In Anti & Politica, Economia

commercialisti-650x369DI FUNNYKING*

Nota di Rischio Calcolato: Riceviamo e pubblichiamo dal Commercialista Alessandro Zanardin.

Grazie anche ché la proroga è quasi sicura tutte le volte, ma disposta sempre alla fine e con essa viene anche la maggiorazione e a volte anche no……. coerenza del legislatore!

Il tempo è un concetto speciale per lo stato italiano, lui si prende tutto quello che serve, anche di più, il cittadino deve correre se no sono dolori: per rimborsare le imposte lo stato ci mette una vita (anni sempre), così per rispondere a qualsiasi richiesta, se risponde, ma quando chiede, ecco allora bisogna dire tutto in 15 giorni, spiegare movimenti dei conti correnti personali del 2008 entro 15 giorni, magari decorrenti dal 28 di luglio (caso reale capitato anche a miei clienti). Per decidere l’aliquota IMU-ICI-IUC lo stato da tempo ai Comuni sino al 10 dicembre (e che fretta c’è viene da dire……), ma per pagare si deve fare assolutamente entro il 16 dicembre (immaginate i poveri idioti dei commercialisti a fare in 6 giorni tutte le verifiche ed i calcoli per ogni comune (facile averne un centinaio sparsi tra i clienti), chiamare i clienti, stampare il famigerato F24, consegnarlo (magari non l’ultimo giorno che può sempre capitare un imprevisto) e pagare: quando c’è un fine settimana in mezzo ai 6 giorni, cioè sempre, viene sacrificato all’altare dello stato tassatore italiano, evviva l’italia!!).

La statistica in campo fiscale è pericolosissima, da qui discendono veri e propri obbrobri giuridici. Gli studi di settore – ci dicono – sono congegnati in modo tale che dalla struttura dei costi e dei beni strumentali, dalla localizzazione geografica e dal settore di attività svolto dall’impresa vengono calcolati i ricavi “congrui”, nessuno vi dice però che se prendete due aziende identiche in tutto sotto ognuno di questi aspetti (ripeto TUTTI) non necessariamente avranno lo stesso risultato in termini di ricavi “congrui”, avendosi così che per una il limite per non avere problemi sarà 100, per l’altra 120: perchè? Semplicemente perchè i ricavi fatturati sono una delle variabili dell’equazione di calcolo dei ricavi “congrui”, per cui se chi fattura 100 non è congruo per 12, e si salva dichiarando 112, chi ne fattura 112 (con la stessa identica struttura di ogni altra variabile considerata) è a sua volta non congruo di 8, e deve dichiararne 120 per stare in pace. Qual è la morale? Che non vi è alcuna valenza statistica oggettiva, è solo una presa in giro per ottenere che MEDIAMENTE gli imprenditori dichiarino un pò di più, con l’italianissima (ed ingiustissima) conseguenza che chi può evadere alla grande si mette a filo dello studio di settore ed è a posto, chi non può patisce doppio.

Con il redditometro abbiamo toccato il nuovo record: l’agenzia stessa ha dichiarato recentissimamente, in risposta al garante della privacy, che su 25 milioni di “famiglie fiscali” ce ne sono 20 milioni non congrue, ma ha aggiunto anche di non preoccuparsi, perchè di questi 20 milioni ben 16 non saranno interessate ai controlli perchè “costituite da soggetti con basso profilo di rischio” (ovvero dipendenti e pensionati). Ma si rendono conto di quello che dicono? Se metto a punto uno strumento di accertamento fiscale di massa usando il quale sono tutti (almeno l’80% a sentire loro, cioè 20 su 25 milioni di famiglie) fuori regola e poi lo uso solo su una parte della popolazione come posso pensare che questa fetta di disgraziati riesca poi a difendersi? È la solita regola all’italiana, impossibile da rispettare, tanto poi si chiude un occhio con gli amici, i deboli, i disgraziati, i raccomandati, ma con gli altri, con quelli che non si sottomettono, che fanno di testa loro, con i libertari o con gli evasori, aaahhhh allora si che abbiamo uno strumento per stanarli!!!

