“La norma sulla sospensione della quota capitale dei mutui sancisce un diritto da parte del debitore e non è una concessione dell’Abi. Nella bozza dell’Abi sono presenti condizioni riduttive della norma come il termine della moratoria, ridotta a 12 mesi invece di 36, e i beneficiari, limitati solo a imprese e cittadini in difficoltà mentre la norma è valida per chiunque ne faccia richiesta. L’Abi non ha compreso che la portata del provvedimento non è assistenziale ma propulsiva per due motivi: evita il fallimento delle imprese in difficoltà e mette a disposizione più liquidità per famiglie e aziende”. (F. Cariello)
Le banche, si sa, non godono di grande consenso presso l’opinione pubblica, e per politici di vario orientamento questo è spesso un incentivo a lanciare invettive contro di esse. Non che non vi siano motivi per criticare le banche. Anzi. Credo, però, che spesso lo si faccia per i motivi sbagliati.
Per esempio trovo allucinanti le dichiarazioni, che ho riportato, di Francesco Cariello, deputato del M5S e membro della commissione Bilancio.
Da quando è iniziata la crisi le banche, individualmente o tramite accordi con altre categorie mediante l’Abi, hanno concesso diverse moratorie sui debiti in essere. Non perché siano enti di beneficenza o tengano particolarmente al territorio (come pure amano ripetere i vertici delle banche, dalle piccole BCC fino alle più grandi banche quotate), quanto, piuttosto, perché concedere moratorie e rinegoziazioni del debito consente loro di rimandare l’emersione di perdite su crediti, per le quali il trattamento fiscale è penalizzante, essendo deducibili non per intero quando realizzate, ma in 5 anni.
Ciò detto, quando lo Stato interviene per istituire “diritti” a favore di chi è indebitato, sembra compia un’opera di bene, ma c’è sempre chi paga il conto di questa “bontà”. Se fornisce una contropartita alle banche a fronte del “diritto” dei debitori a ottenere una moratoria, i pagatori di tasse che non hanno debiti sono coloro che sopportano i rischi e gli oneri dell’operazione. Se, viceversa, alle banche non viene concessa alcuna contropartita, sono in primo luogo gli azionisti delle banche stesse a farsi carico degli oneri derivanti dall’opera di bene voluta dallo Stato.
Discutibili anche le considerazioni di Cariello in merito alla “portata del provvedimento”, che a suo dire l’Abi non avrebbe compreso non essere “assistenziale ma propulsiva”. Infatti, evitare l’insolvenza di individui e imprese in difficoltà non è affatto detto che sia “propulsivo” per l’economia. Potrebbe essere vero il contrario, perché non sempre si tratta di difficoltà temporanee. Ciò finisce quanto meno per allungare i tempi della ripresa, perché togliere o limitare il fallimento dalla disciplina del mercato equivale a contrastare la riallocazione di risorse necessaria nelle fasi recessive dell’economia.
Soprattutto, però, la decisione di concedere o meno una moratoria dovrebbe essere frutto di valutazioni effettuate dai creditori in autonomia e nell’ambito dei rapporti contrattuali con i debitori, non una imposizione da parte di uno Stato sempre pronto a inventarsi “diritti” per qualcuno a spese di altri.
Prima lo stato finisce, meglio é…
leggi come questa dell’articolo stuprano anche le più banali leggi del buon senso come ‘chi rompe paga’.
ormai si premia il delinquente e l’incompetente considerandoli manna dal cielo come il ragazzino di Smith che rompeva i vetri col pallone.
Il consenso, unico fondamento delle demokrazie occidentali, si ottiene così : promettendo diritti, vantaggi, opportunità e altre illusioni da luna park, nascondendo i letali effetti di queste azioni criminali e lasciando ignorare che ad ogni cosidetta gratuità per qualcuno, corrisponde almeno per qualcun’altro a un’ennesima estorsione del risparmio e della proprietà privata.
magari neanche lo nascondono, è che fanno leva sull’invidia verso chi emerge con le proprie capacità dicendo agli altri che a pagare sarà il ricco che lo è non per merito proprio e quindi è giusto che sia punito, redistribuendo l’esproprio a chi meriterebbe ma non ha suo malgrado.