In Anti & Politica, Economia

DI ACHILLE GHIDONI

L’importo della mia bolletta dell’Enel (bimestre Maggio-Giugno 2011), è di € 123.21. Su questo importo pesano tasse per un totale di € 23,11, di cui € 11,91 come ‘imposte’ sul monte spettante per servizi forniti, ed euro 11,20 come IVA su un imponibile di € 112,01 che comprende le imposte citate (=€ 11,91). Una vera tassa sulla tassa. Inoltre, per pagare una bolletta si devono utilizzare i proventi del reddito, che, per i lavoratori dipendenti e i pensionati è già stato tassato alla fonte con aliquote tutt’altro che modeste, come ognuno sa. Alla fine, ci si trova con quel che rimane, dopo che il reddito lordo e anche quello netto (si fa per dire) è stato bersagliato dal fisco a 360° da una raffica di tasse prima, durante e dopo la sua materializzazione, con modalità che, sistematicamente, presentano i risvolti della beffa legalizzata.

Un mostro la consuetudine del nostro fisco, che credo non abbia pari al di fuori dei nostri confini. Bisogna dire che, stranamente, le proteste dei cittadini su questo fronte, come non fossero informati, oppure come se avessero metabolizzato il boccone avvelenato, sono pressoché inesistenti.

Come si può chiedere alle imprese e ai singoli cittadini, che con l’ingegno e la fatica producono ricchezza, di pagare le tasse, tutte, quando lo Stato, con incredibile insistenza e cinismo fa pagare sistematicamente persino la tassa sulla tassa?

Per non parlare dei contenziosi con l’Agenzia delle Entrate, nei numerosissimi casi in cui si è costretti ad anticipare somme, pretese a seguito di accertamenti e sanzioni, in dubbia osservanza delle norme di legge, o pretese sulla base di interpretazioni della legge piuttosto discutibili. In altri casi si è di fatto costretti a presentare ricorsi onerosi (soprattutto dovendo pagare anche l’ assistenza di esperti qualificati, come commercialisti, avvocati, etc.). Ricorsi che, il più delle volte, vengono rigettati per vizi di forma, o in omaggio a cavilli che sembrano stati concepiti su misura, per essere favorevoli all’Agenzia. Nel caso un ricorso venga accettato, lo Stato non riconosce e non paga le spese sostenute per il medesimo. Mentre se il ricorso è perso dal cittadino, bisogna pagare anche le spese, che non sono poche (per 750 € di contenzioso, perso in primo grado, ho dovuto sborsare altri 400€, oltre l’assistenza. Ai malcapitati che, disgraziatamente sono stati attenzionati dall’Agenzia delle Entrate, facendo gli scongiuri, non resta che attendere epiloghi allucinanti, difficilmente prevedibili, se non incredibili, con vertenze che si protraggono anche oltre la morte dell’interessato, per angustiare non poco persino gli eredi, sui quali ricade l’eventuale colpa del defunto.

Senza pensare ai rimborsi dovuti a vario titolo a cittadini, che lo Stato eroga, di norma, con impressionanti ritardi, talora astronomici. Ricordo che nel lontano 1970 dopo un soggiorno negli Usa come ‘visiting professor’, avendo pagato più tasse del dovuto, secondo un accordo Italia-USA, dietro semplice domanda, ottenni il rimborso delle tasse federali (= 7.000$), che mi venne spedito in Italia via posta, con un assegno del Governo USA, nel giro di una settimana. Questo è un esempio di efficienza e di serietà, da imitare, si direbbe.

E’ giusto dover sottostare a comportamenti vessatori così discutibili da parte dello Stato, senza poter fare alcunché per difendersi? Esiste una etica dello Stato nei confronti dei cittadini?

Come può meritare fiducia dei propri cittadini, uno Stato che, per racimolare qualche tesoretto ricorre a insistenti meschinità come quelle descritte, e che non si dà una mossa per riformarsi, anche solo per cancellare abitudini perverse consolidate, equiparabili a reati, contro cui è difficile difendersi ?

Un tempo si diceva “Piove? Governo ladro”. E finiva qui.

Ma se lo stato è ladro…? Più che difendersi, bisogna forse arrangiarsi?

Tratto dal blog illegnostoro.com

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Showing 13 comments
  • giovanni

    amara verità.