La giustizia infine meriterebbe un libro a parte, ma tralascio qui la giustizia tributaria vera e propria, magari ne scrivo in altra occasione, ora voglio solo raccontare da commercialista l’esperienza vissuta sul senso di giustizia dei funzionari tributari. I praticanti quando arrivano in studio hanno ancora la sciocca credenza che il funzionario del fisco sia una persona corretta, con una funzione pubblica e un rigore morale che gli imponga di tener in egual considerazione sia le prove a favore che quelle a sfavore del contribuente e di svolgere un lavoro equo: ma provate a chiedere loro dopo solo un anno dall’inizio del praticantato, vi fulmineranno con la risata di chi non crede più nelle buone favole e nel bene che vince sul male (purtroppo). Il funzionario fiscale è in pochissimi casi attento alle ragioni di vita del verificato, nella stragrande maggioranza dei casi è attento solo al risultato richiesto dal superiore dell’ufficio, quando non è mosso da fini di carriera o di incentivo economico o da astio (contro persone o categorie), comunque sempre nel disinteresse più totale di quali effetti sortirà sull’azienda e sulla vita del malcapitato quanto lui “accerterà”: formalmente gentilissimo, in realtà con la gentilezza vuole solo evitare che il contribuente lo denunci al garante o peggio lo aggredisca personalmente, e vuole massimizzare i risultati (danni) della verifica senza creare attriti che poi magari possono sfociare in spiacevoli incontri o in situazioni antipatiche nelle occasioni di vita sociale. Ad esempio, è prassi normalissima, anche se nessuno lo sa, che i verbali dei clienti dei verificati che scagionano da presunte evasioni, vengano omessi da ogni atto istruttorio notificato: il contribuente sa dai propri clienti che sono stati chiamati in caserma cercando di farli “confessare” di aver pagato in nero, ma se la testimonianza è andata a suo favore non lo saprà certo dalla Finanza, perchè in quel caso nel verbale di tale interrogatorio a lui favorevole non vi sarà traccia, ne si può in altro modo ottenerlo magari per farlo valere in qualsiasi sede. Ma la gente normale si aspetterebbe questo trattamento da chi è preposto ad accertare il reddito altrui? Sa che funziona così? Non si dovrebbe tenere conto in maniera trasparente di TUTTI gli elementi raccolti? E non dovrebbero essere TUTTI messi a disposizione della parte ed eventualmente del giudice per valutare l’operato del funzionario? Se, va beh……..

Potrei fare altri esempi, potrei citare l’enormità della tassazione complessiva applicata, ma non servirebbe, l’avete già capito, questo è il succo del rapporto stato-cittadino in italia, o meglio dovrei dire stato-sudditi. È chiaro che siamo ormai giunti ad un punto intollerabile in cui giustamente qualcuno ha iniziato a non subire più passivamente, solo che non vedo alle porte una ribellione, per cui per ora la reazione di chi si è mosso è stata di disobbedienza civile/fiscale (che fatta da solo o in pochi è un suicidio economico) o di espatrio, e per alcuni di voto “contro”.

Ma c’è anche un’altra forma di ribellione più silenziosa e più letale per i paese, ed è quella messa in atto dai più accorti tra quelli che posseggono delle aziende: costoro sanno da tempo che devono cercare di sfuggire al leviatano statalista che regola tutto in maniera ossessiva ed impossibile da rispettare, esponendo a rischi enormi, e allora cosa fanno? non è come i più pensano che smontano le loro aziende (perchè dovrebbero rompere un giocattolo che guadagna e funziona?) ma creano invece una succursale estera cui dedicano tutte le nuove energie ed innovazioni, lasciando languire e declinare lentamente la casa madre italiana, che resta formalmente operativa finchè fa utili, e potrà più agevolmente essere chiusa appena non li fa più, tanto nel frattempo la nuova azienda estera si è svezzata. Tutto questo io lo vedo succedere (e lo consiglio) da anni, almeno dal 2008.

I casi delle due fabbriche italiane che in agosto volevano portare via i macchinari all’estero e sono state fermate dai dipendenti e sindacati sono sconosciuti ai più, ma sono noti a pressoché TUTTI gli imprenditori italiani di vedute più ampie e previdenti, quelli che vogliono andarsene ed hanno capito che devono farlo subito perchè tra poco sarà proibito (verrà vietato come a Cuba, se ci fate caso si è già cominciato a dire che espatriando si sottrae al paese la formazione culturale ricevuta quasi gratis nelle scuole etc etc.) e quindi hanno già cominciato a spostare o rifare gli impianti in sordina, sottotraccia, evitando gli errori di quelli scoperti e bloccati.

E sempre a proposito della ribellione di chi chiude o licenzia o delocalizza voglio dirvi ancora del dramma dei sindacalisti, un tempo nemici del “padrone”: qui nel nord est alcuni di loro sono ormai in preda ad una crisi d’identità, non sanno più da che parte stare, rimettono quasi in discussione l’essenza stessa della loro vita ed il loro ruolo sociale, perchè per anni hanno messo i bastoni tra le ruote all’impresa trovando sempre qualcuno dall’altra parte che voleva fare e accettava per questo i loro ricatti, ma oggi questo imprenditore che vuol “fare costi quel che costi” non c’è più, e si vedono rispondere improvvisamente “va bene, allora chiudiamo e tutti a casa” e capiscono subito che stavolta gli imprenditori non scherzano, sono al limite, guadagnano poco, rischiano tutto, hanno già la succursale all’estero, si sono già quasi rifatti una vita fuori, e io vedo che quasi ci godono adesso a dire NO BASTA SE DECIDE IL SINDACATO CHI LICENZIARE ALLORA CHIUDIAMO TUTTO!

