In Libertarismo, Saggi

CHE L’EURO, MONETA PIANIFICATA DA BUROCRATI E BANCHIERI, SAREBBE STATA UN FALLIMENTO MONETARIO ERA GIA’ SCRITTO, DA TEMPO!

Di Gérard Dréan (Institut Turgot)

Nel 1976 (aveva allora 77 anni), Hayek ritenne urgente di prendere posizione contro il progetto di una moneta unica europea. Per tale ragione interruppe la redazione del III tomo di Law Legislation and Liberty per scrivere uno sconosciuto libro intitolato “Denationalisation of money: the argument refined” ove propose, come alternativa, la libera concorrenza fra le monete.

In quello che sarà una delle sue ultime opere, il suo sentimento di urgenza si traduce frequentemente in un tono da pamphlet, ma allo stesso tempo in una riflessione deliberatamente non conclusa, ove sono lasciate aperte delle strade che invitano dunque a proseguire.

Come evitare l’inflazione

Hayek parte dalle ben conosciute tesi austriache: l’inflazione è un male assoluto poiché impedisce un calcolo economico corretto e provoca distorsioni e cattivi investimenti che, se si prolungano, non possono risolversi altro che per crisi; l’inflazione è il risultato di un’eccessiva creazione di moneta, e i responsabili sono i governi. Vi aggiunge tre semplici idee:

  1. chiunque possa produrre moneta, ha interesse a produrne il più possibile;
  2. la moneta è un bene come un altro;
  3. per tutti gli altri beni, è la concorrenza che modula la produzione sui bisogni.

Egli conclude che la stabilità monetaria sarebbe meglio assicurata da un regime di libera concorrenza fra monete rispetto all’attuale gestione statale, e cerca di dimostrarlo analizzando quello che verosimilmente succederebbe se i paesi del Mercato Comune s’impegnassero reciprocamente a non mettere più alcun ostacolo sui loro territori né alla libera circolazione delle monete nazionali né al libero esercizio dell’attività bancaria2.

Hayek ammette subito il carattere utopico di questa proposta. Contrariamente alla moneta unica, questo è estremamente facile da realizzare: è sufficiente abrogare alcune disposizioni legali o regolamentari. Ma qui sta anche il principale ostacolo. Per semplice che sia, questa azione dipende necessariamente dai governi, che la considereranno come un suicidio. Anche se in un barlume di lucidità la mettessero in pratica, i funzionari delle Finanze e della Banca di Francia inizierebbero subito uno sciopero a oltranza, e il coro degli economisti griderebbe al matto annunciando un’Apocalisse economica.

Ma Hayek non se ne preoccupa: “Penso fermamente che lo scopo principale del teorico dell’economia o del filosofo politico sia di agire sull’opinione pubblica per rendere politicamente possibile quello che forse oggi è politicamente impossibile, e quindi l’obiezione che le mie proposte sono attualmente impraticabili, non mi scoraggia assolutamente a svilupparle.”. Una volta identificato questo ostacolo, lo si deve considerare superato e sviluppare il seguito dello scenario per convincere della sua validità, per poter un giorno superare l’ostacolo iniziale.

Un po’ di teoria

Prima di procedere all’esperienza del pensiero che propone, Hayek ricorda, molto a proposito, cosa è la moneta e a cosa serve: “fornire un mezzo di scambio per coloro che vogliono tenerla sino a quando desiderano comprare un equivalente di quello che hanno fornito a terzi”. Le funzioni tradizionalmente distinte dagli economisti, mezzo di scambio, riserva di valore, unità di conto e potere liberatorio, sono indissolubilmente legati al punto da non farne che una. Inoltre, qualsiasi bene può rendere questo servizio: in assenza di obblighi, i partner sceglieranno di usare quei beni che gli faranno più comodo nel caso specifico. Produrre della moneta “è un servizio utile come la produzione di qualsiasi altro bene”, e non vi è quindi nessuna ragione a priori di sottomettere questa attività a particolari limitazioni.