  • NV

    Nel seguente video un riferimento all’articolo di Ghidoni
    http://www.facebook.com/video/?id=100002260978755#!/video/video.php?v=125192850899413

  • NV

    Nel seguente video un riferimento all’articolo di Ghidoni
    http://www.facebook.com/video/?id=100002260978755#!/video/video.php?v=125192850899413

  • rik

    grazie a Filippo Matteucci per il suo commento ampioe approfondito,per Fabrizio Dalla Villa posso solo dire che ha Ragione e che purtroppo anche lor signori sanno che cio’ che dice e’ vero,ma se mettessero in atto un tale sistema fiscale ovvero alla’anglosassone,sarebero i primi a perderci,perche’ chi siede in parlamento fa parte di quelle libere professioni che non emanano certamente leggi o disposizioni a loro danno.Anzi piu’ il sistema e complesso e contraditorio piu’ il cittadino comune deve necessariamente rivolgersi a loro,e poi nascono i contenziosi,lecommissioni tributarie,dove prosperano uffici fisvali e legali oltre a cio’ non e’ difficile immaginare.in questo contasto,il giro di eventuali mazzette,per appianare o risolvere le situazioni;un grosso girodi affari ai quali partecipano anche associazioni di categoria e organizzazioni sindacali.Queato e’ uno stato che oltre a depredarci di tutto,ci ha depredato anche della speranza e purtroppo e’ sempre piu’carente nella gente la coscienza del diritto e di cio’ che significa essere e sentirsi libero:paghiamo sessant’ anni di cultura delpensiero unico.

  • rik

    grazie a Filippo Matteucci per il suo commento ampioe approfondito,per Fabrizio Dalla Villa posso solo dire che ha Ragione e che purtroppo anche lor signori sanno che cio’ che dice e’ vero,ma se mettessero in atto un tale sistema fiscale ovvero alla’anglosassone,sarebero i primi a perderci,perche’ chi siede in parlamento fa parte di quelle libere professioni che non emanano certamente leggi o disposizioni a loro danno.Anzi piu’ il sistema e complesso e contraditorio piu’ il cittadino comune deve necessariamente rivolgersi a loro,e poi nascono i contenziosi,lecommissioni tributarie,dove prosperano uffici fisvali e legali oltre a cio’ non e’ difficile immaginare.in questo contasto,il giro di eventuali mazzette,per appianare o risolvere le situazioni;un grosso girodi affari ai quali partecipano anche associazioni di categoria e organizzazioni sindacali.Queato e’ uno stato che oltre a depredarci di tutto,ci ha depredato anche della speranza e purtroppo e’ sempre piu’carente nella gente la coscienza del diritto e di cio’ che significa essere e sentirsi libero:paghiamo sessant’ anni di cultura delpensiero unico.

  • Fabrizio Dalla Villa

    scusate, ma ancora una volta insisto sulla possibilità per ogni contribuente, di detrarre dal proprio reddito ogni spesa documentata sostenuta, e di pagare le tasse su quanto effettivamente gli rimane in tasca. In questo modo, tutto ciò che non potrà essere giustificato da fatture (penso allo spaccio di droga, alla ricettazione di merce rubata, allo sfruttamento della prostituzione, e al lavoro nero), sarà automaticamente disincentivato, perché chi spenderà soldi per queste attività non potrà detrarre nulla. Da questo discorso si avrebbe il vantaggio di limitare molto i costi per la politica (i parassiti dovrebbero finalmente lavorare). Più soldi in tasca, che possono essere spesi per acquisti fatturabili, fanno crescere l’economia… o no?

  • Fabrizio Dalla Villa

    scusate, ma ancora una volta insisto sulla possibilità per ogni contribuente, di detrarre dal proprio reddito ogni spesa documentata sostenuta, e di pagare le tasse su quanto effettivamente gli rimane in tasca. In questo modo, tutto ciò che non potrà essere giustificato da fatture (penso allo spaccio di droga, alla ricettazione di merce rubata, allo sfruttamento della prostituzione, e al lavoro nero), sarà automaticamente disincentivato, perché chi spenderà soldi per queste attività non potrà detrarre nulla. Da questo discorso si avrebbe il vantaggio di limitare molto i costi per la politica (i parassiti dovrebbero finalmente lavorare). Più soldi in tasca, che possono essere spesi per acquisti fatturabili, fanno crescere l’economia… o no?

