In Anti & Politica, Economia

Tassedi FABIO BERTAZZOLI*

Io capisco perfettamente che in un momento di forte crisi economica e finanziaria, si possa pensare di ricorrere alle imposte patrimoniali, cosi come messo in pratica prima con l’ICI e poi con l’IMU. Lo capisco ma non lo approvo.

Così come non condivido l’idea che il problema sia esclusivamente quello di abbassare l’ammontare complessivo della tassazione mentre sarebbe irrilevante la composizione dei tributi esatti dallo Stato.

Non mi convince chi dice che l’importante è pagare poche tasse e che non importa poi come queste vengano suddivise.

Infatti quello che mi preoccupa maggiormente è la rottura del principio secondo cui un individuo, dopo aver pagato tutti i balzelli (da noi oltre a tutto già eccessivi) non è poi libero di godersi tranquillamente i risparmi legittimamente accumulati, cioè non può godersi il patrimonio che si è costruito con il tempo e con i sacrifici (magari di generazioni di lavoratori), perché su questo verranno effettuati altri prelievi ancora da quantificarsi.

Ricordiamoci bene una cosa: le imposte che colpiscono i patrimoni per definizione sono tributi che vengono applicati ex post, a meno che non vengano limitate a patrimoni di nuova formazione: il che è ovviamente irrealizzabile.

Trattasi, in altre parole, di imposte con effetto retroattivo: ho un capitale (o un immobile) legittimamente acquistato od ereditato, e su cui ho già pagato fior di tasse ed imposte, ed in seguito lo Stato mi viene a dire che non ho pagato abbastanza e che adesso devo pagare ancora.

A questo punto delle due l’una: o io ho un reddito sufficiente a pagare anche questa imposta patrimoniale (e così in realtà mi hanno alzato le imposte sui redditi) oppure non ce l’ho e quindi sono costretto a cedere allo Stato una parte del mio patrimonio o, in caso di immobili, ad alienarli per poter pagare le imposte.

In assenza di un reddito al quale attingere per pagare le tasse sui patrimoni è solo una questione di tempo perché il patrimonio sia espropriato dallo Stato: 10 anni per un’importa del 10%, 20 anni per un’importa del 5% e così via.

Inoltre la promessa secondo cui tali prelievi sarebbero bassi è priva di pregio.

Bassi potrebbero magari essere oggi, ma domani?

E se la crisi dovesse peggiorare?

Perché in quel caso non introdurre un’altra patrimoniale, un tantino più pesante?

Non molto, intendiamoci … solo quel che basta.

E se poi ci fosse un altro terremoto, magari devastante?

Non pensate che sarebbe giusto togliere a chi più ha, per dare a chi più ha bisogno?

Io non lo penso.

Credo che non sia espropriando il patrimonio di chi l’ha legittimamente creato, con il sacrificio ed il lavoro di anni, che si possano risolvere i problemi della povertà del mondo.

Sostenere la legittimità di imposte che colpiscono il patrimonio significa metterci nelle mani di chi ci governerà in futuro, magari Nichi Vendola.

Una volta scardinato il principio secondo cui la proprietà privata (perché è di questo che stiamo parlando) è liberamente aggredibile da parte dello Stato con le imposte, il primo piccolo ma decisivo passo verso la statalizzazione dei patrimoni privati è compiuto.

E si badi che la difesa della proprietà privata non è fatta a vantaggio di chi ha già un patrimonio, perché costoro faranno molto in fretta a far sparire i grandi patrimoni mobiliari portandoli all’estero, così come è stato fatto con le imbarcazioni colpite dall’assurda quanto stupida tassa sul lusso.

No, la difesa del diritto di proprietà è fatto proprio per tutti coloro che ancora non hanno un patrimonio ma che, con il merito ed il sudore, hanno l’intenzione e la voglia di crearselo, finendo così per incrementare il prodotto interno del paese: persone che ben si guarderebbero dal darsi da fare se sapessero che i proventi della propria fatica possono venire espropriati da un momento all’altro dallo Stato, tutte le volte che qualcuno in alto ritiene che ce ne sia bisogno.

