In Anti & Politica, Economia

KrugmanDI MATTEO CORSINI

“Le guerre valutarie quasi sicuramente rappresentano un vantaggio per l’economia mondiale… Una politica di espansione monetaria è quello di cui il mondo ha bisogno, che motivo c’è di vederla come un male? L’Europa rischia di subire una perdita di competitività. Ma ha una risposta a disposizione: emulare gli altri Paesi avanzati e convincere la Bce a intraprendere misure di espansione… Su entrambe le sponde dell’Atlantico gli “austerofili” sembrano in preda al panico. E’ una buona notizia: è il segnale che si rendono conto di stare perdendo il dibattito… Il problema è che questa gente ha fatto danni enormi ed è ancora nelle condizioni per continuare a farli”. (P. Krugman)

Mentre alcuni keynesiani ammettono che una corsa alle svalutazioni competitive a livello globale finirebbe per non fornire alcun beneficio all’economia, generando solo più inflazione e, di conseguenza, alleggerendo il peso dei debiti in termini reali, Paul Krugman si dice quasi sicuro che le guerre valutarie porterebbero benefici.

Partendo dal presupposto, del quale peraltro non si preoccupa di spiegare la fondatezza, che “una politica di espansione monetaria è quello di cui il mondo ha bisogno”, Krugman sostiene che sarebbe sufficiente convincere la Bce ad operare come la Fed. A tale proposito si dice ottimista, dato che gli “austerofili” “si rendono conto di stare perdendo il dibattito”.

Come ho più volte sostenuto, ritengo che il problema principale finora sia stato perseguire il consolidamento dei conti pubblici prevalentemente aumentando le tasse invece che riducendo la spesa pubblica. Questo ha consentito a milioni di persone (non necessariamente povere) di sentire poco o nulla le conseguenze della crisi, ma ha anche intralciato il necessario aggiustamento dell’economia, oltre a disincentivare la ripresa per eccesso di pressione fiscale. Comunque sia, chi sostiene che il debito sia un problema di domani e che nell’immediato sia meglio fare deficit e finanziarlo stampando denaro offre un messaggio capace di riscuotere il consenso di larga parte dell’opinione pubblica, oltre che della classe politica. Offre, cioè, l’illusione che sia possibile risolvere i problemi senza sacrifici o, nella peggiore delle ipotesi, rimandando i sacrifici al futuro.

Il problema è che oggi ci troviamo proprio a fare i conti con le conseguenze di decenni krugmanismo più o meno consapevolmente applicato.

Sarà pur vero che avremmo potuto avere una classe di policymakers migliore, ma diversi Paesi del mondo occidentale si trovano imbottiti di debito e con economie che non crescono (se non in misura ridotta) nonostante politiche monetarie (e fiscali) tutt’altro che restrittive.

Forse sarebbe meglio riflettere prima di aumentare la dose di allentamento fiscale e monetario. Concludendo, vorrei prendere a prestito da Krugman le sue stesse parole, che penso dovrebbe pronunciare guardandosi allo specchio: “il problema è che questa gente ha fatto danni enormi ed è ancora nelle condizioni per continuare a farli”.

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Showing 4 comments
  • Matteo C.

    Nel finale c’era un refuso…
    Concludendo, nessun economista austriaco (né nessuno di coloro che scrivono su questo sito) ha mai sostenuto che il modo di affrontare il consolidamento fiscale in Europa fosse l’aumento della tassazione. Non si confonda la retorica della Commissione europea con l’economia austriaca, per favore!

  • Alberto

    Ma dopo 4 anni di disastri gravissimi delle politiche di austerita’ in europa e il non avverarsi di tutte le previsioni apocalittiche sulla perdita di fiducia dei mercati, l’aumento fuori controllo dei tassi di interesse e dell’inflazione per gli Stati Uniti, ancora avete il coraggio di scrivere questi articoli?
    Anche il FMI ha ammesso la sconfitta delle politiche di austerita’ nella ultima revisione 2012….

    Potreste cortesemente motivare questi articoli con informazioni tecniche numeriche e un modello previsionale che dimostri?
    No perche’ Krugman almeno lo fa puntualmente sul suo blog.

    Grazie…..

    • LNZ

      Le banche centrali han fatto a gara a colpi di QE, l’Europa non è rimasta a guardare, ne ha solo stampati un po’ meno.. ci manca l’elicottero di Berny.