  • Carmelo Miragliotta (genteproduttiva)

    ” … Come si può chiedere alle imprese e ai singoli cittadini, che con l’ingegno e la fatica producono ricchezza, di pagare le tasse, tutte, quando lo Stato, con incredibile insistenza e cinismo fa pagare sistematicamente persino la tassa sulla tassa? …”

    E infatti non lo si chiede, LO S’IMPONE. Quando una le persone accettano di diventare sudditi ed essere trattati da schiavi devono già ringraziare il POTERE di lasciarle in vita (a parte quelle che si cuicidano per disperazione).
    PS: Lo STATO non è una cosa animata ma un SISTEMA che opera attraverso sui sicari che a loro volta sono nostri parenti, vicini di casa, conoscventi ecc.: gli ARTIGLI che vivono in mezzo a noi ( e ci persewguitano e distruggono … per lavoro) !!!

  • Carmelo Miragliotta (genteproduttiva)

    ” … Come si può chiedere alle imprese e ai singoli cittadini, che con l’ingegno e la fatica producono ricchezza, di pagare le tasse, tutte, quando lo Stato, con incredibile insistenza e cinismo fa pagare sistematicamente persino la tassa sulla tassa? …”

    E infatti non lo si chiede, LO S’IMPONE. Quando una le persone accettano di diventare sudditi ed essere trattati da schiavi devono già ringraziare il POTERE di lasciarle in vita (a parte quelle che si cuicidano per disperazione).
    PS: Lo STATO non è una cosa animata ma un SISTEMA che opera attraverso sui sicari che a loro volta sono nostri parenti, vicini di casa, conoscventi ecc.: gli ARTIGLI che vivono in mezzo a noi ( e ci persewguitano e distruggono … per lavoro) !!!

  • Dino

    Le persone non se ne rendono conto. Pensano che il fisco sia giusto, funzioni, è che gli imprenditori, gli autonomi, ecc. siano tutti degli avidi evasori.

  • Dino

    Le persone non se ne rendono conto. Pensano che il fisco sia giusto, funzioni, è che gli imprenditori, gli autonomi, ecc. siano tutti degli avidi evasori.

  • filippo matteucci

    RISPARMIO E FISCO. EFFETTI DI UN AUMENTO DELLA TASSAZIONE SUI REDDITI FINANZIARI DELLE PERSONE FISICHE.