Da aggiungersi vi è che le imposte sui patrimoni hanno sempre due caratteristiche:

1) Sono illiberali;

2) Sono recessive.

Vediamo perché.

tasse1) Sono illiberali perché con esse lo Stato si ingerisce illegittimamente nelle scelte degli individui, limitando la libertà di ognuno di fare quello che ritiene meglio con i suoi risparmi. Se una persona incassa 100 e paga già 55/60 (o anche di più in certi casi) di imposte, tasse e balzelli vari, con quello che gli rimane, diciamo 45 per semplicità, DEVE POTER FARE QUELLO CHE GLI PARE! Ha già dato. Ha già pagato più del 50% del suo reddito.  Invece no. Se li consuma, tutto bene. Se invece desidera risparmiare, creandosi così poco alla volta un “patrimonio”, allora non va più bene e lo Stato pretende un altro pizzo. Sei stato bravo? Hai risparmiato? Ti sei comprato la casa al mare? Paga di nuovo, bastardo capitalista!! In questo modo lo Stato limita la libertà individuale di scegliere liberamente dove allocare i propri risparmi. In altri termini, usa la leva fiscale per farmi fare quello che vuole lui, cioè decide che con i miei soldi posso fare un uso secondo lui socialmente utile (ad es. comprare il quinto nuovo televisore) che non viene tassato, oppure un uso egoistico ed individuale, che viene quindi scoraggiato mediante la tassazione. Un vero attacco alla libertà individuale.

2) Sono recessive perché uccidono la propensione al risparmio. Questo significa che le persone sono stimolate non certo a lavorare o produrre di più del necessario ma sono indotte a lavorare o produrre lo stretto necessario da adibire ai consumi. Produrre o lavorare di più, significa farsi tassare ancora di più (già abbiamo la sciagura della progressività dell’imposta, che fa diminuire l’utilità marginale). E quindi lavoreremo/produrremo di meno. Moltiplicato per il numero delle persone coinvolte, significa un decremento generalizzato della produzione e quindi anche della tassazione sul reddito. In altre parole, una vera e propria sciocchezza.

Non ha poi pregio l’obiezione secondo cui, in fondo, un immobile gode di molti servizi pubblici (come ad esempio le opere stradali, le fognature, lo smaltimento dei rifiuti ecc. ecc.) ed è quindi giusto che l’immobile debba in qualche modo contribuire a tali spese, soprattutto se modeste.

L’obiezione non è pertinente, perché confonde concetti differenti cioè tasse ed imposte. Nessuno mette in dubbio che possano e debbano essere pagate delle tasse per alcuni servizi: la tassa passo carraio, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, la tassa di occupazione di suolo pubblico ecc. ecc.

Si tratta di “tasse”, vale a dire di corrispettivi per dei servizi pubblici divisibili. Viceversa le imposte servono per le spese generali dello Stato e non comportano alcun servizio individuale immediato.

Ancora minor pregio ha poi l’obiezione secondo cui un’abitazione godrebbe della vicinanza di strade, scuole, mezzi pubblici, fognature e così via e quindi sarebbe giusto che pagasse in funzione dell’incremento di valore che otterrebbe dalla vicinanza a tali servizi pubblici. Non ha pregio perché dimentica completamente l’esistenza degli “oneri di urbainizzazione”: ogni volta che si costruisce (o si ristruttura) un immobile si pagano già fior di quattrini proprio in funzione di tali vantaggi.

Inoltre l’obiezione è particolarmente errata e fuorviante perché attribuire tale funzione all’IMU significa dimenticare (o non conoscere) come questa imposta viene calcolata, vale a dire sulla base delle rendite catastali. E poiché la rendita catastale è completamente slegata dai presunti vantaggi legati ad ipotetici servizi pubblici (un immobile lontano da mezzi o scuole può ben avere una rendita catastale uguale o superiore a quella di un immobile particolarmente “fortunato” nell’ubicazione), si vede bene come l’obiezione sia basata sul nulla.

