Le origini del pensiero libertario

Quella che ha iniziato ad imporsi circa trent’anni fa non è una teoria politica senza antecedenti, né senza punti di riferimento ma il risultato di una complessa evoluzione di idee e un animato susseguirsi di dibattiti intellettuali.

Come ha sottolineato Pierre Lemieux, il pensiero libertario degli anarco-capitalisti «si presenta come il limite e il matrimonio di due dottrine: la libertà dell’anarchismo si estende all’economia e la libertà capitalista invade il sociale e le condizioni di base della vita in società».

Si tratta di una congiunzione dell’anarchismo e del capitalismo. Nel libertarismo, il liberalismo classico di Locke (1632-1704) incontra l’anarchismo individualista americano di autori come Warren (1798-1874), Spooner (1808-1887) e Tucker (1854-1939).

Una prima anticipazione di tale teoria si può dar risalire al pensiero degli economisti liberali scozzesi del XVIII secolo e soprattutto quello dei polemisti francesi.
Bastiat (1801-1850) e Molinari (1819-1912) nella Francia di metà Ottocento, avevano strenuamente difeso la società del laissez faire.

Negli scritti di Gustave de Molinari vi è un’evidente anticipazione di quella negazione dello Stato moderno che è al centro del nuovo libertarismo statunitense.

È sufficiente leggere un breve saggio del 1849, De la production de la sécurité, per constatare che la premessa fondamentale è che su un mercato privato e concorrenziale ogni bene o servizio è disponibile ad una qualità migliore e ad un prezzo inferiore rispetto a quanto non avvenga in regime di monopolio.

Non si capisce per quale ragione – aggiunge l’economista – ciò che è vero per la produzione del grano o delle cure mediche non debba più esserlo quando si ha a che fare con la protezione della persona da possibili minacce di individui malintenzionati.

In un linguaggio serio e pacato Molinari propone la dissoluzione del politico nell’economico, ovvero l’utopia di una società in cui la coercizione lasci il posto al contratto privato, l’obbligazione politica alla libera associazione.

I liberali classici avevano sempre considerato la legge e la sicurezza, la giustizia e la difesa, quali ambiti che per loro natura erano sottratti al mercato e alla concorrenza.
Molinari valica il Rubicone e annuncia l’utopia di una società integralmente liberale.

Quella dei libertari non è soltanto una sintesi tra due tradizioni culturali.
Nelle teorie degli anarco-capitalisti vi è soprattutto la maturazione di quanto era già contenuto nei testi classici del liberalismo.
La proclamazione di diritti individuali conduce infatti a negare ogni pretesa statale di disporre dei singoli: delle loro risorse, del loro lavoro, del loro tempo.

Come ha scritto David Bergland, per molti libertari il punto di partenza del libertarismo sta nell’espressione you own yourself (tu possiedi te stesso).
E’ evidente il radicalizzarsi del proprietarismo liberale di Locke e il recupero del concetto di sovranità dell’individuo elaborato da Warren..

Sotto certi aspetti si può parlare del libertarismo contemporaneo come della riproposizione, in termini rinnovati, del radicalismo whig.
Per alcuni secoli la tradizione liberale aveva abbandonato il rigore delle origini (subendo svariati influssi democratici, socialisti e conservatori).
Con Rothbard e David Friedman pare invece, aver ripreso la propria vocazione rivoluzionaria.

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