In Anti & Politica, Economia

POLLIdi LEONARDO FACCO

Finalmente un imprenditore un po’ più coraggioso degli Squinzi questuanti. ”Il vento anti-imprese che aleggia in Italia è un problema grosso. Sono gli imprenditori che creano ricchezza e occupazione, non le parole dei politici. Non possiamo essere visti come mosche nella minestra”.

Uno ”sfogo” motivato e contundente quello che arriva dal presidente di Parmacotto, Marco Rosi, intervenuto a un dibattito a Cibus Forum dedicato alle strategie per valorizzare il prodotto made in Italy. Si tratta di ”gente che potrebbe portare a casa risultati economici migliori investendo in altri modi”, ha aggiunto Rosi, seduto accanto ad altri big dell’agroalimentare italiano come Gino Lugli, ad di Ferrero (il quale ha detto che aumentare l’Iva sarebbe una follia), il presidente dell’olio Colavita, Enrico Colavita, l’ad di Mutti, Francesco Mutti, Enrico Zoppas, presidente dell’acqua San Benedetto. Rosi ha difeso le aziende familiari basate sui prodotti, ”sono un vantaggio non un limite – ha detto – non a caso in Usa il 70% delle aziende sono imprese familiari. Certo la scelta dei manager va fatta sulla qualità”.

Ahimé, temo che l’uscita di Rosi in difesa degli imprenditori non sortirà grandi effetti in un paese in cui i giovani – secondo un sondaggio di questi giorni – ambiscono per la maggior parte ad un salario fisso alle dipendenze dello Stato.

La mentalità italiana continuerà ad essere altra rispetto a quella dell’intrapresa. Un esempio? Il Quirinale conta 2.181 lavoratori fra dipendenti diretti e addetti e costa ai contribuenti 235 milioni di euro e non produce un beato cazzo. Un mio amico imprenditore con 21 dipendenti fattura 12 milioni di euro, crea ricchezza e benessere. L’opinione pubblica considera Napolitano uno statista, il mio amico un evasore! Se ne faccia una ragione mister Parmacotto.

 

Recommended Posts
Showing 12 comments
  • jimmy

    Bene, archiviata la pratica Angelo Capoto (ovviamente sparito, come tutti gli altri statalisti che non hanno uno straccio di argomenti a sostegno delle loro farneticazioni qui liberamente esprimibili grazie a quell’anarco-libero-ultracapitalista di Leonardo Facco), e dopo un sentito grazie a Christian, veniamo al punto (secondo me) fondamentale della questione “imprenditori”.
    Come giudichereste un imprenditore che si ostina a (tentare di) coltivare pomodori nell’aridissimo deserto?
    Cosa pensereste di un allevatore che è convinto di produrre farfalle in una ventosissima isola atlantica?
    E che direste al classico venditore di frigoriferi agli eschimesi?
    Oppure ad uno che vuole mettersi in società con Totò Riina, e poi si divide al 50%?
    Ebbene, l’italia è piena di gente del genere: si lamentano continuamente che nel deserto non piove mai (il pomodorista), che il vento gli ammazza le farfalle (il farfallista), che gli eschimesi non comprano (il venditore), che Totò Riina è scorretto (il socio di Riina).
    Tutta questa gente invece di lamentarsi dovrebbe comprendere che l’ambiente è fondamentale, qualsiasi cosa tu voglia fare.
    E se l’ambiente è quello italiano, da sempre prevenuto e/o guardingo e/o ostile nei confronti del profitto, dell’impresa e dell’imprenditore, i risultati sono quelli che sappiamo: imprese asfittiche e sottocapitalizzate, patologie aziendali diffusissime, mortalità aziendale (ed imprenditoriale) altissima, qualità di vita pessima.
    Recentemente Antonino Trunfio ha pubblicato un lungo post sulla impresa italiana: purtroppo tutto nero, e purtroppo tutto vero.
    Taglio corto e concludo: tranne casi particolari, l’imprenditore che è rimasto in italia non merita né compassione né stima né aiuto, perché si è condannato da se stesso a soccombere in ambiente sfavorevole.
    Poteva (e può tuttora, se non è già defunto lui o la sua azienda) trasferirsi in Svizzera, a Singapore, in una delle prime dieci nazioni del Doing Business World Bank.
    Non l’ha voluto o potuto o saputo fare, adesso non gli resta che lamentarsi.
    Per questi motivi, ritengo meritoria l’azione di Paolo Barrai, che molti su questo sito conoscono.
    Assistendo tutti quelli che finalmente vogliono andarsene dall’italia, Barrai svolge un’azione concreta di valore doppio: migliora e/o salva la vita e la ricchezza della persona che trasloca, e dà un colpo (microscopico, ma efficace) al colosso d’argilla italiano.
    Diciamoci la verità: se lo stato italiano non è ancora crollato, la colpa è degli imprenditori che ancora lo tengono in vita con versamento di tasse e contributi.
    L’imprenditore italiano?
    Non solo non è meritevole, è persino colpevole.
    A cominciare dal sottoscritto.

