In Anti & Politica

Fabrizio De Feo intervista Enrico Colombatto, professore ordinario di Politica economica all’Università di Torino, un liberale doc che siede sulla cattedra che fu di Sergio Ricossa.
È autore di “Liberisti o socialisti? Tertium non datur” (Giappichelli). Con lui continua il dibattito sulla necessità di restituire centralità al pensiero autenticamente liberale.

Professor Colombatto, il liberalismo in Italia ha sempre avuto difficoltà a trovare una casa politica. Per quale motivo?

Una visione autenticamente liberale non raccoglie voti. In una competizione in cui vince chi fa più spesa pubblica, chi promette meno tasse e meno spesa vince poco, parte zavorrato. Il problema è che tanti si tengono stretta un’etichetta pur promettendo spesa tanto quanto gli altri.

L’emergenza Covid ha provocato un allargamento del ruolo dello Stato.

Nell’emergenza si trova più gente disposta a credere a qualunque frottola o illusione per uscire da quella situazione o alleviarne il peso. Cresce una domanda di soluzioni a costo zero e lo Stato le offre o meglio le promette perché è una fattispecie che non esiste.

Vede dei rischi in questa situazione?

Sì, è potenzialmente catastrofica. Un lavaggio del cervello diffonde la convinzione che lo Stato possa risolvere qualsiasi problema, spendere sempre più e consentire a tanti di non lavorare. È la promessa di un debito a costo zero che non sarà pagato da nessuno o almeno non da questa generazione. Questo scoraggia la voglia di lavorare, indebolisce l’etica del lavoro e lo spirito imprenditoriale.

Qual è l’attualità oggi delle idee liberali?

La visione liberale dice che nessun pasto è gratis e ti spiega senza infingimenti che ciò che pensi di acquisire a costo zero lo pagherai domani o lo pagheranno i tuoi figli. Purtroppo i benefici dell’indebitamento pubblico sono percepiti immediatamente, i costi o il rischio default come un problema futuro. Quelli che percepiscono la logica di questa impostazione spesso tendono ad andarsene via e portarsi via le loro competenze. Se lei fa un sondaggio tra i giovani studenti la percentuale di coloro che pensano di andare all’estero è altissima.

Prof. Enrico Colombatto

Cosa pensa del dibattito sulla libertà di non vaccinarsi?

Io personalmente sono vaccinato perché credo che il vaccino sia fonte di benefici, ma questo non mi dà il diritto di obbligare gli altri. Mi consente però di dire: a casa mia non metti piede se non sei vaccinato. A quel punto spetta al non vaccinato decidere se vuole pagare il prezzo della sua scelta oppure vaccinarsi.

È vero che oggi gli intellettuali, i professori universitari, gli accademici sono meno attratti dalla politica di un tempo?

Il meccanismo è duplice. Da una parte un liberale che è scettico nei confronti dello Stato difficilmente si mette al servizio dello Stato a meno che non gli sia dato il potere di ridurne il potere, ma ci vorrebbe la bacchetta magica. Dall’altra un leader politico difficilmente recluta un liberale che sa che gli chiederà di ridurre il peso della Pubblica amministrazione.

Il Recovery fund è un’occasione per cambiare il volto del nostro Paese. Dove interverrebbe se potesse?

Proporrei la privatizzazione almeno parziale di sanità, pensioni e istruzione, cose che Draghi non ha la minima intenzione di fare. Non vedo nessun cambiamento strutturale alle viste, dato che leggo di promesse di assunzioni per migliaia di nuovi dipendenti pubblici. Al contrario abbiamo incamerato 5.000 euro di debito pubblico in più a testa, che non è uno scherzo.

Perché i mercati ci risparmiano?

Sono persuasi che la Bce farà stampare tutta la moneta necessaria e individuano come debitore la Bce, non lo Stato italiano. Un investitore insomma può dormire sonni tranquilli, meno il risparmiatore che per avere un 2-3% di rendimento sui propri risparmi deve assumersi dei rischi.