    Il termine “rendita” nelle scienze economiche ha tutt’altro significato, definisce il guadagno che deriva dalla proprietà della terra. Oggi tale termine viene usato volutamente in modo errato e ipocrita per suggerire l’idea che i percettori di redditi finanziari, i risparmiatori, siano dei ricchi parassiti immersi nell’ozio, che vivono, appunto, “di rendita”, e non producono nulla. La realtà è ben diversa. Chi oggi non dedica tempo, lavoro, energie e soldi nella personale ricerca del miglior investimento finanziario, e investe a caso, sicuramente non sta guadagnando niente, anzi sta rimettendoci. Chi si affida alla gestione altrui non arricchisce, ma fa arricchire il gestore. Se oggi si vuole tirare fuori dagli investimenti finanziari qualche euro, occorre divenire dei trader, almeno a livello semiprofessionale. Il lavoro di investimento finanziario è un lavoro durissimo, senza orari né ferie, ad altissimo rischio (soprattutto in Italia, dove sono carenti o inesistenti delle reali protezioni per i risparmiatori), lavoro che richiede una preparazione e un impegno enormi, continui, impensabili.
    Perché allora si continua ad usare l’errato termine “rendite”, dipingendo i risparmiatori come ricchi oziosi, come parassiti da tartassare? La risposta è molto semplice: tutto il gran parlare che si fa, tutta la manfrina sulle “rendite” finanziarie, è opera di certi industriali i quali mirano a pagare meno tasse e a tassare di più gli altri Italiani.
    Esaminiamo innanzitutto sinteticamente quali sono i redditi da investimento finanziario,
    DIVIDENDI: parte degli utili di una società distribuita agli azionisti. Il risparmiatore che investe acquistando azioni di una società diviene comproprietario pro quota di quella società.
    PLUSVALENZE o CAPITAL GAINS: differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita di uno strumento finanziario, azione, obbligazione, future, ecc.. Il risparmiatore, con un difficile lavoro di trading, cerca di guadagnare sulla differenza di prezzo, rischiando però molto seriamente di perdere.
    INTERESSI: remunerazione del capitale prestato. Il risparmiatore, investendo in (cioè comprando) obbligazioni (bond) emesse o da stati (BTP, BOT, Bund…) o da società private (corporate), presta loro soldi, rischiando di non riaverli indietro (bond Cirio, bond argentini), e in cambio riceve un interesse. Non rendono più quasi nulla, invece, depositi e conti correnti, anzi questi ultimi spesso generano costi netti per il correntista.
    In tutti e tre i tipi di redditi finanziari ora visti, vi è un guadagno reale solo se a fine anno l’accrescimento monetario dei soldi del risparmiatore è superiore alla perdita di valore, di potere d’acquisto dei soldi stessi, cioè se è superiore all’inflazione effettiva; altrimenti c’è una perdita reale (o rendimento reale negativo). In questi ultimi anni i guadagni monetari sono stati e sono tuttora nettamente inferiori all’inflazione effettiva, quindi i risparmiatori stanno perdendo soldi; questo ha generato la corsa all’acquisto degli immobili, con conseguente bolla speculativa immobiliare.
    L’aumento della tassazione sui risparmi dei cittadini è iniquo, ottuso e controproducente per lo sviluppo del paese perché:
    1. i possessori di grandi patrimoni mobiliari (tra cui molti di quegli industriali che oggi chiedono a gran voce di tartassare i risparmi) non verranno minimamente scalfiti da tale aumento della tassazione sui redditi finanziari, in quanto costoro o hanno già la residenza fiscale all’estero, o hanno messo in atto escamotage di fiscalità internazionale, quali i trust offshore, per cui già oggi non pagano all’Italia un centesimo di tasse su tali grandi capitali mobiliari, né l’Italia può e potrà fare nulla contro di loro; l’aumento della tassazione sui redditi finanziari mira a colpire quindi solo i piccoli e medi risparmiatori e trader;
    2. i risparmiatori sono stati i più svantaggiati nella redistribuzione del reddito degli ultimi anni, tra rendimenti reali negativi, crollo della new economy, crisi dei subprime, crack di società quotate (Parmalat, Cirio, Ferruzzi…), crollo dei titoli bancari e assicurativi; nel contempo i prezzi degli immobili, anche delle più scassate bicocche, sono saliti alle stelle gonfiati dai tassi ai minimi del secolo;
    3. il risparmio è denaro, moneta, e come tale è soggetto ad inflazione, cioè a perdita di potere di acquisto, ovvero a perdita di valore. Questa perdita di valore va a favore dello stato, uno stato debitore in quanto è lui che emette tale moneta. Quindi l’inflazione è una tassa, come ben sanno anche i sedicenni che studiano ragioneria. Tutti sperimentiamo quotidianamente che in Italia c’è un’inflazione ben superiore a quella ufficialmente dichiarata dall’ISTAT;
    4. decine di migliaia di risparmiatori nei decenni scorsi hanno ripopolato Svizzera, Montecarlo e Austria, fuggendo dall’Italia, portando via i loro sudati soldi anche quando il farlo costituiva reato, pur di difenderli e salvarli; far fuggire anche gli ultimi rimasti sicuramente non aiuta l’Italia a risalire la china dello sviluppo economico. Se verrà elevata l’aliquota sui redditi finanziari l’Italia avrà perso per tali risparmiatori l’ultima attrattiva che le era rimasta. Di paradisi fiscali sparsi per il mondo (o neanche troppo lontani) che li aspettano a braccia aperte, e già pieni di Italiani, ne trovano quanti ne vogliono. E gli anni ’60 e ’70 hanno ampiamente dimostrato che i capitali in fuga non possono essere fermati;
    5. in Italia i redditi da risparmio costituiscono comunque, se non altro a livello psicologico, una parte consistente del potere d’acquisto e di consumo delle famiglie; la diminuzione di tali redditi, annientati dalla tenaglia bassi rendimenti – aumento della loro tassazione, ha devastanti effetti depressivi su economia e consumi, innestando una spirale di stagnazione che può durare decenni, come è successo in Giappone;
    6. la fuga dagli investimenti finanziari spingerebbe la gente ad investire ancora di più in immobili, e quindi causerebbe aumento dei prezzi degli immobili già ora insostenibili;
    7. a livello di Scienza delle finanze, il beneficio per l’erario derivante dall’aumento della tassazione sui redditi finanziari è miserabile, irrisorio, con più svantaggi che vantaggi, mentre ne è ben chiara la creduta valenza politico-demagogica, oltretutto nettamente obsoleta in relazione all’attuale composizione del patrimonio della maggioranza degli Italiani: tutti gli Italiani hanno qualche risparmio;
    8. chi ha risparmi da investire in strumenti finanziari, ha tali risparmi perché ha messo da parte una quota dei suoi redditi: redditi già tassati dall’imposta sul reddito nei periodi fiscali in cui sono stati percepiti; i risparmi sono quindi reddito già tassato;
    9. i dividendi, in quanto utili societari, sono già tassati in capo alla società, la quale li distribuisce al netto dell’imposta societaria ai risparmiatori-azionisti, i quali poi, nuovamente, pagano l’imposta sostitutiva su di essi; i dividendi sono quindi già doppiamente tassati;
    10. le plusvalenze e gli interessi sono guadagni per chi li percepisce, ma perdite per chi li paga: il saldo finale per l’intera economia è zero, non vi è valore aggiunto assoggettabile equamente a tassazione, né motivi equi per cui il fisco si intrometta tra chi perde e chi guadagna;
    11. se certi industriali italiani (e occidentali in generale) non sono buoni a fare profitti non è per il carico fiscale che subiscono, di fatto bassissimo: l’aliquota del 33% sul reddito d’impresa è fittizia, visto che si applica non su tutto il reddito, ma solo sul reddito imponibile, e qualsiasi commercialista è in grado di decimare l’imponibile del reddito d’impresa. Le aliquote sui redditi finanziari, invece, si applicano su tutto il reddito, fino all’ultimo centesimo, non essendovi alcuna possibilità di dedurre costi e spese dall’imponibile. Quindi il paragonare l’aliquota del 33% del reddito d’impresa a quella del 12,5% sui redditi finanziari o è poco intelligente o è, più plausibilmente, ipocrita e pretestuoso. Il vero problema, insormontabile, è che il costo del lavoro italiano è dieci volte quello cinese o indiano;

