In Anti & Politica, Libertarismo, Primo Piano

DI LEONARDO FACCO

Internet non ha rappresentato solamente un’innovazione tecnologica dalle applicazioni più disparate. La Rete è molto di più, essa rappresenta il modello socio-politico che centinaia di anni di teoria libertaria hanno immaginato, dibattuto, elaborato, proposto. Il Web è il prototipo del mondo che un anarco-capitalista vorrebbe vivere, è l’insieme delle comunità volontarie per antonomasia, è la prova provata che “la società senza Stato” non è un’utopia. In quel mondo un po’ virtuale, ma un po’ no, si fanno concreti alcuni dei principi che il movimento libertario – ovvero coloro che, storicamente, hanno pensato ed agito in termini di libertà individuale – ha iniziato a far conoscere al mondo da Rothbard in poi, ma che sono argomento di dibattito filosofico ed intellettuale dai tempi Lao Tzu.

La difesa della vita, della libertà e della proprietà sono i paradigmi su cui si fonda il libertarismo. La non aggressione è il principio che sottende la costruzione di un’aggregazione di persone libere. La libertà di scegliere è la pietra angolare su cui prende forma l’azione umana, ovvero il diritto di ciascuno di noi di poter fare quel che si vuole, nel pieno rispetto delle volontà e dei diritti di proprietà altrui. Per dirla con Herbert Spencer è “la legge della eguale libertà”. Internet è tutto questo.

Il World Wide Web rappresenta la voglia di “Fuga dallo Stato”, come dal titolo di uno dei primi libri che la mia casa editrice ha pubblicato oltre 10 anni fa. Scriveva Alberto Mingardi in quel volumetto: “Internet è qualcosa di più di un semplice strumento. E’ un nuovo mondo in cui operare, un mondo senza Stato dove, liberamente, milioni di individui decidono di incontrarsi. Nell’epoca della crisi dello Stato nazione, esempi come quello di Laissez Faire City o delle città private americane appaiono quantomai illuminanti”.

Libertà e Stato rappresentano due concetti antinomici, forse agli antipodi, ed indicano due mondi diversi. Se lo Stato fonda sé stesso sull’idea della “dittatura delle maggioranze sulle minoranze”, sulla “oppressione legislativa e del diritto positivo”, sulla “schiavitù fiscale”, “sugli “inviolabili confini territoriali”, sul “monopolio della violenza”, dire libertà significa, al contrario, pensare all’individuo come epicentro della sovranità, altresì all’idea che liberi individui possono scegliere di stare insieme per comunanza di idee, di escludere qualcun altro per incompatibilità ideologiche, di appartenere alla stessa “nazione” pur essendo lontani l’uno dall’altro. All’idea di Stato, insomma, si contrappone quella di comunità volontaria, alla quale si accede non per cooptazione benevola, ma per contratto. Dalla quale si può essere estromessi se, diversamente, viene a mancare il rispetto di quei presupposti, e di quelle regole (non per forza scritte), che fanno di quel gruppo di persone una “società fra affini”.

In Internet, tutto questo è già realtà e non sono degli avatar che decidono ed agiscono. Se Tizio può essere accolto fra gli amici di Caio su Facebook, la scelta spetta ad un individuo in carne ed ossa, che così come lo accetta nella sua stretta cerchia, senza chiedere permesso ad alcuno, può decidere di escluderlo dal suo mondo per ragioni altre. Tutto con un click, anche se quel click sottende un pensiero filosofico forte.

In Internet nascono, muoiono e vivono milioni di comunità tra le più disparate (con milioni di individui attivamente impegnati), per accedere alle quali non esiste alcun diritto costituzionale o legale.

Molto altro però, in Rete, è già realtà: dai social network alle scuole private che non rilasciano titoli di studio, dalle comunità di scambisti a quelle che si occupano di transazioni economiche di ogni genere, da raggruppamenti che parlano e scrivono solo lingue minoritarie ai nazionalisti integralisti. Grazie al Web esse convivono nella loro estrema diversità. Lì dentro assistiamo al rifiorire di istituzioni naturali ed “a-statali”, frutto sin dagli albori dell’ordine spontaneo dell’interazione individuale, come lo sono state in passato la lingua, i mercati e la moneta. Con riferimento a quest’ultima ad esempio, il progetto “Bit-coins” sta incrinando l’idea che solo una Banca Centrale possa emettere e/o stampare denaro.

Certo, la miriade di comunità volontarie che occupano il mondo digitale sono perlopiù “a-territoriali”, ma non per questo continueranno ad esserlo in futuro. Internet è una palestra straordinaria per quelle idee coerentemente liberali che vogliono trovare sfogo nel mondo reale. L’empirismo internettiano è il passo intermedio per costruire, in un prossimo futuro, comunità volontarie alla luce del sole, magari sulla scorta di quel proprietarismo condominiale poggia le sue basi sulla libera contrattazione e sull’adesione convinta a regolamenti specifici.

