In Anti & Politica, Economia, Libertarismo, Varie

lafranchi2DI GABRIELE LAFRANCHI*

Gentili signore, egregi signori,
E’ un grande piacere per me intervenire a questa edizione di Interlibertarians. Il tema del mio intervento ruota attorno ad una possibile strategia istituzionale di limitazione del potere dello Stato e ad una possibile idea concreta per cercare di andare in questa direzione.
La prima questione che ci dobbiamo porre è la seguente: è possibile utilizzare il sistema politico in vigore, o le sue scappatoie legali, per cercare di modificare la realtà delle cose? Oppure è semplicemente tempo perso? Se ci guardiamo attorno dobbiamo riconoscere che non abbiamo molte ragioni per essere ottimisti. Se pensiamo agli ultimi 25 anni abbiamo sotto gli occhio alcuni esempi da manuale. Pensiamo ad esempio:

-ai referendum approvati dal popolo italiano e mai realizzati;
-alle votazioni su progetti europei dove il popolo viene invitato a votare ripetutamente finché non vota correttamente;
-al no dei francesi alla costituzione europea che Sakozy ha poi fatto passare sotto altro nome;
e da ultimo pensiamo all’ormai storico voto sul Brexit, sul rispetto del cui esito sono apparse alcune nubi assai inquietanti.

E’ evidente che le potenziali riforme faticano ad essere accettate dalla classe politica. In questo marasma, la Svizzera, con tutti i suoi difetti, offre maggiori opportunità. Non solo infatti disponiamo qui del diritto di referendum, la possibilità di chiedere una votazione popolare su una legge, ma, e soprattutto, la popolazione dispone del diritto di iniziativa. 100’000 persone possono chiedere una votazione su una modifica costituzionale. La cosa interessante è che il governo e il parlamento possono anche non essere d’accordo, ma di fatto non possono bloccare la votazione popolare. La base può quindi imporre un tema all’ordine del giorno. La Svizzera è di gran lunga il paese che permette agli individui di meglio organizzarsi per perturbare il quieto vivere della classe politica. Non è cosa da poco. La Svizzera offre delle opportunità che vanno ben al di là di quelle disponibili altrove. Sono sufficienti?
Difficile a dirsi, ma quel che sappiamo è che utilizzare il canale dell’iniziativa popolare consente di:

1) proporre modifiche più o meno radicali del sistema;
2) e anche in caso di sconfitta, godere di visibilità mediatica e quindi diffondere determinate idee e accrescere il seguito popolare.

Detto questo, in che direzione potrebbe andare un’iniziativa popolare con radici libertarie?
Credo innanzitutto che si debba avere ben in chiaro quali sono i valori principali che vogliamo difendere. Se osserviamo la realtà del nostro mondo ci rendiamo conto che ci sono oggi sostanzialmente quattro forme di interazione tra gli individui. Due di queste sono forme di interazione forzata.
La più evidente di queste è naturalmente il furto. Il ladro che vi entra in casa e parte con i gioielli di famiglia. In sostanza si impossessa di beni altrui senza il consenso del proprietario. Ha perlomeno l’onestà intellettuale di farlo senza pretendere di agire per il bene della sua vittima. Agisce mascherato, colpisce e fugge. Sul fatto di considerare il furto come un atto che distrugge il convivere civile, credo ci sia un consenso generalizzato.
La seconda forma di interazione forzata non dovrebbe sorprendere la maggior parte delle persone presenti in questa sala. Stiamo naturalmente parlando della collaborazione imposta da quel clan di uomini e donne che si sono riuniti in quell’organizzazione chiamata Stato.
E’ ben noto a noi tutti che nessuno ha firmato un contratto di collaborazione con queste persone e che queste persone agiscono in modo arbitrario modificando a proprio piacimento ciò che legale e non legale.

Fermiamoci un attimo su questa organizzazione perché sarà poi al centro nel nostro progetto di iniziativa popolare: Lo Stato. Frédéric Bastiat diceva che “la Legge è l’organizzazione collettiva del diritto individuale alla legittima difesa”. E’ evidente che oggi siamo lontanissimi da questa definizione, tanto che il furto è diventato legittimo se gli uomini dello Stato lo decretano. Le imposte, è ben noto, sono imposte, e come diceva ancora Bastiat: “La Legge è stata convertita in strumento di spoliazione”. Permettetemi di aggiungere: è anche uno strumento di distribuzione di favori a gruppi specifici, di protezioni legali a questo o a quel gruppo industriale o settore economico e potrei continuare ancora. Ricordiamoci sempre quel che, sempre Bastiat, diceva dello Stato: “Lo Stato è quella grande finzione attraverso la quale tutti cercano di vivere alle spalle degli altri”. Come esempio di armonia siamo assai lontani. Così “en passant”, vale la pena di ricordare pure che lo Stato è l’organizzazione criminale in grado di fare facilmente milioni di morti. E non illudiamoci: non è la democrazia che permette di migliorare la situazione. La democrazia è un sistema primitivo di relazione tra gli uomini. La maggioranza decide e la minoranze restano con le mosche in mano.

