In Esteri

di VALENTINA CAVINATO

In questi giorni si parla tanto della Catalogna e del nostro referendum del 22 ottobre prossimo, che secondo me è solo l’ennesima presa in giro. Desidererei condividere con voi qualche mia riflessione, spiegandovi le ragioni che mi portano a stare dalla parte dei catalani e delle indipendenze in generale. E questo indipendentemente dal fatto che sia un’autentica e convinta libertaria.

Ho notato che l’indipendenza ha fatto un gran bene a chi se l’è conquistata. Ho constatato, per esempio, lo straordinario sviluppo che hanno avuto le ex colonie inglesi nel mar dei Caraibi, che sono diventate indipendenti tra il 1979 e il 1981. Queste isole, nonostante un inizio non facile, sono poi esplose. Sono arrivati tantissimi investitori esteri, l’economia è ripartita, il tasso di disoccupazione è notevolmente diminuito, hanno creato strutture turistiche all’avanguardia, si sono persino specializzati nei matrimonio sul mare, un business che attira da tutto il mondo, ormai da parecchi anni, tantissime coppie con i loro invitati.

Avendo trascorso 15 anni della mia vita da quelle parti, questi cambiamenti non li ho letti su Google, né sui giornali, li ho proprio visti con i miei occhi, anno dopo anno. Le isole che invece, ancora oggi, sono “in mano” alla Francia, versano in condizioni catastrofiche. La disoccupazione è pari al 25% per gli adulti e al 50% per i giovani.

Dal 2003 è cominciata una gravissima crisi del turismo, sono scappati persino i fedelissimi francesi, che rappresentavano circa l’83% della clientela. Questo è accaduto per due motivi: prezzi elevati, un servizio molto scadente e modi poco cortesi. Nelle isole francesi, la gente è abituata a vivere di sussidi, non c’è lavoro, ma non si danno da fare, per loro è molto più comodo campare sulle spalle degli altri.  I temerari, quelli che si mettono in proprio, vengono massacrati dalla pressione fiscale francese, che in certi casi è addirittura più alta della nostra, quindi moltissimi sono costretti a chiudere bottega, o a fallire.

In Martinica il MIM (partito indipendentista) raccoglie ad ogni elezione una marea di voti. Quando peró ci fu il referendum per l’indipendenza, il “SI” beccò solo il 3%. Volete sapere il perché? Perché rinunciare a mamma Francia, che tra l’altro detestano, vorrebbe dire rinunciare allo sfrenato e assurdo welfare (non dimenticate mai che quei quattrini sono stati  precedentemente prelevati dalle tasche dei contribuenti).

Per quanto riguarda la Catalogna, abbiamo visto tutti quanti le immagini che mostrano con che violenza la polizia spagnola si sia comportata nei confronti di questa gente, hanno menato pesantemente ragazzine (a una ragazza hanno rotto le dita di una mano, una ad una), signore di mezza età e donne anziane. Queste persone stavano semplicemente andando a votare un referendum e come unica arma avevano in mano una matita.

I sardi sono da sempre incazzatissimi con l’Aga Khan, sostengono che abbia deturpato  la Costa Smeralda. Ce l’hanno anche con Briatore e i suoi locali per ricchi. Personalmente ho sempre avuto l’impressione che non vedano di buon occhio qualsiasi attività imprenditoriale “non sarda”. Non sta a me, stabilire se abbiano ragione o torto. Il problema è che gli indipendentisti si disperdono in una miriade di movimenti, ecco perché non ne verranno mai a capo.

Il Veneto era un fiore all’occhiello, per questo paese alla deriva. Da regione poverissima, è diventata una delle regioni più produttive, hanno lavorato come matti, è impressionante il numero di piccole e medie imprese presenti sul loro territorio. Oggi sono tutti ad un passo dal fallimento e il numero dei suicidi continua ad aumentare. Nella nostra Italia, da sempre, la parte “ricca” del paese, che è ricca perché si è fatta il mazzo, aiuta quella più “povera”.  A priori è una bella cosa, per carità. Ma oggi ha ancora un senso? A me sembra diventata una profonda ingiustizia.

I soldi non sono mai finiti nelle mani di chi aveva realmente bisogno, è sempre stato tutto un mangia mangia. Per fare un esempio, è giusto che la Calabria abbia un numero di forestali, superiore a quello dell’intero Canada? Quanti quattrini sono finiti al sud, grazie alle varie leggi sul Mezzogiorno? Cosa è cambiato? Avete per caso notato un miglioramento nel sud? È diminuita la disoccupazione? Hanno migliorato i servizi alla cittadinanza?