Da una parte non vi è dicotomia fra la moneta e gli altri beni e non esiste alcuna ragione, teorica o pratica, che tutte le transazioni utilizzino lo stesso bene come moneta. Alcuni beni sono più adatti a questo scopo particolare rispetto ad altri: una qualità essenziale di un bene utilizzato come moneta è di conservare il proprio valore nel tempo tra il momento in cui lo si riceve e il momento in cui lo si da in cambio di un altro bene. In assenza di limitazioni, la maggioranza degli attori sceglierà di usare come moneta i beni che meglio soddisfano questo criterio. Quelli che non lo soddisferanno saranno eliminati da questo uso, ma niente obbliga all’esistenza di una sola moneta su di un particolare territorio.

En passant, Hayek demolisce alcune idee ricevute e piamente trasmesse dall’insegnamento dell’economia. Dapprima la necessità di un corso legale, cioè la codificazione legale di una moneta privilegiata che non si ha il diritto di rifiutare. Nella parte storica del libro egli spiega che questa disposizione, messa in pratica dai governi con il pretesto di semplificazione, ha in realtà il fine di alterare o eliminare la concorrenza e di instaurare un monopolio statale per la creazione di moneta. Essa risale al bisogno iniziale di certificazione delle monete metalliche, soddisfatto e rapidamente sfruttato dai poteri in essere, che hanno creato l’illusione che la moneta sia una creazione dei governi: “Durante il Medio Evo apparve la superstizione che esistesse un atto del governo che dava valore alla moneta”. Questa situazione non ha fatto che aggravarsi con le banconote, ma “in verità, il corso legale non è altro che un’astuzia legale per forzare le persone ad accettare in esecuzione di un contratto un qualcosa che non avevano assolutamente previsto quando avevano stabilito il contratto”.

Un’altra vittima di questa demistificazione è la “legge di Gresham”, che tradizionalmente si enuncia: “la cattiva moneta scaccia la buona”. Hayek mostra, fatto che inizia solo oggi a essere capito, che questo fenomeno si produce solo se una moneta ha corso legale e che si inverte in un sistema di libero cambio: “Se la legge rende due monete perfettamente fungibili per il pagamento dei debiti, e obbliga i creditori ad accettare una moneta che contiene meno oro al posto di una che ne contiene di più, i debitori pagheranno ovviamente con la prima e troveranno un uso più profittevole con l’altra. Con dei tassi di cambio variabili, al contrario, la moneta di qualità inferiore sarà valorizzata a un tasso inferiore e, soprattutto se sarà minacciata di cadere ancora più in basso, le persone cercheranno di sbarazzarsene il più rapidamente possibile. Il processo di selezione proseguirebbe in favore di quella che verrebbe considerata la miglior forma di moneta fra quelle emesse dai diversi organismi, ed eliminerebbe rapidamente le monete considerate scomode o senza valore”.

Un’esperienza di pensiero

Passando all’esperienza di pensiero che propone, Hayek elimina un’abituale obiezione: un sistema di monete concorrenti sarebbe troppo complesso per gli utilizzatori e necessiterebbe di uno stravolgimento delle loro abitudini. In realtà, all’inizio dell’operazione, non sarebbe cambiato nient’altro che la legge. Tutti gli attori continuerebbero a funzionare come prima, e la concreta messa in atto del nuovo sistema sarebbe progressiva, regolata dalla volontà degli attori. Coloro che volessero utilizzare una sola moneta potrebbero continuare a farlo, siano essi individui, commercianti, imprese o Stato.

Ma ci sono già degli attori che utilizzano diverse monete: gli stabilimenti finanziari, le imprese, i commerci e gli abitanti delle regioni frontaliere o turistiche. Sarebbe evidentemente da queste situazioni che partirebbe il movimento di sfruttamento delle nuove libertà, nella misura in cui gli attori ne cominciassero ad apprezzare vantaggi e opportunità.