Per nostra fortuna ci sono anche due forme di interazione civili tra gli individui.
Lo scambio volontario remunerato, il libero scambio tra gli individui che producono e scambiano liberamente i frutti del loro lavoro. Questa forma di interazione umana consente la collaborazione tra tutte le persone di questo pianeta. Con un enorme vantaggio: nessuno deve condividere le idee e i valori del suo interlocutore e soprattutto tutti hanno un diritto di veto su tutto. Scambiare liberamente con il prossimo significa anche rifiutare lo scambio. Avere il diritto dire no. In un mondo retto sul libero scambio tra gli individui la violenza è bandita.

La seconda forma di interazione civile è ovviamente quella del dono, dello scambio non remunerato. Esso si esercita liberamente in famiglia, con gli amici, ecc..
Se osserviamo da vicino queste quattro categorie, ci rendiamo conto che la differenza sostanziale è una. L’atto della donazione e il libero scambio presuppongo il rispetto della proprietà privata. Il furto e l’azione degli uomini dello Stato si basano invece sostanzialmente sulla violazione della proprietà privata.
Non è una differenza da poco e lo sappiamo. Murray Rothbard, uno degli autori di riferimento dei libertari, è stato molto chiaro in proposito: “Ogni individuo, da solo o in associazione con altri individui, può agire come vuole se, così facendo, non aggredisce la proprietà privata altrui”.
Nel suo splendido libro, “Liberalisme”, Pascal Salin, il professore libertario francese per il quale ho una profonda ammirazione, scrive pagine assolutamente splendide sulla relazione tra la proprietà, la libertà e la responsabilità. Dice Salin: “Libertà, proprietà e responsabilità” sono i pilastri sui quali si fonda il liberalismo. Questi concetti sono evidentemente distinti l’uno dall’altro, ma di fatto si inseparabili. Non vi è libertà senza proprietà e la proprietà è il fondamento della responsabilità”.
Tutte queste riflessioni ci permettono di individuare molto chiaramente la direzione verso la quale dobbiamo orientare la nostra azione. Cosa dobbiamo cercare di fare, come libertari, allora? E’ semplice: Dobbiamo fare il possibile per allargare il campo delle relazioni non aggressive tra gli individui. L’Occidente è diventato quello che è proprio perché ha dato, meglio di altri, maggiore spazio agli scambi volontari. Se questi concetti fossero la stella polare degli individui non avremmo bisogno di essere qui. Fare il possibile per allargare i campi in cui la proprietà privata è riconosciuta, difesa e protetta è dunque il nostro compito anche nell’ambito della nostra strategia istituzionale.
Presentata così la cosa potrebbe anche suscitare delle perplessità tra alcuni di voi. Ma come? Non ci siamo inventati le Costituzione proprio per proteggere l’individuo e limitare al massimo il campo d’azione dello Stato? Questo che era un sogno liberale, si è tradotto in quello che purtroppo può essere definito un fallimento. Una bella presa in giro. La coerenza non regna sovrana nei testi fondatori. La Costituzione svizzera, sicuramente una delle meno peggio in circolazione, non è da meno.

Con un piccolo gruppo di libertari e liberali svizzeri abbiamo quindi cominciato a riflettere a come migliorare la nostra Costituzione, per ripulirla da alcune coerenze e possibilmente per più utile nel suo ruolo originario: quello della limitazione del potere d’azione dello Stato. Abbiamo quindi pensato, ad un’iniziativa popolare volta a rafforza la difesa della proprietà privata, e quindi anche la sfera privata delle persone. Perché diciamolo: i ficcanaso negli affari altrui sono diventati insopportabili. Non se ne può più della loro supponenza e arroganza e della loro falsa legittimità.
Abbiamo individuato il centro di quella che potrebbe essere un’iniziativa popolare volta all’abolizione dell’imposta sul reddito e sul patrimonio. In proposito abbiamo creato un piccolo gruppo di lavoro che a termine dovrebbe portarci alla costituzione di un comitato d’iniziativa per quella che dovrebbe essere denominata l’Iniziativa per il rispetto del “Decimo Comandamento”.
Gli articoli principali che desideriamo modificare sono due. Le modifiche avranno un impatto indiretto su altri articoli. Non intendo qui entrare in tutti i dettagli del progetto. Mi limiterò a citarvi le modifiche principali.
L’articolo 5a, che sancisce il principio di sussidiarietà, verrà da noi completato con la frase: “il cui espletamento avviene senza il ricorso alle imposte dirette o alle imposte sul patrimonio”. Questa modifica permette di lasciare intatte le leggi cosiddette sociali, limitando però le possibilità di finanziamento e soprattutto riducendo le possibilità di compensazione dei deficit.
Il secondo articolo, è il 26: oggi dice che “La proprietà è garantita”. Qui la modifica è più sostanziale, nel senso che nostra intenzione è quella di chiarire meglio questo concetto. Il testo sui cui stiamo lavorando sarà molto simile a questo:

Primo punto: “Si definisce proprietà privata l’insieme dei beni corporali, spirituali e materiali, mobiliari e immobiliari, e dei redditi mobiliari che un individuo o un’associazione libera di individui possiedono.”

