spese degli utenti, anche l’energia in eccesso prodotta dalla Saras dei Moratti. E poi c’è il costo sociale dell’inquinamento di una delle più belle coste italiane. Se tutti i soldi spesi in sussidi in questi anni fossero stati messi in mano ai singoli minatori e lavoratori di Sulcis e zone limitrofe, sarebbero stati abbastanza per finanziare una casa, una seria formazione e una nuova attività economica a ciascuno di loro. E ne sarebbero avanzati per bonificare l’intera area”. 

Tratto da “Repubblica”, di Alessandro Penati

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Showing 5 comments
  • Antonino Trunfio

    Mettiamola sul ridere, con le cazzate del pirla del quirinale.
    https://www.youtube.com/watch?v=98jtSbcSEBs

  • Lorenzo

    I minatori del Sulcis sono operai improduttivi che vivono grazie al lavoro e ai soldi degli operai produttivi.
    Sono dunque dei parassiti.

    • Roberto

      Confondi la produttività dell’operai con la vantaggiosità economica dell’impresa.

      E’ l’impresa che non è vantaggiosa economicamente perchè ciò che viene prodotto ha dei costi tali da dover essere in parte coperti dallo stato per continuare ad andare avanti.

      Sono sicuro che i minatori del Sulcis sono produttivi quanto quelli di qualsiasi altra miniera, solo che i loro giacimenti per restare aperti devono ricevere l’elemosina di stato finanziata con le tasse dei produttori di ricchezza.
      Quindi, al più sono dei parassiti inconsapevoli che lavorano duro quanto gli altri minatori.

      Detto questo, sono per la chiusura delle miniere del Sulcis.

      • Lorenzo

        Sì scusate ho sbagliato termine, il discorso sulla produttività non centra. Resta il fatto che i minatori del Sulcis sono dei parassiti perché, pur essendo (presumo) produttivi, svolgono un lavoro inutile per il quale vengono remunerati da altri lavoratori.

        • Fabio

          il loro stipendio si regge unicamentesulla tassazione. Se non ci fosse il loro posto di ‘lavoro’ i loro clienti neanche se ne accorgerebbero ma tutti i pagatori di tasse ne sarebbero moolto felici.

          Questo però è la tipica situazione di tutti i dipendenti pubblici !!
          gentaglia i cui stipendi si basano solo sulla spoliazione armata dei produttori di ricchezza, ed i cui ‘clienti’ non sentirebbero certo la mancanza e sarebbero anzi più che felice se sparissero,

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