D’altro canto, è certo che si svilupperebbero delle agenzie di cambio (o resusciterebbero). Le banche offrirebbero la possibilità di cambio immediato al corso del momento. Per esempio un prelievo di contanti in un distributore potrebbe essere fatto a partire da un determinato conto in una qualsiasi valuta, e i depositi di contante potrebbero accreditare immediatamente il conto in una moneta diversa a scelta del titolare. È evidente che tale sistema suppone un sistema di cambi completamente flessibile, in cui i tassi di cambio fra le monete siano il risultato del confronto permanente far la domanda e l’offerta di ciascuna moneta.

La molteplicità delle monete non rappresenterebbe un problema nella vita quotidiana. Ognuno potrebbe scegliere la o le monete che vuole utilizzare nelle proprie transazioni senza che questo rappresenti un vincolo reale. Se deve usare una moneta diversa per un acquisto, potrebbe ottenerla su domanda e detenerla solo qualche ora o qualche minuto. Al contrario, la decisione importante che ciascuno dovrebbe prendere, sarebbe quale/i moneta/e conservare.

Le monete concorrenti

In tali condizioni, afferma Hayek, se fosse un banchiere svizzero emetterebbe delle banconote senza interesse intestate in un’unità che porti un nome distintivo e protetto, per esempio “ducato”, e aprirebbe conti in tale valuta3. Queste banconote sarebbero offerte in cambio di altre monete con il pagamento di un premio di emissione, e i crediti bancari sarebbero aperti sotto forma di prestiti con interesse, ciò che assicurerebbe la remunerazione della banca emettitrice.

Queste assumerebbero due obblighi: scambiare alla semplice domanda queste banconote e questi depositi “per 5 franchi svizzeri, 5 marchi o 2 dollari per ducato, a scelta del portatore”, e mantenere costante il valore del ducato in rapporto a un certo paniere di beni, che l’emettitore potrà modificare nel tempo in funzione della domanda dei propri clienti. La scelta di questo paniere di riferimento è una decisione strategica cruciale che dipende dalla clientela di riferimento dell’emettitore e costituisce un primo criterio di differenziazione delle monete.

E evidente che i segni rappresentativi delle monete così create dovranno essere chiaramente distinti gli uni dagli altri e protetti contro la falsificazione al fine di poter identificare il loro emettitore, cioè colui che ha preso la responsabilità di scambiarli a domanda.

Per mantenere i propri impegni, l’emettitore dovrà detenere una quantità sufficiente delle monete nelle quali si è impegnato a scambiare i ducati, o altre attività facilmente scambiabili per queste monete. Tale quantità, il “tasso di copertura”, sarà una libera decisione dell’emettitore. Niente lo obbligherà a mantenere una copertura del 100%. Valutando la probabilità che i suoi clienti chiedano al contempo la conversione, potrà prendere un rischio calcolato tenendo solo quella parte di attivi che gli pare necessari a far fronte ai casi ragionevolmente probabili. Un errore di stima da parte sua potrebbe portare al fallimento, poiché non esisterebbe alcun prestatore di ultima istanza. In rivincita, il rischio di un tale “bank run” sarebbe tanto più basso quanto meglio l’emettitore rispetterebbe il suo obbligo di mantenere costante il valore della sua moneta. Per far questo modificherebbe costantemente il volume di tale moneta in circolazione. Se osserva un deprezzamento del ducato, può sia acquistarne con altre monete, sia diminuire la sua offerta di ducati, sia eventualmente vendere dei beni del paniere di riferimento, se ne possiede. Succede evidentemente l’opposto se il ducato si apprezza, cosa cui l’emettitore non ha interesse perché dovrebbe scambiarlo contro più di quanto ha ricevuto per emetterlo.