In sintesi: quando si parla di patrimoniale, come l’IMU, si intende necessariamente un’imposta ed è questa che personalmente considero una rapina di Stato.

Last but not least, troppo spesso si contrappongono le cd “tasse sugli immobili” alle imposte (Irap in primis, ma anche cuneo fiscale sul lavoro) che stanno uccidendo le nostre imprese, senza minimamente ricordarsi che la maggior parte del gettito IMU non proviene affatto dalla prima casa ma arriva proprio dalla tassazione degli immobili produttivi (capannoni, negozi, alberghi ecc. ecc.). E se per un cittadino pagare qualche decina (o, in casi sfortunati, qualche centinaio) di euro può essere un dramma, per una impresa – già in ginocchio per la crisi – essere costretta a pagare in assenza di reddito migliaia di euro solo perché si è proprietari dei muri dove si produce è una tragedia o, meglio, è un vero e proprio crimine contro la libera iniziativa economica, ancora prima che contro la proprietà privata.

Dato tutto questo come premessa, mi rendo conto che IN QUESTO MOMENTO STORICO ED IN QUESTA CONGIUNTURA non sia possibile abolire completamente e contemporaneamente IRAP ed IMU, nonché abbassare le aliquote Irpef (ecc. ecc.).

Posso quindi accettare che con i primi decisi TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA, VENGA IN PRIMO LUOGO TOLTA L’IRAP.

Ma lo posso accettare solo alla condizione che il secondo passo irrinunciabile sia di eliminare ANCHE e definitivamente ogni attentato alla proprietà privata ed alla libertà individuale, quali sono TUTTE le imposte sul patrimonio, mobiliare o immobiliare.

Da ultimo, non mi stupisce affatto che le patrimoniali siano ambite e volute dai vetero comunisti, ma mi lascia perplesso che ci siano delle persone che si definiscono vagamente liberali o liberiste che possano in buon fede sostenerne la correttezza teorica.

*Coordinatore Tea Party Lombardia

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  • Alessandro Colla

    @Bobcar: Sì, ma che vuol dire? Che in alternativa bisogna massacrare fiscalmente chi riesce a procurarsi un alloggio con le proprie forze senza pretendere che gli venga assegnata un’abitazione popolare? Certo che la casa è sacra, sfido chiunque a non considerarlo un bene di prima necessità. Voglio vedere come investe in ricerca o in impianti produttivi un barbone per strada. Poi, nella sfera delle preferenze, ci sarà anche chi dà più importanza ad altro. Ma chi crede che l’imposta sia comunque una rapina è contrario sia alle tasse sulla casa che a quelle sul lavoro. Quello che non pago in tasse sulla casa, probabilmente è proprio nell’istruzione per i figli che lo investo. Dove studiano i miei figli se non hanno una casa?
    L’abitazione è un consumo e non un impianto produttivo? E allora anche il libro che compro per istruirmi lo è. Per coerenza sono contrario alle imposte sul consumo e sul valore aggiunto (in realtà sono contro tutte le imposte se non come sinonimo di persiane). Comunque anche gli impianti produttivi necessitano di luoghi dove essere collocati. Quindi anche questi luoghi rientrano nella categoria del mattone e sono tassatissimi, anche se hanno subito danni sismici. La ricetta per la crescita e la prosperità consiste nel rispettare chi dà un valore sacrale alle proprie scelte. Non indirizzare dall’alto della legislazione forzata le propensioni ai consumi e agli investimenti. L’imprenditore intelligente se ne accorge da solo che per produrre in più e meglio occorrono istruzione, aggiornamento e ricerca. Se non se ne accorge guadagna di meno o fallisce. Quanto al “continuiamo a comprare case”, non mi sembra che si stia tanto continuando visti i prezzi artificialmente alti e le scarse disponibilità dei consumatori.