    12. per i risparmiatori le perdite finanziarie (minusvalenze) sono deducibili dal reddito imponibile solo per quattro anni, quando i cicli economici e di borsa durano ben più di quattro anni. Esemplificando molto, se nell’arco di dieci anni il risparmiatore ha guadagnato 10 e perso 20, con un risultato finale netto negativo (perdita) di –10, ha comunque buone probabilità di pagare tasse come se avesse guadagnato +5 (può sembrare assurdo, ma è così, questa è la legge in vigore);
    13. il risparmio è il principale mezzo per la mobilità sociale. Le famiglie meno agiate possono sperare di elevarsi dalla loro posizione sociale semiservile solo mettendo da parte risparmi e costruendosi pian piano un proprio patrimonio familiare. Tassare il risparmio delle famiglie, dei lavoratori, vuol dire condannarli a una semischiavitù permanente.
    Ricordo infine che la nostra Costituzione agli articoli 42 e 47 tutela la proprietà privata degli immobili e il risparmio in tutte le sue forme.
    Nessuna tassa è a favore del popolo, tutte le tasse sono contro il popolo. La via maestra è ridurre sprechi e spese, meno stato e più mercato, e non più tasse a questo o a quello.
    Filippo Matteucci

  • filippo matteucci

    RISPARMIO E FISCO. EFFETTI DI UN AUMENTO DELLA TASSAZIONE SUI REDDITI FINANZIARI DELLE PERSONE FISICHE.