Per conoscere il valore della propria moneta, la banca emettitrice dovrebbe sorvegliare i prezzi di un certo numero di beni, fra cui quelli che sono nel suo paniere di riferimento e i tassi di cambio del ducato contro le monete concorrenti. Si potrebbe pensare che questo non ponga più problemi rispetto al seguire il corso di un’azione, ma l’analogia è ingannevole e il problema pratico della messa in opera è più complesso. I prezzi dei beni si formano in modo permanente e decentralizzato, e uno stesso bene ha di solito in uno stesso momento prezzi diversi in posti diversi. Come si può allora definire e misurare “il” prezzo di un bene? Per delle ragioni pratiche, gli emettitori dovranno restringere il numero dei beni e i punti di osservazione, ma quale sarà allora l’affidabilità dei prezzi osservati? Hayek suggerisce che i beni più appropriati per servire da beni di riferimento sarebbero le materie prime e certi beni di consumo corrente, che sono scambiati e quotati regolarmente su un piccolo numero di mercati organizzati.

Una seconda difficoltà viene dalla variazione relativa dei prezzi dei diversi beni: certi salgono, altri scendono, soprattutto in un contesto di stabilità monetaria che è giustamente destinata a impedire qualsiasi generale aumento o abbassamento. Come stimare quindi una tendenza generale? Più genericamente, come definire “il” valore di una moneta in modo sufficientemente preciso per poterlo misurare?

Anche se serie, queste difficoltà non rappresentano assolutamente ragioni per rifiutare lo schema di Hayek. Anche se il mantenimento del valore di una moneta non sarà automatico e richiederà una certa dose di savoir-faire e di giudizio che attiene più all’arte che alla scienza e sarà un fattore di concorrenza fra gli emettitori e dunque fra le loro monete, il risultato globale sarebbe necessariamente migliore con una molteplicità di emettitori che rivalizzano per mantenere il potere di acquisto della moneta, piuttosto che con un monopolista, motivato a crearne quanta ne desidera per i propri bisogni.

La scelta del pubblico

Quale sarebbe il comportamento degli utilizzatori della moneta? Ricordiamo che, grazie ai servizi di cambio che non mancheranno di svilupparsi, la molteplicità delle monete non sarebbe un problema nella vita quotidiana. I commercianti accetteranno verosimilmente tutte le monete nella misura in cui possano cambiarle immediatamente al corso del momento in una moneta di loro scelta. Hayek farebbe oggi (giustamente) conto su internet per permettere di stabilire e diffondere istantaneamente i corsi dei cambi, così come le operazioni di cambio immediate in tempo reale. Per questa stessa ragione, le persone potranno scegliere di usare solo alcune o addirittura una sola moneta.

Ciò che determinerebbe la sorte di ciascuna moneta, e quindi la sorte del suo emettitore, sarebbe la decisione del pubblico di conservare questa moneta o di domandarne lo scambio con altre monete. Attraverso i commercianti e le banche, un’importante domanda di scambio risalirebbe necessariamente all’emettitore della moneta in questione e lo metterebbe di fronte all’obbligo di liquidare tutta o una parte dei suoi attivi per mantenere i propri impegni, nel momento in cui avrebbe difficoltà a mantenere tutta la sua moneta in circolazione. Se facesse default, la sua moneta non sarebbe più accettata e i sui utilizzatori residuali se ne sbarazzerebbero al più presto, ciò che significherebbe la sua scomparsa e il fallimento del suo emettitore.

Si deve notare che la semplice coesistenza di più monete è una protezione del pubblico contro la perdita di valore o la scomparsa di una di loro. Ai primi segni del deprezzamento di una moneta, gli utilizzatori potranno convertire i propri averi in una più sicura, fatto che accelererebbe certo il declino della moneta fragile ma eviterebbe loro la rovina. La posizione di ogni emettitore sarà dunque relativamente fragile; dovranno essere vigilanti e pronti a reagire ai primi segni di deprezzamento. Saranno aiutati in questo, pronostica Hayek, da una stampa vigile. Ma la molteplicità degli emettitori limiterebbe le conseguenze del fallimento di uno di loro, e il sistema sarebbe nel suo insieme robusto.

In queste condizioni, è probabile che diventeranno dominanti poche monete in vaste aree geografiche, e che quindi il numero di banche emettitrici sarà ristretto. Le restanti banche non avranno altra scelta che accettare depositi e consentire prestiti in queste monete dominanti, e privilegiando le migliori fra di loro. Ma le banche emettitrici dovranno annunciare chiaramente che non onoreranno i debiti contratti nella loro moneta da banche secondarie, che sarebbero quindi costrette a praticare un tasso di riserva vicino al 100%.

