In Anti & Politica, Economia

DI GIOVANNI BIRINDELLI

“Per il liberale, lo stato è una necessità assoluta, in quanto gli spettano i compiti più importanti” (Ludwig von Mises, Liberalism, p. 19).

Mises non spiega perché quei “compiti più importanti” (come ad esempio la difesa della proprietà privata) non possano essere svolti dal libero mercato (lo stesso libero mercato che ci fornisce il cibo di cui abbiamo bisogno per nutrirci). E questo per un economista del suo calibro (che in più aveva sicuramente letto Gustave de Molinari) è sorprendente.

Mises definisce “anarchici” coloro che sono contrari alla coercizione statale perché ritengono che le persone, in assenza di stato, si asterrebbero dal violare la proprietà privata (tesi che giustamente egli definisce assurda). Egli non prende nemmeno in considerazione l’anarchismo scientifico, che sostiene esattamente l’opposto: con o senza stato, alcune persone aggrediranno sempre altre persone; tuttavia la scienza economica dimostra in modo oggettivo che il modo più efficace per impedire questo è affidare al mercato (invece che allo stato) l’uso della coercizione nei loro confronti. E la scienza della libertà dimostra in modo altrettanto oggettivo che il ricorso al mercato è il solo modo legittimo per farlo (cioè è l’unico modo che non comporta una violazione del principio di non aggressione, che a sua volta è l’unica regola di comportamento finora scoperta che non viola il principio di uguaglianza davanti alla legge – p. es. attraverso la disuguaglianza legale).

Nel capitolo di Liberalism dedicato alla libertà, Mises ne parla ma non la definisce: non dice cos’è. Egli semplicemente non sembra avere un’idea, tanto meno una scientifica, di cosa sia la libertà, altrimenti non baserebbe il suo “liberalismo” sull’utilitarismo (“esiste un solo argomento contro la schiavitù che può imporsi e si è imposto su tutti gli altri: il lavoro di una persona libera è incomparabilmente più produttivo del lavoro di uno schiavo”, p. 4).

Mises da un lato ritiene che la proprietà privata sia inviolabile, dall’altro ne affida la difesa allo stato (e quindi all’imposizione fiscale che di per sé è un’oggettiva violazione della proprietà privata).

È davvero sorprendente quanto l’economista che forse è il più importante di tutti i tempi, colui che ha applicato la logica in modo così coerente allo studio dell’azione umana, scriva di libertà in modo così amatoriale, anti-scientifico, intrinsecamente contraddittorio.

Tuttavia, se la scienza della libertà ha raggiunto maturità e completezza lo dobbiamo in gran parte anche a lui. Rothbard infatti fu suo allievo nel campo della scienza economica, dove Mises torreggiava. L’onestà intellettuale e la chiarezza di Mises hanno probabilmente messo in evidenza a Rothbard le sue contraddizioni e la sua mancanza di struttura scientifica nel campo della libertà. In questo senso credo che, nonostante le sue contraddizioni o forse proprio grazie a quelle, Mises abbia spianato la strada a Rothbard anche in questo campo, mostrandogli che c’era tanto e duro lavoro da fare.”

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Showing 2 comments
  • Albert Nextein

    Mises è un liberale da leggere, da ponderare.
    C’è molto da imparare, e forse anche da considerare criticamente.
    Ma ha un grande fascino ripercorrerne il tragitto, leggendolo.

  • Fabio

    Mi piace pensare che la scoperta sia un percorso, e Mises stava facendo le sue tappe come tutti. Non è questo il senso di ‘arrampicarsi sulle spalle dei giganti’ ?

    Magari non si può pretendere un prodotto maturo e completo da chi non aveva ancora raggiunto altri traguardi intermedi…. O forse si?

    Non sarebbe come quelli che dicono che il cellulare samsung com’è oggi era già realtà 70anni or sono, ma non ce lo hanno dato fin’ora per gusto di farci soffrire e venderci nel frattempo mediocrità a caro prezzo perché i capitalisti sono sporchi ingordi e cattivi?

    Magari anche i più grandi commettono errori e prendono abbagli, causa piccole ingenuità o influenzati da un particolare contesto…chissà cosa… Per questo preferisco confrontarmi su idee e concetti, invece di citazioni e parole dette da questo o quello, perché anche i grandi possono dire cose sbagliate oppure giuste in quel contesto ma poi ragionandoci a distanza di anni si vede la cantonata.

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