Il 5 e 6 novembre prossimi, presso l’Agriturismo Amarant a Bergamasco (Al), si terrà una due giorni di discussione e dibattito su “quale futuro per le comunità volontarie”, un’iniziativa ideata da Gian Piero de Bellis e da Carmelo Miragliotta. Ecco alcuni dei temi che verranno proposti:

1-“Come in assenza di norme le persone tendono ad ordinarsi autonomamente in base al minor dispendio di energia” (Giuliana Barbano);

2-“”Comunità volontarie: volontarismo e libertarismo” (Salvatore Antonaci);

3- “Metodologia per la creazione delle regole condivise in una comunità volontaria di affini” (Mauro Gargaglione);

4- “Comunità volontarie e strumenti di pagamento (Bitcoin e altro)” (Sergio De Prisco);

5- “Comunità Volontarie: l’utilità per gli individui che ne fanno parte; il vantaggio derivante dalla competizione tra comunità; la libertà individuale che ne deriva dal poter scegliere (e/o abbandonare) la comunità di appartenenza” (Carmelo Miragliotta);

6- “Comunità volontarie e realtà territoriali (come risolvere problemi territoriali in/tra comunità a-territoriali)” (Gian Piero De Bellis);

7- “Ego-libertarismo: quali azioni per liberarsi dello Stato” (Leonardo Facco)

In conclusione: “comunità volontarie” e “comunitarismo” non vanno confusi. Se il secondo poggia sul credo che la comunità debba sempre avere la precedenza sull’individuo e sulle sue preferenze, le prime – all’opposto – fondano la loro ragion d’essere sull’adesione convinta e non coercitiva di individui unici e consapevolmente liberi.

LINK ORIGINALE PER IL CONVEGNO: http://www.ilgiornale.it/cultura/il_convegno/16-10-2011/articolo-id=551959-page=0-comments=1

 

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Showing 7 comments
  • vincenzo grossi

    Ho richiesto l’eliminazione del mio nome “vincenzo Grossi” dal testo perchè non sono un anarco-capitalista, liberale, spenceriano, e non riconosco una completa affinità del mio pensiero con il presente movimento libertario che invece, probabilmente in buona fede, ha ritenuto essere tale.

  • Nereo

    Bravo Leo!

  • michele lombardi

    ottimo

  • maschile individuale

    beh. non mi pare che sia proprio così.
    nel senso che il web presuppone la presenza altrove(e fisica) di lavori e lavoratori che , una volta procuratosi il pane quotidiano, possono far quel che vogliono.
    nel mondo anarco-capitalista o marxista o keynesiano invece l’individuo vive la sua interessa che è innanzitutto il “primum vivere”.
    chiaro che la regolazione fuori dalla necessità del vivere quotidiano ha un maggior grado di libertà rispetto al mondo delle necessità quotidiane.
    i due mondi non sono paragonabili.

  • faniarte

    La verità delle verità più pura e cristallina di così!!!
    Grazie ,dopo tanto cercare in questo vuota epoca ho incontrato VOI!!! chi lotta per la vera libertà!!!Grazie…

  • claudio

    Un pò surreale…dirrei! Un pò sopra la realtà…direi. Lo stato è intrinseco e perennemente esistente in forma ancora non ben definita. Se mi parli di mettere la “libertà liberamente libera” e lasciarla camminare a braccetto di un antropocentrismo anarchico lasciato allo sbando ritmico dei passi frenetici di questo frenetico correre che oggi compiono i giovani dietro lo schermo allora non sono d’accordo.
    Affermi che dire libertà significa, al contrario, pensare all’individuo come epicentro della sovranità, altresì all’idea che liberi individui possono scegliere di stare insieme per comunanza di idee, di escludere qualcun altro per incompatibilità ideologiche, di appartenere alla stessa “nazione” pur essendo lontani l’uno dall’altro mi può anche andar bene, ma forse c’è un piccolissimo particolare che tendi a dimenticare che ogni individuo oggi non è ancora libero di sentirsi libero. Non è ancora in quello stato che ti rende indipendente da tutto ciò che ti circonda, ma che ti fa decidere di aderire a qualcosa che reputa giusto o sbagliato o quello che è meglio o peggio o medio o non vilento nei confronti dell’altro…che già sarebbe tollerante accettare una via di mezzo…una via almeno grigia, non nera e non bianca. Di fatto questo oggi non è ancora ben definito e quindi i pochi potenti tengono in scacco la gente ancora ignara di una emancipazione collettiva o singolare da quello che definirei un torpore generalizzato della coscienza. Questo torpore non te lo leva e non te lo mette il “WWW” il web insomma poichè questo è solo uno strumento che può essere usato in m aniera similare a chi lo ha tra le mani concretamente…termine non totalmente appropriato. Sarebbe come mettere un calibro ventesimale (strumento di misura ambito tecnomeccanico) in mano ad un fruttivendolo per misurare un pistone del motore.

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