Hayek conclude che:

  1. una moneta di cui si pensa che conserverà un potere di acquisto più o meno costante, sarà oggetto di domanda permanente fintanto che le persone saranno libere di utilizzarla;
  2. se tale domanda dipende dall’effettivo mantenimento a un livello costante del valore di questa moneta, si potrà dare confidenza alle banche emettitrici di fare tutti gli sforzi necessari per giungervi meglio di un monopolista che non corre alcun rischio deprezzando la propria moneta;
  3. gli emettitori possono giungere a questo risultato regolando la quantità di moneta che emettono;
  4. un tale regolazione della quantità di ciascuna moneta è il migliore di tutti i metodi praticabili per regolare la quantità dei mezzi di scambio.

Questo sistema oltre a impedire inflazione e deflazione, permettendo però le variazioni individuali dei prezzi, priverebbe i governi della possibilità di creare mezzi di pagamento ex nihilo per il loro proprio uso, ed eliminerebbe di fatto le banche centrali, che sono utili solo se i governi impongono una moneta unica sul proprio territorio. Certo, esse esistono per ipotesi all’inizio dell’operazione, ma potranno sopravvivere solo decidendo di comportarsi come banche private.

Questo sistema renderebbe obsolete anche alcune nozioni care agli economisti, come quelle di massa monetaria o di zona monetaria, che hanno senso solo se si postula che esista una sola moneta sul territorio di uno Stato. Ogni moneta sarebbe utilizzata in una zona geografica privilegiata, e in ogni zona ci sarebbe verosimilmente un piccolo numero di monete privilegiate, ma queste zone si embricherebbero abbastanza e non coinciderebbero necessariamente con le frontiere nazionali.

Non si potrà neppure più parlare di un livello generale dei prezzi: “L’idea di separare un settore particolare della struttura internazionale dei prezzi e di aumentarlo o abbassarlo di colpo in un certo modo in rapporto a tutti gli altri prezzi degli stessi beni, mi pare ancora un’idea che non ha potuto essere concepita che in un cervello di persone che sono arrivate a pensare solo in termini di livello di prezzi nazionali (“macro”) e non di prezzi individuali (“micro”).”

Le critiche

La letteratura critica su questo sistema, quando non rifiuta in modo puro e semplice l’idea stessa di banca libera in base al principio indiscutibile che la moneta è e deve restare un privilegio regale, utilizza due approcci: confrontare i meriti dei diversi sistemi supposti stabili, o pronosticare l’evoluzione del sistema nelle condizioni proposte da Hayek.

Né l’uno né l’altro di tali approcci può logicamente giungere a conclusioni opposte ad Hayek. In effetti, in nuce, la sua proposta si riassume alle azioni iniziali per stabilire un quadro di evoluzione spontanea, e non fa alcuna ipotesi ex ante su quello che sarebbe un sistema “ottimale”. Ciò che propone, è il primo passo dell’evoluzione e non il risultato. Se esisterà un sistema preferibile a tutti gli altri, emergerà nel corso del processo proposto.

È evidente che ogni evoluzione non può partire altro che dalla situazione attuale. E nella logica di Hayek, le azioni iniziali non possono consistere altro che nella soppressione dei vincoli, e non nella messa in opera di nuove limitazioni. Il punto di partenza dell’evoluzione non può che riconoscere l’esistenza di diverse monete, e quindi essere un sistema di banconote concorrenti. Ma Hayek accetta a priori l’idea che tale situazione evolve in modo drastico, e anche che questo sistema sia soppiantato da un altro se questo è il risultato dell’evoluzione spontanea. Tutto il pensiero di Hayek esclude di poter domandare allo Stato di dare disposizioni coercitive per imporre il sistema di banche libere né qualsiasi altro sistema come il gold standard, come certi critici lo credono necessario e lo denunziano a torto come una contraddizione interna nella proposta di Hayek.

