Dallo stato all’individuo

Le conclusioni della diatriba tra gli anarchici liberali e i miniarchici ci obbligano a mettere in chiaro che per la cultura giuridica libertaria le uniche istituzioni pubbliche legittime sono quelle che nascono, si sviluppano o vengono adottate a seguito della libera opzione di chi vi aderisce.

Come già mise in evidenza Gustave de Molinari, un regno o una repubblica possono essere accettati se vivono in virtù del consenso dei loro singoli sudditi, i quali devono essere liberi di scegliere all’interno di una varietà di opzioni in concorrenza tra loro.

Ma è proprio questo che spiega l’attenzione dei libertari per quelle nuove forme di convivenza (privatopie) che iniziano ad affermarsi negli Stati Uniti all’interno di città integralmente private.

Nel loro federalismo coerente e spregiudicato, i libertari americani ritengono che le istituzioni debbano nascere dal basso e che – per lo stesso motivo – sia più che lecito mettere in discussione l’unità degli Stati entro i quali ci troviamo.

Secondo Rothbard, poiché nessuno trova strano che il Canada sia del tutto distinto dagli Stati Uniti, è pure legittimo ritenere che ogni Stato americano possa uscire dalla federazione ed ogni contea dallo Stato, che ogni città possa secedere dalla contea, che ogni quartiere possa abbandonare la propria città e – alla fine – che ogni individuo possa rendersi indipendente dalla propria città.

A giudizio di Rothbard, con la piena riconquista delle libertà individuali sulle rovine dei vecchi Stati autoritari potrebbero quindi emergere nuove nazioni, la cui esistenza dipenderà unicamente dal consenso che riusciranno ad ottenere e dalla legittimazione autentica che sarà loro conferita da tutti coloro che decideranno di aderire e rispettare i nuovi ordinamenti.

In questo senso, il condominio rappresenta una specie di modello per le istituzioni pubbliche libertarie, all’interno della quale non può assolutamente trovare spazio un’obbligazione politica che si ponga al di sopra della volontà degli individui, in nome della pretesa sacralità di teologie politiche nazionaliste o di altro genere.

Il localismo e la richiesta di stati di piccole dimensioni rispondono, analogamente, a questa esigenza di mettere tra parentesi buona parte della storia occidentale moderna per riallacciarsi ad istituti antichi ma ancora attuali.

Se ci si è soffermati su tali questioni è per rimarcare che le esigenze del liberalismo integrale si collegano strettamente a quelle del federalismo autentico.

Le ricerche giuridiche e filosofiche del liberalismo integrale contemporaneo si rifanno anche alle società medievali e a taluni loro prolungamenti, sottolineando la stretta correlazione che unisce il libero mercato e la concorrenza istituzionale propria dei sistemi politici che hanno preceduto lo Stato moderno.

In questo senso, quando si pensa alla società di mercato dei libertari non si deve immaginare necessariamente un universo dominato dalla sola proprietà individuale, ma piuttosto da istituzioni che non ledono i diritti naturali della persona, che nascono per consenso e che rispettano le legittime proprietà.

Né si deve pensare a qualcosa di assolutamente inedito e mai visto, dato che la storia ci offre un gran numero di suggerimenti e di soluzioni a cui è possibile ispirarsi.

Basta pensare all’universo sociale del Far West, una realtà che i libertari hanno variamente rivalutato e che non fu affatto quell’inferno del diritto e quel luogo di ingiustizie che molti film e romanzi ci hanno abituato ad immaginare.

Come ha mostrato in un suo recente saggio un giovane e brillante giurista libertario, Guglielmo Piombini, il numero degli omicidi e delle rapine era molto minore nelle zone libere del Far West (non ancora sottomesso alla giurisdizione americana) che non nei territori inclusi all’interno della federazione. A dimostrazione che anche nel settore della sicurezza e della giustizia non bisogna fare troppo affidamento sui presunti benefici delle organizzazioni monopolistiche…

Con l’introduzione delle istituzioni statali americane, quelle popolazioni libere che provvedevano alla propria difesa grazie a sistemi di autorganizzazione emersi dal mercato, non hanno visto alcun miglioramento delle proprie condizioni di vita e di libertà.

Non deve stupire, allora, se per i libertari una delle strategie fondamentali per liberare la società civile dal monopolio legale dello Stato consiste, come ha scritto Hans-Hermann Hoppe, nel favorire i processi di decomposizione degli Stati.

Hoppe ha scritto, infatti, che «deve essere chiaro che non è lo Stato (monarchico o democratico) ma la proprietà privata, il riconoscimento e la difesa dei diritti di proprietà, la fonte ultima della civiltà umana»

Per poter avere società più liberali, è assolutamente necessario dare «una preferenza ideologica a tutte le forze sociali decentralizzanti o anche secessioniste. Infatti uno Stato territorialmente più piccolo è spinto alla moderazione» di tutti quegli appetiti che sono caratteristici di tutte le classi politiche.

Lo stesso Rothbard, in uno dei suoi ultimi scritti (Nations by consent, del 1994), ha sottolineato l’esigenza di «decomporre gli Stati nazionali di carattere coercitivo che esistono oggi così da dar vita a nazioni autentiche, o nazioni per consenso».

Per i libertari, infatti, non c’è nulla di più pericoloso che la concentrazione del potere pubblico in un unico centro decisionale.

Tutto ciò che contribuisce ad indebolire questo monopolio legale e ad aprire spazi di libertà e concorrenza va accolto con grande favore.

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