In Ambientalismo, Anti & Politica, Economia

jDI GIOVANNI BIRINDELLI

“Il piano del governo per l’emergenza smog: limiti a riscaldamento e velocità delle auto”. A vietare, così come a tassare, è capace qualunque imbecille.

L’imbecille è capace di vedere la causa diretta del problema: l’automobile che emette gas di scarico. Non è capace di vederne la causa primaria: l’assenza di diritti di proprietà, in questo caso nelle strade e nell’aria. Se questi diritti di proprietà fossero introdotti e difesi, l’inquinamento al di fuori dei rispettivi diritti di proprietà sarebbe una violazione degli stessi, allo stesso modo in cui costituisce una violazione dei diritti di proprietà del vicino il bruciare uno pneumatico quando il fumo prodotto dalla combustione lo danneggia. Difendere i diritti di proprietà (la libertà) ha due svantaggi:

1) non è sempre facile a farsi e soprattutto
2) richiede coraggio perché le masse, non essendo in grado di concepire un ordine spontaneo, non sono in grado di capire perché e come la difesa della libertà (che per ragioni etiche dovrebbe avvenire indipendentemente dalle sue conseguenze) migliora nel tempo i problemi (in questo caso l’inquinamento; in altri casi, per esempio, la povertà).

Al contrario, vietare e tassare (lo statalismo), sebbene sia la causa dei problemi che chi lo fa vorrebbe risolvere, ha due vantaggi:

1) è molto semplice a farsi e soprattutto
2) per gli stessi motivi di cui sopra è molto facile spiegarne le ragioni alle masse, quindi, in una ‘democrazia’ totalitaria, è la misura ideale

Lo statalismo produce deresponsabilizzazione (cioè responsabilizzazione dello stato); la deresponsabilizzazione produce inquinamento (oltre che povertà diffusa). Pensare che sia possibile risolvere i problemi prodotti dalla deresposabilizzazione statalista con sempre maggiori dosi della stessa è una cosa che possono fare solo gli statalisti (p. es. i socialdemocratici), cioè gli imbecilli.

PS. Nel caso di eventuali obiezioni (p. es. relative ai cosiddetti ‘beni pubblici’), suggerisco di leggere “Proprietari di sé e della natura” di Novello Papafava (Liberilibri) e “Privatizziamo il chiaro di luna” di Carlo Lottieri e Guglielmo Piombini (Leonardo Facco Editore). Io non risponderò a eventuali obiezioni che non facciano riferimento anche a questi testi, che ritengo essere fra i migliori e più completi sul tema (p. es. segnalando quello si dovesse ritenere essere un eventuale difetto nella loro argomentazione oppure il fatto che non includano una risposta all’eventuale obiezione).

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  • Alessandro Colla

    La soluzione statalista stabilisce legislativamente che cosa inquina e che cosa no. Multa a prescindere dal come, quanto, quando, se, chi e dove. Se le cene dei miei vicini non mi infastidiscono, malgrado il fumo giunga nella mia proprietà, io non vado a lamentarmi per obbligo di legge. Se con il vicino abbiamo concordato che fumi, fasci luminosi, rumori o altro non debbano attraversare le rispettive proprietà, abbiamo sottoscritto un contratto. E i contratti si rispettano. Oppure si è sanzionati per violazione dell’accordo contrattuale. Lo stato si è accorto che l’ILVA inquinava solo dopo che dalle sue mani è passata in mani private. E’ la logica conferma di come l’economia sia la vera scienza dell’ambiente, non l’ecologia. Sarà un gran passo avanti quando gli ecologisti saranno considerati alla stregua degli alchimisti. In fondo, oggi, la scienza che studia i fenomeni celesti è l’astronomia. Non certo l’astrologia, figlia delle mai sopite superstizioni.

  • Antonio Abate

    La vera ecologia (gestione e ottimizzazione delle risorse scarse e miglioramento della qualità della vita) è l’economia di mercato. Non si capisce che bisogno ci sia dell’ecologia quando c’è già l’economia ad affrontare e risolvere gli stessi problemi. L’ecologia altro non è se non la grottesca controfigura dell’economia. L’ecologia sta all’economia come Frankenstein sta all’uomo. Il problema è quello dell’aria. Forse non sono informato a sufficienza, ma mentre le soluzioni dell’ “ecologia” di mercato per quanto riguarda le foreste e le acque sono convincenti, razionalmente e fattualmente fondate, altrettanto non può dirsi della gestione dell’aria.
    Perchè se come dice Rothbard basterebbe far rispettare i diritti di proprietà per quanto riguarda l’aria, non si capisce in cosa differisca la soluzione libertaria da quella statalista. All’atto pratico si tradurrebbe in una tassazione sulle emissioni di CO2. In pratica multare metter sotto processo e chiudere l’ILVA cosa che lo Stato è ben felice di fare con gran danno economico. Qualcuno potrebbe chiarirmi le idee su questo punto? In che cosa differisce la soluzione libertaria da quella statalista in merito all’inquinamento dell’aria? Ringrazio in anticipio chiunque avrà la cortesia di sciogliere questa mia perplessità.

  • Alessandro Colla

    I due libri hanno un “difetto”. Sono chiari nell’esposizione e scientifici nel contenuto. Per questo non verranno mai letti dai deliranti amministratori pubblici. Loro preferiscono le astrusità marcusiane. Il professor Zichichi, ribadendo che l’inquinamento ha un impatto molto debole sui cambiamenti climatici, si dichiara ottimista per il futuro. Non condivido l’ottimismo dell’illustre fisico. Le masse stanno continuando a credere il contrario.

  • Albert Nextein

    Il libro di Papafava è il primo libro libertario che ho acquistato.
    Ne acquistai due copie, perché una la volevo regalare al responsabile del verde del mio comune , il quale ha imposto una destinazione su un mio terreno che definirei punitiva ed anacronistica.
    L’inscalfibile ottusità ideologica del soggetto mi ha fatto desistere dal regalo.
    Non avrebbe potuto capire.

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