Secondo punto: “La difesa della proprietà è un diritto fondamentale di ogni individuo e di ogni libera associazione”.

Terzo punto: “La proprietà privata è inviolabile e garantita e non può essere violata né da parte della Confederazione, né da parte dei comuni, né da parte dei Cantoni, né da parte di qualunque altro ente o istituzione”.

Quarto punto: “Ogni individuo, da solo o in associazione con altri individui, può agire come vuole se, così facendo, non aggredisce la proprietà privata altrui”.

Quinto punto: “Non è legittimo appropriarsi della proprietà privata altrui attraverso decisioni prese a maggioranza”.
Con queste modifiche, e con numerose altre minori che dovrebbero far parte dell’Iniziativa popolare riteniamo che le persone che rimarranno vittime delle violazione dei propri diritti da parte degli uomini dello Stato disporranno dell’arsenale legale necessario per sperare di vin- cere in tribunale. Un’accettazione dell’iniziativa popolare significherebbe una probabile modifica della percezione culturale dei rapporti tra gli individui e il clan degli uomini dello Stato al potere. Se riusciamo ad ottenere un cambiamento di prospettiva nella popolazione abbiamo delle chance di successo. E’ chiaro che non sarà facile, per questo necessiteremmo anche dell’appoggio di organizzazioni e partiti maggiormente sensibili al valori della libertà.
Concludo questo mio intervento con alcune considerazioni finali.
La prima è semplice: chiunque sia interessato a darci una mano è il benvenuto. Siamo in particolare alla ricerca di un giurista in grado di aiutarci a formulare in termini corretti il testo dell’iniziativa.

La seconda si rivolge ai libertari puri e duri. Siamo perfettamente consapevoli che non stiamo proponendo di abolire tutte le tasse, ma ci sembra un primo passo che va nella giusta direzione. La Svizzera è il paese dei piccoli passi e noi dobbiamo cercare di ottenere con- cretamente il massimo sul terreno dello scontro democratico, mantenendo però un’assoluta coerenza nell’enunciazione dei valori in cui crediamo.
E’ chiaro che la reazione degli uomini dello Stato sarà quella di aumentare le imposte indirette per compensare le perdite. Qui la Svizzera offre un’ulteriore vantaggio che è il seguente: l’aumento della principale imposta indiretta, l’IVA, in Svizzera è soggetta a votazione popolare. E non è ancora detto che il popolo seguirà gli uomini dello Stato su questa via.
L’ultima considerazione, e qui chiudo, è di carattere storico. Charles Adams nel suo libro “For Good and Evil, l’influsso della tassazione sulla storia dell’umanità”, spiega che la tassazione dei redditi si è rivelata una fonte straordinaria di risorse per gli uomini dello Stato. Scrive Adams: “Il difetto più evidente dell’imposta sul reddito è stata la sua tendenza a tartassare”. Possiamo quindi ben sperare che chiudendo il rubinetto della tassazione diretta e patrimoniale l’invadenza degli uomini dello Stato nella vita degli individui subisca una frenata significativa.

Questa è la prima catena che vogliamo e dobbiamo spezzare.
Vi ringrazio per l’attenzione.

*INTERLIBERTARIANS 2016
L’intervento di Gabriele Lafranchi

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Showing 4 comments
  • Alessandro Colla

    Sì, ma senza libertà non si sviluppano né intelligenza, né creatività, né capacità amministrativa, né lungimiranza. Vale anche per l’educazione dei bambini. E’ per questo che lo stato paternalista ha inventato l’obbligo scolastico.

  • Pedante

    “L’Occidente è diventato quello che è proprio perché ha dato, meglio di altri, maggiore spazio agli scambi volontari.”

    La libertà è un elemento necessario ma non sufficiente. Ci vuole un certo grado di intelligenza, creatività, capacità amministrativa e lungimiranza perché si traduca in ricchezza.

  • Evaristo

    Totalmente d’accordo.

    Si potrebbe concepire una tassa al valore aggiunto generalizzata che apporterebbe agli stati quel tanto per sopprimere la fiscalità diretta.
    I paradisi fiscali diverrebbero subito inutili, perchè chiunque la adottasse sarebbe sarebbe di fatto un paradiso fiscale.

    Questo ragionamento era stato portato avanti negli anni 70 dallo stesso Milton Friedman, la cui richiesta di limitazione delle tasse sul reddito al 25% max doveva essere propedeutica al passaggio.

    Battagloni di mentecatti alla difesa della progressività delle imposte sancita in costrituzione sono ovviamente da mettere in conto.

    • Evaristo

      Ovviamente la costituzione italiota, quella elvetica non la conosco.

      *e.c. BattagIioni

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