Le soluzioni alternative, per esempio la moneta-oro, l’obbligo di garantire le emissioni con una riserva del 100% o una moneta centrale unica comune a tutti gli emettitori, possono quindi essere esaminati come risultati potenziali dell’evoluzione del sistema di Hayek.

Un’obiezione talvolta formulata è che noi siamo già oggi liberi di investire e di tenere i nostri conti correnti in qualsiasi moneta. La proposta di Hayek sarebbe quindi senza oggetto, opinione molto minoritaria poiché la maggior parte dei critici pensano, al contrario, che sarebbe un insopportabile cambiamento. Ma anche se fosse vero che niente cambierebbe, sarebbe la prova che i vincoli legali erano inutili e che si avrebbe avuto ragione di sopprimerli. Un’obiezione più seria è che lo schema di Hayek riposa sul postulato che tutti gli emettitori si daranno l’obiettivo di mantenere costante il valore della propria moneta, e che il pubblico darà la propria preferenza alle monete il cui valore resta più stabile. In realtà niente impedisce agli emettitori di adottare altre strategie, tanto più che esiste una domanda di creditori per una moneta che si apprezza e una domanda inversa di debitori per una moneta che si deprezzi. La risposta di Hayek è che il confronto degli interessi, compresi quelli degli emettitori stessi, giungerà a un compromesso largamente maggioritario consistente nel preferire le monete di valore stabile. Ma si potrebbe estendere l’esperienza del pensiero immaginando che certi emettitori proporranno monete che “fondono” o, al contrario, monete che si apprezzeranno nel corso del tempo, domandandosi cosa ne succederà.

Certo, obiettano certuni, ma cosa succederebbe se tutti gli emettitori si mettessero d’accordo per emettere grandi quantità di moneta? Allora, in effetti, la concorrenza non funzionerebbe più e si ritornerebbe al monopolio. Ma questa ipotesi è verosimile? Poiché la moneta è un bene come un altro, è come se tutti i costruttori di automobili si mettessero d’accordo per produrre automobili di cattiva qualità. Se ne troverebbe necessariamente per lo meno uno che non rispetta questo patto e offre buone vetture. È a lui evidentemente che i consumatori daranno la preferenza, e gli altri dovranno imitarlo per sopravvivere. Lo stesso accadrebbe per la moneta.

Anche il tasso di copertura delle emissioni di moneta sarebbe determinato dalla concorrenza. Mancando un prestatore di ultima istanza, le banche che praticano un tasso troppo basso sarebbero eliminate, senza che i loro clienti ne soffrano gravemente se cambiano a tempo la propria moneta. Il tasso di copertura praticato spontaneamente dalle banche che sopravvivono sarebbe certamente più elevato di quello che è attualmente imposto dalle autorità statali, senza peraltro raggiungere necessariamente il 100% né risultare da un obbligo regolamentare. Allo stesso modo un emettitore potrebbe scegliere l’oro o un’altra materia prima rara come bene di riferimento della propria moneta. Ma a quali condizioni potrebbe essere credibile nel garantire la convertibilità? Questo ancoraggio conferirebbe a tale moneta un vantaggio concorrenziale determinante? Il suo emettitore potrebbe effettivamente mantenere le promesse? La concorrenza porterebbe alla scelta esclusiva dell’oro, o di un metallo ancora più raro? E quale sarebbe l’impatto della dematerializzazione e della possibilità della moneta elettronica?