Se qualche sindacalista operativo comincia a percepire che si è esagerato nel dare contro all’impresa ma non ha nemmeno gli strumenti culturali per capire come rimediare ed è quasi comico nel suo smarrimento odierno, diviso tra la dottrina seguita per una vita e lo sfacelo a cui essa sta conducendo il mondo che lui conosce, il funzionario “fiscale” invece non ha ancora capito nulla di tutto ciò, lui non vede le conseguenze di quello che fa, non sa cosa sta succedendo al settore produttivo, non gli interessa, lui è nel giusto, è in missione, è moralmente superiore, combatte un parassita, un potenziale criminale, non sa che quegli individui portati all’espatrio quasi forzoso erano i più industriosi, i più previdenti e capaci di programmare, di unire, di leaderare e di concretizzare, la vera spina dorsale della società italiana, per lo meno nel nord est (escludo ovviamente i finti imprenditori appoggiati alla politica dei settori sussidiati tipo sanità o costruzioni pubbliche o giganti industriali too big to fail che fanno invece tutti altri ragionamenti). E poi diciamocelo, per lui come per gli altri statali il calo di alcuni prezzi (auto, case, hotel, ristoranti, etc.) è un vantaggio, la crisi finora è stata un bene per loro…..

Noi commercialisti siamo in mezzo a tutto ciò, siamo nella posizione privilegiata di chi ha visto arrivare sul proprio tavolo tutte le vicende più spinose e difficili di ciascuna azienda seguita negli anni, capendo dove si nascondono i problemi e le insidie nell’attività imprenditoriale e traendone inconsapevolmente un enorme beneficio se decidiamo di fare impresa in prima persona (all’estero ovviamente altrimenti non si è capito nulla), o anche solo di dedicarci alla consulenza mettendo a frutto tutto questo e non il mero calcolo meschino delle imposte, è come se avessimo accumulato l’esperienza non di uno ma di tutti i nostri clienti nelle varie vicende che essi hanno attraversato nel tempo, ma mi duole ammettere che ancora oggi la maggioranza di noi non ha capito, vuole restare chiusa nel suo mondo e non ha nessuna intenzione di rischiare qualcosa per migliorarlo, non si sogna nemmeno di spingere al cambiamento o alla rivolta, meno ancora di esserne a capo, pensa sia un momento difficile, chiede che IL GOVERNO  faccia qualcosa, che si stampi moneta, che si spenda, che si dica qualche giorno prima quanto saranno gli acconti delle tasse quest’anno, che lo statuto del contribuente diventi norma di rango costituzionale…….

Io non so se si arriverà mai ad una ribellione e quando e da chi sarà scatenata, in quale occasione, per me il popolo italiano non ne ha la stoffa, certo però che se capitasse i commercialisti avrebbero tutte le carte in mano – attraverso lo sciopero/serrata fiscale – per farla divenire una vera rivoluzione fiscale, che potrebbe mettere alla fame il leviatano statale in due mesi anche solo incrociando le braccia e bloccando così i pagamenti, peccato però che non siano portati culturalmente e umanamente ad affrontare una sfida del genere, al contrario loro stanno bene in pantofole comodi comodi nei loro uffici senza rischiare nulla mai.

Io penso sia anche per questo che da oltre un anno non esiste più un direttivo e nemmeno un presidente dei commercialisti italiani, essendo tutto l’apparato commissariato e sub iudice per via dei ricorsi e controricorsi proposti dai pretendenti. La loro disputa per una visibilità maggiore (così come in passato la loro volontà solo di distinguersi dai colleghi e mai di rappresentarli veramente o di rischiare assumendo posizioni politicamente scomode) torna comodissima alla macchina statale che così evita di dover fare i conti con una figura potenzialmente pericolosissima per il ruolo che svolge di supporto alla “compliance” (servilismo!) fiscale dei cittadini.

Gli Stati Uniti d’America sono nati da una rivoluzione fiscale, purtroppo secondo me in italia non avverrà altrettanto, ed i commercialisti italiani, conoscendoli da dentro e da vicino, lo dimostrano tutti i giorni, perchè avrebbero tutto per esserne i capi, ed invece sono solo dei meri contabili esecutori di ordini altrui.

 

*Link alla fonte: http://www.rischiocalcolato.it/2013/12/lettera-di-un-commercialista-il-fisco-e-la-ribellione-fiscale-in-italia.html

 

 

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