    • leonardofaccoeditore

      Quoto le tue riflessioni.

  • Claudio Romiti

    Caro Leonardo, quando la “gggente” sarà costretta a tornare a vivere nelle grotte ed a cibarsi di ghiande e piccoli animaletti, allora forse si riuscirà a comprendere cosa sia la vera ricchezza dei popoli e chi la crea.

    • leonardofaccoeditore

      …forse la capirà???

  • Christian

    quoto jimmy
    ed aggiungo che lei confonde l’impresa e gli imprenditori con le società (due concetti ben diversi) e per giunta con le società (tipo Fiat) che possono essere considerate a tutti gli effetti presudo statali: sovvenzionate e/o controllate e/o amministrate da gente che gravita intorno agli ambienti politici.

    Lei mi ricorda tanto una persona, non più tra noi, che parlava con la bocca piena.

    Distinti Saluti

  • jimmy

    Per Angelo Capoto
    Lei non è solo un comunista (suppongo), Lei è proprio un luogo-comunista (ne ho certezza).
    Ma come fa ad affermare che gli imprenditori non creano ricchezza, ma la sottraggono alla nazione?
    Guardi che qui non siamo al Bar dello Sport a chi spara la cazzata più grassa.
    Questo è un sito-blog di gente seria, di idee avanzate e di consapevolezza superiore alla norma.
    Se vuole partecipare è il benvenuto, anche propugnando idee comuniste e/o stataliste, La faremo a pezzi anche sbadigliando.
    Ma almeno, che le Sue affermazioni abbiano un minimo di fondatezza.
    Nemmeno quello sfacciato di Vendola afferma ciò che Lei ha affermato.
    Ha capito?
    Se ha capito, Le spiacerebbe premere un tasto qualsiasi?
    Grazie

    • leonardofaccoeditore

      ;-)

  • cecco

    … quando non ci saranno più imprese … e nussuno vorrà intraprendere
    …. sara la fine …. entro pochi mesi le imprese italiane .. tra trasferimenti
    in altri stati ….fallimenti ……e ridimensionamenti creeranno una disoccupazione
    altissima …. le tasse . gabelle .. si ridurranno automaticamente ed il pil
    crollerà miseramente …… vedremo come saranno pagati i dipendenti
    pubblici …. volevate distruggere l’impresa …. BRAVI CI SIETE RIUSCITI
    .. ADESSO PAGATE LE CONSEGUENZE …..CI VEDIAMO A SETTEMBRE !!!!

  • massimoconleballepiene

    Purtroppo come diceva il buon Einaudi sono prediche inutili

    • leonardofaccoeditore

      Confesso che la penso come lei

  • Angelo Capoto

    La ricchezza la creano e la hanno sempre creata gli italiani, gli imprenditori semmai sottraggono ricchezza alla nazione con i loro stratosferici profitti che non hanno nessun riscontro con l’apporto che essi danno al risultato, neanche a livello organizzativo. Non a caso il tutto è demandato a figure, che in nome e per conto, si accollano l’onere del risultato, come del resto a ribadito lo stesso Rosi parando di qualità dei manager.
    Poi a sentire il pulpito della predica, uno i prosciutti li fa arrivare dall’estero venendo solamente stagionati in loco, però pretende il marchio made in italy, il Ferrero ormai è solo una multinazionale che tiene solo la sede in patria per filosofia nostalgica, l’altro idem come i prosciutti miscela l’olio di oliva importato e lo vende per italiano a termini di legge e l’altro ancora fa l’imprenditore sull’acqua che sgorga naturalmente dalla terra. In sostanza mi sembra che chi più e chi meno, fatto salvo i veri imprenditori che non destinano il tempo alle lagnanze mediatiche prediligendo concentrarsi sulla propria attività in quanto non demandata ad altre figure, vivano e esistano proprio grazie allo stato con le sue concessioni e con le sue leggi ad impresam.
    Mi sembra che il caso della Fiat sia l’esempio più eclatante di come si diventi impresa alle spalle dei cittadini con la complicità dello stato.
    Quindi sono le facce della stessa medaglia, almeno per l’italia.

  • libertyfighter

    Già. C’è però da dire che in questo momento è difficile che un giovane aneli ad un posto da dipendente nel privato, visto che si troverebbe a spasso per fallimento dopo due mesi. Nè che un giovane aneli a farsi inculare dalla finanza e fallire da solo addirittura aprendo una attività in Italia.
    Chiaramente però nessuno di loro comprende il fatto che la ricchezza viene creata dai privati e distrutta dai politici.

Start typing and press Enter to search