      Perchè l’espansione monetaria non la facciamo individualmente? Perchè loro si è noi no?
      Se mi date la stampante estinguo il mutuo e magari mi compro pure un altro garage… così faccio girare anch’io l’economia! (magari mi danno pure il nobel).
      E’ una sottrazione di ricchezza, uno svilimento del risparmio!
      Smettiamola di ipotecare il futuro dei nostri figli con i castelli di carta!!

      La verità è che l’effetto della droga monetaria è finito, ora emerge comunque l’impoverimento, con i QE avrà una tremenda accellerazione.
      Agli USA il gioco riesce meglio perchè il dollaro è mondiale, globalizzano i loro guai. Tornassimo all’oro sarebbero i primi a sprofondare nella m… solo che loro continuano a farci credere nella magia monetaria e noi invece che ripristinare l’oro e metterli nella m… andiamo dietro ai Krugman come pecore.
      E’ un nobel dello sfacelo, dice castronerie abominevoli !!

    • Matteo C.

      In primo luogo credo sia opportuno attribuire alle parole il significato corretto. L’austerità comporta una riduzione delle spese. Se il consolidamento fiscale è perseguito in misura prevalente aumentando il carico fiscale (questo è il caso che va per la maggiore in Europa, tranne in parte nelle repubbliche baltiche), sono i cittadini a dover praticare l’austerità, mentre tutto l’apparato dello Stato continua più o meno beatamente a crescere.
      Il fatto è che lo Stato non è motore di crescita economica, bensì è un redistributore di ricchezza. Ma quanta più ricchezza si preleva da chi la produce, quanto più è probabile che il motore dell’economia si inceppi. Anche perché l’accumulazione di debito rende inevitabile, anche se i tassi di interesse non sono elevati, che una parte crescente di Pil annuo venga assorbita dal servizio del debito pubblico.
      Quanto ai numeri, i dati relativi agli ultimi 5 anni sugli Stati Uniti ci consegnano un quadro che solo con una grande fantasia si può definire incoraggiante. Il debito federale è aumentato di circa 7.400 miliardi di dollari, mentre quello privato è diminuito di neppure 650 miliardi. A finanziare il debito ci ha pensato in buona parte la Fed, il cui bilancio è passato da 80 a circa 3.000 miliardi, e questo spiega anche buona parte del mantenimento a bassi livelli dei tassi (non è eccesso di risparmio reale, è monetizzazione).
      Il Pil nominale, nel frattempo, è aumentato di circa 1.600 miliardi. Per di più ci sono 6.5 milioni di disoccupati in più.
      Ora, Krugman sostiene che le cose sarebbero andate peggio senza le politiche fiscali e monetarie keynesiane e, al tempo stesso, sarebbero andate meglio se gli stimoli fossero stati più consistenti. Ovviamente non si preoccupa del debito, quella è una fissa che hanno solo quelli che definisce “austerofili”. Ma il debito non scompare per conto suo. O lo si riduce con l’austerità, o lo si affoga nell’inflazione, oppure lo si ristruttura.
      I keynesiani preferiscono la seconda via, senza peraltro avere il buon gusto di fare presente ai loro interlocutori che l’inflazione non è un pasto gratis, ma uno strumento di redistribuzione, per di più solitamente regressivo.
      Tornando al significato corretto delle parole, ancorché gli economisti mainstream considerino inflazione la crescita del CPI, gli austriaci continuano ad attribuire all’inflazione il suo significato originario, ossia aumento della quantità di moneta (si può poi approfondire la questione in merito alla definizione di moneta). La crescita del CPI è una conseguenza dell’inflazione, e neppure la più immediata. Solitamente prima crescono i prezzi di asset reali e finanziari. In ogni caso, le manovre della Fed sono chiaramente produttrici di inflazione (quel passaggio da 80 a 3.000 miliardi del bilancio della banca centrale è avvenuto a fronte di aumento della base monetaria).
      Dovrebbe essere ormai chiaro che se si guarda al CPI si perdono di vista le bolle che si creano sugli asset reali e finanziari. Di episodi, anche recenti, ce ne sono parecchi.
      Concludendo, nessun economista austriaco (né nessuno di coloro che scrivono su questo sito) ha mai sostenuto che il modo di affrontare il consolidamento fiscale in Europa fosse confonda la retorica della Commissione europea con l’economia austriaca, per favore!

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