Perché ancora oggi il liberalismo viene raccontato come l’ideologia dei produttori che vogliono difendere i loro privilegi?

La narrazione associa il liberismo al capitalismo dei compari, dimenticando che quando ci sono privilegi c’è uno Stato che li assegna. Ogni imprenditore viene remunerato in base a quello che produce per la società con benefici per lui e per la società stessa. Se lo Stato lo protegge non è più un imprenditore ma un privilegiato, ma queste sono chiaramente eccezioni.

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Showing 11 comments
  • Gerardo Gaita

    Anche per i vaccini devono valere le regole del libero mercato, in quanto uniche regole rispettose della proprietà e dell’autoproprieta’ altrui.
    In tal senso, il valore di un vaccino può essere stabilito soltanto da quante persone sono “volontariamente”, cioè senza coercizione del Potere, né diretta né tantomeno indiretta, disposte a prendere il vaccino.
    La libertà di non vaccinarsi è quindi esattamente uguale a quella di vaccinarsi.

    Se si vuole sostenere la causa della libertà, si pensa e ci si esprime in questo modo.

    • Gerardo Gaita

      “senza alcuna dose di coercizione del Potere, né diretta né tantomeno indiretta”.

  • Federico

    Vediamo di chiarire un attimo il fatto: liberissimo di non far entrare chi vuoi a casa tua ma non sei libero di impedire ad altri non vaccinati di usufruire di servizi pubblici.
    In questo caso o mi metti a disposizione servizi separati (non mi offendo, anzi) oppure ti adatti a usarli in comune o a non usarli.
    Perchè se è vero che la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri però anche quella degli altri finisce dove inizia la mia.

    • malgaponte

      I servizi separati non sono certo una novità, vedi quanto veniva fatto con l’apartheid. Tutti si riempiono la bocca con il razzismo e ora non si rendono conto di cosa stà accadendo.

      • Federico

        In questo caso però la qualità dei servizi deve essere la stessa sia per i vaccinati che per i non vaccinati. Non avrei problemi di sorta.
        Certo che se i vaccinati vanno in Freccia Rossa e i non vaccinati si devono accontentare del carro bestiame allora sì che sarebbe apartheid nel senso sudafricano del termine.

  • malgaponte

    Non si preoccupi Professore, io non vaccinato non ci penso nemmeno di mettere piede in casa sua. Anche Lei è caduto nella trappola ideologica di considerare i non vaccinati come dei criminali e dei paria della società orwelliana. Vorrei tanto sapere chi Lei farebbe entrare in casa sua, probabilmente quelli che, per reciprocità, non entreranno mai in casa mia.

    • Alessandro Colla

      Credo che il professor Colombatto abbia posto solo un esempio, non credo che vieterà l’ingresso ai vaccinati nelle sue proprietà. Anche perché domani quattro settembre si troverà a contatto con diversi non vaccinati. E’ solo caduto nell’errore di credere che questo siero offrirebbe più vantaggi che rischi. Le notizie dall’Islanda, dalla Gran Bretagna, da Israele ma anche dalla stessa Italia non sembrano favorevoli a tale convinzione. L’unica eccezione sarebbe il Lazio ma chi ci crede alle percentuali di Zingaretti?

    • Fabio

      Secondo me bisogna tenere separati i due piani della vita privata e delle scelte ‘pubbliche’: come non bisogna imporre agli altri determinate scelte così gli altri non devono imporle a noi stessi. Che poi è compatibile con il mio amato ‘Stare con chi ci vuole e con chi si vuole’ alla base del federalismo e delle migliori norme di convivenza e vivere civile.
      Spiegandosi con un esempio, sono libero di scegliere d’essere vegano, ma non d’imporlo con la forza agli altri. D’altro canto devo poter fare quel che mi pare in casa mia, anche non far entrare persone che squartano animali per cibarsene.
      Quando vado in casa altrui chiederò con permesso e cortesia d’entrare e se il padrone di casa non gli va bene non potrò irrompere con la violenza.
      E questo stesso atteggiamento è, o dovrebbe esserlo, da applicare tra Stati: qui da noi si applica una data legge o set di leggi, e chi entra si deve adeguare altrimenti scelga altrove. Naturalmente tale idea è imprescindibile da Stati PICCOLI (quanto una media regione italiana) ed è incompatibile con enormi Stati come quello italiano né tantomeno con superstati come l’unione europea.

