In Anti & Politica, Economia

jkj14DI RIECHO ECONOMIA E LIBERTA’

«Nemico del potere in sé, il libertario si preoccupa anche del potere economico. Non si azzarda mai a sostenere che il capitalismo sia buono o cattivo. Se interrogato in merito, risponde: dipende. C’è un capitalismo talvolta buono, un capitalismo così così, un capitalismo cattivo o pessimo. Anzi, poiché il libertario è individualista, egli bada alle persone in cui il capitalismo si incarna. C’è il capitalista talvolta buono, quello così così, quello cattivo o pessimo (ladro, truffatore, farabutto, eccetera). Ma l’esperienza storica insegna: il potere economico è tanto più pericoloso quanto più si allea ed è connivente col potere politico o, peggio che mai, col potere militare.

Di qui l’avversione del libertario per il socialismo e il comunismo, in cui i due poteri, l’economico e il politico-militare, si integrano al massimo, si sommano e fatalmente diventano liberticidi. L’anarco-individualista non è asociale per principio. La contrapposizione individuo-società è stupida. Ogni società è formata da individui, che decidono liberamente di collaborare fra loro con vantaggio di tutti. La società è al servizio dell’individuo, non viceversa. Dello stato si può fare a meno (o si può ridurlo al minimo), della società, no, salvo che si rinunci agli enormi vantaggi della divisione del lavoro, così bene illustrati da Adam Smith. Hayek ha completato Smith osservando: “Siccome ogni individuo sa poco, e in particolare raramente sa chi di noi sa fare meglio, ci affidiamo agli sforzi indipendenti e concorrenti dei molti, per propiziare la nascita di quel che desidereremo quando lo vedremo”. Dunque, il libertario ha fiducia nella società libera. Il socialista non ha fiducia nella società, ritiene che essa vada guidata dal di fuori, da un pianificatore, una “esperta” autorità, un controllore al di sopra dei controllati.

Così si avvia il circolo vizioso: chi controlla i controllori, e i controllori dei controllori… Dal circolo vizioso si esce solamente se si ammette il diritto della società di autogovernarsi. Ciò implica la tolleranza e il rispetto reciproco. Implica inoltre il diritto di secessione, come soluzione estrema per conflitti interni altrimenti insanabili. Implica il decentramento di tutto, e un estremo decentramento fiscale. Il libertario vuole il fisco in mano ai contribuenti, dopo aver ridotto la pressione fiscale al minimo (la prima condizione esige la seconda, e viceversa). È contro il non-profit ingannatore: attività in teoria senza fine di lucro, in pratica basate sul potere di costringere gli altri a cedere una parte del loro lucro legittimo. La beneficenza obbligatoria è “maleficenza”.

Il libertario sceglie la sua patria e non vi nasce casualmente. Scegliere una patria vuol dire però accettarne le regole volontariamente adottate dai cittadini. Reciprocamente, i cittadini aprono le porte di casa, fino ai limiti della capienza, a chi si impegna a rispettare quelle regole, che sono in essenza regola di tolleranza. E sia chiaro: le regole di tolleranza non valgono verso gli intolleranti.»

Questo era il gigante del pensiero Sergio Ricossa scomparso due giorni fa alla veneranda età di 88 anni. Insieme a Bruno Leoni, il più grande rappresentante del pensiero libero in una landa poco propizia alle persone amanti della libertà.

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