Direi proprio di no, caso mai è l’esatto contrario. È solo un pozzo senza fondo. Mi spiegate perché, se tutto sta andando a rotoli, dobbiamo morire tutti per l’unità del paese? Se mi butto in mare per soccorrere una persona che sta affogando, ma questa si aggrappa, agitandosi, e mi tira giù con lei, a quel punto cerco di salvarmi. Che senso ha affogare insieme?

Ecco perché sono favorevole alle indipendenze dei territori. E intanto cuccatevi la nuova tassa sui sacchetti per la frutta, perché siamo proprio alla frutta. Anzi, stiamo già sparecchiando la tavola!

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Showing 6 comments
  • Alessandro Colla

    Per ogni comunsita come “tamburi”. Mi sfugge il significato. E’ un personaggio di fantasia o uno reale? O è qualcosa di altro? Curiosità mia a parte, credo che la descrizione corrisponda in pieno alla realtà. E’ vero che non sono mai stato a Taranto ma ho visto altre parti d’Italia “irizzate” e “prodizzate” in modo analogo alla descrizione stessa. A Roma, dove vivo e sono nato (da genitori nati a Roma, è quasi una rarità per uno del 1958), i peggiori scempi edilizi sono avvenuti con i verdi in giunta comunale. A troppa gente piace essere imbrogliata.

    • Dino Sgura

      @Alessandro Tamburi è un quartiere periferico di Taranto, si è sviluppato in concomitanza con il complesso siderurgico.
      E’ il quartiere cui spesso facevano riferimento i servizi televisivi delle trasmissioni di Santoro, con il loro classico taglio da lotta di klasse nonché oggetto di tante battaglie condotte da nichi fendola, contro i capitalisti che inquinano; peccato che furono principalmente proprio i comunisti 50 e passa anni fa, a promuovere quello scempio ed il mito dell’edilizia popolare.

  • Dino Sgura

    No è vero, tutti quei soldi hanno semplicemente intossicato il sud o “bassa italia” come amate chiamarla voi. Hanno creato strutture clientelari impossibili ormai da smantellare in concorso con un ginepraio giuridico che ha prodotto un esercito di legulei ed il continuo avanzare del capitale criminale a discapito di quello onesto, proprio come nei balcani, dato che i capitalisti appartenenti al primo gruppo, per dirla “alla Carminati” non si fanno mai problemi di sparare, dove è qui che si consuma la tragedia dei capitalisti onesti meridionali, doppiamente vessati dai referenti politici criminali, dallo stato insomma e tenuti quindi a rispettare “la legge”, “la legalità”.
    Ricordo mia nonna, che essendo tarantina, mi parlava spesso di quanto fosse bella la sua città ad inizio secolo (l’altro) ed io l’ascoltavo, trattenendomi dal ridere o dal rispondergli, un po’ per spirito quasi compassionevole, sino a quando diversi anni fa, mi recai per una regata con degli amici, con partenza dalla marina di Taranto; ebbene al ritorno da Gallipoli dopo aver costeggiato un litorale meraviglioso, frastagliato ad intermittenza tra insenature e spiagge stupende, s’intravedeva una città veramente bella, sino a capo San Vito, il faro della marina, dove poi ci trova con quell’enorme scempio mostruoso, orribile, dinanzi agli occhi, praticamente in fronte alla città intera: l’Italsider, “il gioiello” come lo definì Romano Prodi. Il risultato degli investimenti pubblici per la piena occupazione, keynesismo e marxismo allo stato puro, quartieri proletari da sogno per ogni comunista come “tamburi”, edilizia popolare mischiata con il diritto al lavoro, che altro non ha prodotto se non il dovere della morte per effetti cancerogeni, dato che nessun imprenditore privato, avrebbe mai nemmeno immaginato la creazione di un complesso industriale così grande, a contatto con un’intera città, un operazione praticamente senza calcolo economico, in un’ottica privata. Ecco quando penso al sud, penso ad un’intera città stuprata dallo stato come Taranto, dove la cattiva allocazione delle risorse, comprese quelle umane, non ha permesso lo sviluppo di un’imprenditoria locale, magari specializzata nell’industria alimentare, ittica, conserviera e perché no, anche nel turismo.

  • Álvaro

    Dalla parte dei Catalani??? Hai visto pero caso il telegiornale oggi? Cara, i catalani non son tutti, ne la metá, independentisti.

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