  • Bobcar

    Certo, massacriamo di tasse chi lavora, chi produce, chi fa ricerca, chi investe, ma la casa no, è sacra per carità, continuiamo a comprare case, non investiamo i nostri risparmi in impianti produttivi, in istruzione per i nostri figli, in ricerca scientifica, ma no, tutto nel mattone, sempre di più… proprio la ricetta per la crescita e prosperità

  • eridanio

    anch’io concordo con spago, lodando comunque l’articolo, la moderazione è eccessiva. La prudenza non serve la verità tragica dei fatti. In ogni modo è stata dimostrata l’impossibilità dello statalismo (socialismo) e quindi dell’impossibilità di governare dall’alto i processi della cooperazione umana per carenza di onnipotenza ed onniscienza del manovratore. Allo stesso modo è impossibile pretendere di raccontare con esaustività tutte le manifestazioni possibili della criminalità del tassatore.
    Basta la prima effettiva ed efficace ragione logico deduttiva. (ceteris tolle!)

  • spago

    Articolo giusto, ma fin troppo moderato! In Italia si paga l’ombra proiettata sulla strada, l’insegna (i vari tipi di insegne), la pedana per chi ha difficoltà a deambulare sul marciapiede.. e poi l’entrata del negozio deve essere adatta per una carrozzella, anche quando il marciapiede di fronte fa così schifo da essere impercorribile alla stessa carrozzella.. siamo un paese di merda e tutto ciò che chiede lo stato italiano è un furto!

  • Evaristo

    Ovvio che chi vuole la patrimoniale non possa essere che uno stupido
    spiantato o un ideologo sinistroide, le quali cose spesso coincidono.
    Concordo quindi su tutto l’articolo, ma francamente la tassa sul passo carraio mi pare estorsione pura e fa il paio con quella sull’insegna.
    Qualche mentecatto propose pure una tassa sul balcone,
    Poi l’hanno sospesa.
    Che sfiga.

  • Alessandro Colla

    Quando mi si toglie qualcosa su un valore peraltro non oggettivo di un immobile, il maltolto non è legato ai servizi presunti dei quali andrei ad avvantaggiarmi. Se intorno casa ho un giardino e pago il giardiniere, ho un vantaggio panoramico ma non perdo qualcosa nel valore della proprietà. Se non pago il giardiniere ho difficoltà a entrare in casa per l’erba alta ma compio una libera scelta tra impiegare più tempo ad entrare o a rinunciare a un acquisto diverso dal servizio botanico. Se opto per il giardiniere, addirittura la casa si valorizza agli occhi di un eventuale acquirente. Quello che mi viene tolto con le patrimoniali non incide minimamente sulla bellezza del giardino e neanche su quella di un parco a fruizione collettiva. Infatti le patrimoniali hanno lo scopo di limitare il deficit pubblico e non quello di migliorare l’arredo urbano. Per quest’ultimo, infatti, si inventano balzelli nazionali e locali di altro ordine, con risultati deprimenti per il decoro paesistico. Le aziende private in concorrenza non solo costerebbero meno (specialmente se non fossero a loro volta tassate e obbligate ad applicare l’imposta sul valore aggiunto) ma nel caso dei rifiuti si potrebbe verificare la situazione di chi li smaltisce gratis o addirittura li compra per creare fonti energetiche. Ovviamente se il comparto dell’energia fosse autenticamente liberalizzato e svincolato dalla pressione fiscale. E’ la più grande preoccupazione dei verdi: dover riconoscere che il mercato funziona meglio della mano pubblica anche nelle tematiche ambientali.

  • Albert Nextein

    Ben scritto.
    Quanto ai “servizi indivisibili” , rifiuti, spazio pubblico, etc, io la vedo diversamente.
    I comuni non se ne devono occupare di rifiuti, e son sicuro che aziende private in concorrenza costerebbero meno, senza scandali.
    Non devono esistere aziende comunali , e basta.
    Quanto allo “spazio pubblico” le tasse inerenti andrebbero eliminate, e voce in capitolo, quanto a permessi e loro durata, potrebbe averla solo chi regola la viabilità ed il traffico.
    Gratis.

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