      • Gerardo Gaita

        Chi conosce la scuola austriaca di economia, dovrebbe sapere che non si possono effettuare comparazioni interpersonali di utilità. Le decisioni dipendono sempre da valutazioni personali e guadagni psichici che non possono essere oggettivamente definiti.

        Quindi il punto è che Colombatto è libero di pensare che vaccinarsi sia per se un gioco a somma positiva, come Tizio deve essere libero di pensare che sia per sé invece un gioco a somma negativa.

        Il punto è quindi un altro e da questa intervista non si evince il pensiero di Colombatto proprio su questo punto: cosa diventa, cosa è, un paese al cui interno lo Stato va, vuole, determina un regime di discriminazione sociale e di discriminazione sociale non a causa di un reato commesso contro la proprietà altrui o l’autoproprieta’ altrui, ma solo perché certe libere scelte individuali non sono conformi a ciò che lo Stato desidera?

        Colombatto dovrebbe chiarire.

    • MICHELE

      Non vedo il problema che vedi tu. L’esempio che viene fatto con il vaccinato è lo stesso esempio che venne già fatto con il fumatore quando venne introdotto il divieto di fumo nei locali pubblici (divieto ad oggi allargato a molto altro). Io non sono fumatore e non sopporto chi fuma, se vieni nella mia proprietà che sia la mia dimora o la mia macchina rispetti le mie di regole e esigo che non fumi, non è discriminazione è una differenziazione ragionevole. Io ho il mio standard e se lo contravvieni ti tratto con disuguaglianza da chi quello standard lo osserva. Non ti ho tolto nessun diritto a dirti a casa mia, in macchina con me o non fumi o non ci vieni. Quello che non posso fare è mettere un obbligo, su ciò di cui io non sono il proprietario, di rispettare il mio di standard. Il possessore decide lui e solo lui quale sia il criterio da usare in ciò che gli appartiene, se codesto ritiene che per esempio nel proprio ristorante si può fumare sei liberissimo di andare da qualche altra parte se non ti sta bene. Quello che è successo con questa tragica farsa pandemica è che lo standard individuale è stato accantonato e che lo standard dello stato sia diventato il vestito a taglia unica che devi indossare per forza alla faccia di ciò che è privato, ciò che è mio. Da una parte c’è la scelta del proprietario dall’altra la coercizione dello stato, il primo ti dice puoi utilizzare ciò che è mio alle mie condizioni, ti tratta semplicemente con precauzione, il secondo si sta impossessando della tua vita con obblighi imposti perentoriamente dai quali è difficile se non impossibile svincolarsi, atti ad invadere fino all’ultimo millimetro (pensa che il tuo corpo non è neanche più un limite invalicabile) tutto ciò che ti appartiene, siamo partiti dalle mascherine e stiamo arrivando all’obbligo vaccinale dato che è innegabile che presto lo faranno un obbligo. Magari fossero tutti razionali tanto quanto Colombatto.

      • Gerardo Gaita

        “Quello che non posso fare è mettere un obbligo, su ciò di cui io non sono il proprietario, di rispettare il mio di standard”.

        Se questo è ciò che vuole dire Colombatto siamo naturalmente d’accordo.
        Se è questo e solamente questo ciò che Colombatto vuol dire, questo però deve essere espresso in modo assolutamente chiaro
        La precisione del linguaggio e dell’esposizione è fondamentale.

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