    Il termine “rendita” nelle scienze economiche ha tutt’altro significato, definisce il guadagno che deriva dalla proprietà della terra. Oggi tale termine viene usato volutamente in modo errato e ipocrita per suggerire l’idea che i percettori di redditi finanziari, i risparmiatori, siano dei ricchi parassiti immersi nell’ozio, che vivono, appunto, “di rendita”, e non producono nulla. La realtà è ben diversa. Chi oggi non dedica tempo, lavoro, energie e soldi nella personale ricerca del miglior investimento finanziario, e investe a caso, sicuramente non sta guadagnando niente, anzi sta rimettendoci. Chi si affida alla gestione altrui non arricchisce, ma fa arricchire il gestore. Se oggi si vuole tirare fuori dagli investimenti finanziari qualche euro, occorre divenire dei trader, almeno a livello semiprofessionale. Il lavoro di investimento finanziario è un lavoro durissimo, senza orari né ferie, ad altissimo rischio (soprattutto in Italia, dove sono carenti o inesistenti delle reali protezioni per i risparmiatori), lavoro che richiede una preparazione e un impegno enormi, continui, impensabili.
    Perché allora si continua ad usare l’errato termine “rendite”, dipingendo i risparmiatori come ricchi oziosi, come parassiti da tartassare? La risposta è molto semplice: tutto il gran parlare che si fa, tutta la manfrina sulle “rendite” finanziarie, è opera di certi industriali i quali mirano a pagare meno tasse e a tassare di più gli altri Italiani.
    Esaminiamo innanzitutto sinteticamente quali sono i redditi da investimento finanziario,
    DIVIDENDI: parte degli utili di una società distribuita agli azionisti. Il risparmiatore che investe acquistando azioni di una società diviene comproprietario pro quota di quella società.
    PLUSVALENZE o CAPITAL GAINS: differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita di uno strumento finanziario, azione, obbligazione, future, ecc.. Il risparmiatore, con un difficile lavoro di trading, cerca di guadagnare sulla differenza di prezzo, rischiando però molto seriamente di perdere.
    INTERESSI: remunerazione del capitale prestato. Il risparmiatore, investendo in (cioè comprando) obbligazioni (bond) emesse o da stati (BTP, BOT, Bund…) o da società private (corporate), presta loro soldi, rischiando di non riaverli indietro (bond Cirio, bond argentini), e in cambio riceve un interesse. Non rendono più quasi nulla, invece, depositi e conti correnti, anzi questi ultimi spesso generano costi netti per il correntista.
    In tutti e tre i tipi di redditi finanziari ora visti, vi è un guadagno reale solo se a fine anno l’accrescimento monetario dei soldi del risparmiatore è superiore alla perdita di valore, di potere d’acquisto dei soldi stessi, cioè se è superiore all’inflazione effettiva; altrimenti c’è una perdita reale (o rendimento reale negativo). In questi ultimi anni i guadagni monetari sono stati e sono tuttora nettamente inferiori all’inflazione effettiva, quindi i risparmiatori stanno perdendo soldi; questo ha generato la corsa all’acquisto degli immobili, con conseguente bolla speculativa immobiliare.
    L’aumento della tassazione sui risparmi dei cittadini è iniquo, ottuso e controproducente per lo sviluppo del paese perché:
    1. i possessori di grandi patrimoni mobiliari (tra cui molti di quegli industriali che oggi chiedono a gran voce di tartassare i risparmi) non verranno minimamente scalfiti da tale aumento della tassazione sui redditi finanziari, in quanto costoro o hanno già la residenza fiscale all’estero, o hanno messo in atto escamotage di fiscalità internazionale, quali i trust offshore, per cui già oggi non pagano all’Italia un centesimo di tasse su tali grandi capitali mobiliari, né l’Italia può e potrà fare nulla contro di loro; l’aumento della tassazione sui redditi finanziari mira a colpire quindi solo i piccoli e medi risparmiatori e trader;
    2. i risparmiatori sono stati i più svantaggiati nella redistribuzione del reddito degli ultimi anni, tra rendimenti reali negativi, crollo della new economy, crisi dei subprime, crack di società quotate (Parmalat, Cirio, Ferruzzi…), crollo dei titoli bancari e assicurativi; nel contempo i prezzi degli immobili, anche delle più scassate bicocche, sono saliti alle stelle gonfiati dai tassi ai minimi del secolo;
    3. il risparmio è denaro, moneta, e come tale è soggetto ad inflazione, cioè a perdita di potere di acquisto, ovvero a perdita di valore. Questa perdita di valore va a favore dello stato, uno stato debitore in quanto è lui che emette tale moneta. Quindi l’inflazione è una tassa, come ben sanno anche i sedicenni che studiano ragioneria. Tutti sperimentiamo quotidianamente che in Italia c’è un’inflazione ben superiore a quella ufficialmente dichiarata dall’ISTAT;