Hayek formula un pronostico: “Resterebbero nel mondo libero più monete largamente utilizzate e molto simili. In vaste regioni una o due fra queste sarebbero dominanti, ma queste regioni non avrebbero confini né precisi né fissi, e l’uso delle monete dominanti in ognuna si sovrapporrebbe in zone frontaliere larghe e fluttuanti. La maggior parte di queste monete farebbe affidamento a un paniere di beni simili e fluttuerebbero molto poco le une in rapporto alle altre, probabilmente molto meno delle monete dei paesi oggi più stabili, ma un po’ di più delle monete che riposano su un gold standard.” Tale situazione assomiglia al modello della banca libera con una moneta centrale unica, se non che l’equivalente della moneta centrale è qui rappresentato da un piccolo numero di monete molto simili ma in concorrenza e non una sola moneta gestita da un attore monopolista. Hayek considera come poco probabile che queste monete si riducano, in fine, a una moneta-oro. Si può anche utilizzare lo stesso modello cambiando le modalità iniziali del porre in essere le condizioni di concorrenza. Chiedersi cosa sarebbe successo se, invece di fare una moneta unica, i governi europei avessero semplicemente autorizzato la libera circolazione in Europa delle monete esistenti, è poco di più di un esercizio ma molto interessante. Al contrario si possono esaminare scenari ancora possibili, per esempio la libera circolazione in parallelo con l’euro di altre monete nazionali esistenti (franco svizzero, sterlina, corona svedese, corona norvegese), o scenari di “uscita dall’euro” autorizzando la libera produzione di monete concorrenti senza peraltro eliminare l’euro. Altra variante: cosa succederebbe se le decisioni di apertura alla concorrenza fossero prese unilateralmente da uno o più paesi?

Non vi è ragione in tale sede per impegnarsi oltre su tali diversi spunti, se non  piuttosto di invitare il lettore a prolungare seriamente la riflessione sulla libertà monetaria al fine di non poterla più scartare con un semplice colpo di mano, e di contribuire così alla realizzazione della speranza di Hayek: “rendere politicamente possibile quello che è oggi politicamente impossibile”.

NOTE:

  1. Institute of Economic Affairs, testo disponibile on-line.
  2. The countries of the Common Market, preferably with the neutral countries of Europe (and possibly later the countries of North America) mutually bind themselves by formal treaty non to place any obstacles in the way of the free dealing throughout their territories in one another’s currencies (including gold coin) or of a similar free exercise of the banking business by any instutution legally esablished in any of their territories.”

Tutte le citazioni sono estratte dall’opera in questione, e tradotte dall’autore del presente articolo.

  1. I would announce the issue of non-interest bearing certificates or notes, and the readiness to open current cheque accounts, in terms of a unit with a distinct registered trade name such as “ducat”. The only legal obligation I would assume would be to reedem these notes and deposits on demand with, at the option of the holder, either 5 Swiss francs or 5 D-marks or 2 dollars per ducat.”.
TRADUZIONE DI GIOVANNI CELLA
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Showing 7 comments
  • Augusto

    Il problema è principalmente politico.

    Se si affermano poche monete “private” stabili, gli emittenti devono avere un enorme sottostante a garanzia e la concentrazione in mano a dei privati che non rispondono a nessuna autorità di un tale potere non è certo auspicabile. Già oggi i contrappesi sono insufficienti e vedete dove siamo.

    In secondo luogo, se lo stato non può creare moneta, come fa a spendere a deficit nei momenti di crisi o a riequilibrare la ricchezza tra le fasce sociali o tra i territori? Se si lascia fare al mercato le differenze si acuiscono e non diminuiscono, e questo è un male in sé.

  • Pedante

    “Valutando la probabilità che i suoi clienti chiedano al contempo la conversione, potrà prendere un rischio calcolato tenendo solo quella parte di attivi che gli pare necessari a far fronte ai casi ragionevolmente probabili.”

    Dal momento che non esiste una distribuzione della probabilità affidabile per una corsa agli sportelli, calcoli attuariali non sono possibili.

    • Massimo74

      Ma il problema sostanzialmente non si porrebbe in quanto in un regime di free-banking la riserva frazionaria sui depositi a vista non ci sarebbe o comunque sarebbe molto limitata rispetto ad oggi (attualmente se non ricordo male l’obbligo di riserva obbligatoria è fissato al 2%) visto che il mercato scarterebbe le monete inflazionate,favorendo invece quelle che mantengono il loro potere di acquisto.In questo scenario è chiaro che il bank-run con il rischio di insolvenza da parte del sistema bancario è un ipotesi che appare assai remota.

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