    4. decine di migliaia di risparmiatori nei decenni scorsi hanno ripopolato Svizzera, Montecarlo e Austria, fuggendo dall’Italia, portando via i loro sudati soldi anche quando il farlo costituiva reato, pur di difenderli e salvarli; far fuggire anche gli ultimi rimasti sicuramente non aiuta l’Italia a risalire la china dello sviluppo economico. Se verrà elevata l’aliquota sui redditi finanziari l’Italia avrà perso per tali risparmiatori l’ultima attrattiva che le era rimasta. Di paradisi fiscali sparsi per il mondo (o neanche troppo lontani) che li aspettano a braccia aperte, e già pieni di Italiani, ne trovano quanti ne vogliono. E gli anni ’60 e ’70 hanno ampiamente dimostrato che i capitali in fuga non possono essere fermati;
    5. in Italia i redditi da risparmio costituiscono comunque, se non altro a livello psicologico, una parte consistente del potere d’acquisto e di consumo delle famiglie; la diminuzione di tali redditi, annientati dalla tenaglia bassi rendimenti – aumento della loro tassazione, ha devastanti effetti depressivi su economia e consumi, innestando una spirale di stagnazione che può durare decenni, come è successo in Giappone;
    6. la fuga dagli investimenti finanziari spingerebbe la gente ad investire ancora di più in immobili, e quindi causerebbe aumento dei prezzi degli immobili già ora insostenibili;
    7. a livello di Scienza delle finanze, il beneficio per l’erario derivante dall’aumento della tassazione sui redditi finanziari è miserabile, irrisorio, con più svantaggi che vantaggi, mentre ne è ben chiara la creduta valenza politico-demagogica, oltretutto nettamente obsoleta in relazione all’attuale composizione del patrimonio della maggioranza degli Italiani: tutti gli Italiani hanno qualche risparmio;
    8. chi ha risparmi da investire in strumenti finanziari, ha tali risparmi perché ha messo da parte una quota dei suoi redditi: redditi già tassati dall’imposta sul reddito nei periodi fiscali in cui sono stati percepiti; i risparmi sono quindi reddito già tassato;
    9. i dividendi, in quanto utili societari, sono già tassati in capo alla società, la quale li distribuisce al netto dell’imposta societaria ai risparmiatori-azionisti, i quali poi, nuovamente, pagano l’imposta sostitutiva su di essi; i dividendi sono quindi già doppiamente tassati;
    10. le plusvalenze e gli interessi sono guadagni per chi li percepisce, ma perdite per chi li paga: il saldo finale per l’intera economia è zero, non vi è valore aggiunto assoggettabile equamente a tassazione, né motivi equi per cui il fisco si intrometta tra chi perde e chi guadagna;
    11. se certi industriali italiani (e occidentali in generale) non sono buoni a fare profitti non è per il carico fiscale che subiscono, di fatto bassissimo: l’aliquota del 33% sul reddito d’impresa è fittizia, visto che si applica non su tutto il reddito, ma solo sul reddito imponibile, e qualsiasi commercialista è in grado di decimare l’imponibile del reddito d’impresa. Le aliquote sui redditi finanziari, invece, si applicano su tutto il reddito, fino all’ultimo centesimo, non essendovi alcuna possibilità di dedurre costi e spese dall’imponibile. Quindi il paragonare l’aliquota del 33% del reddito d’impresa a quella del 12,5% sui redditi finanziari o è poco intelligente o è, più plausibilmente, ipocrita e pretestuoso. Il vero problema, insormontabile, è che il costo del lavoro italiano è dieci volte quello cinese o indiano;

    12. per i risparmiatori le perdite finanziarie (minusvalenze) sono deducibili dal reddito imponibile solo per quattro anni, quando i cicli economici e di borsa durano ben più di quattro anni. Esemplificando molto, se nell’arco di dieci anni il risparmiatore ha guadagnato 10 e perso 20, con un risultato finale netto negativo (perdita) di –10, ha comunque buone probabilità di pagare tasse come se avesse guadagnato +5 (può sembrare assurdo, ma è così, questa è la legge in vigore);
    13. il risparmio è il principale mezzo per la mobilità sociale. Le famiglie meno agiate possono sperare di elevarsi dalla loro posizione sociale semiservile solo mettendo da parte risparmi e costruendosi pian piano un proprio patrimonio familiare. Tassare il risparmio delle famiglie, dei lavoratori, vuol dire condannarli a una semischiavitù permanente.
    Ricordo infine che la nostra Costituzione agli articoli 42 e 47 tutela la proprietà privata degli immobili e il risparmio in tutte le sue forme.
    Nessuna tassa è a favore del popolo, tutte le tasse sono contro il popolo. La via maestra è ridurre sprechi e spese, meno stato e più mercato, e non più tasse a questo o a quello.
    Filippo Matteucci

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