In Scienza e Tecnologia

DI DARIO BRESSANINI

Ci sono post che uno non vorrebbe mai scrivere. Questo è uno di quelli. Francesco Sala ci ha lasciati. Un grande genetista e uno dei padri delle biotecnologie agrarie italiane (uccise suo malgrado nella culla). Uno scienziato che ha osato dire quello che pubblicamente nessuno osa dire: le biotecnologie italiane potrebbero essere di aiuto ai prodotti tipici italiani. In certi ambienti che si considerano progressisti sono tutti pronti a riempirsi la bocca di “multinazionali”, “brevetti”, “profitti”, “monocolture”, “paradigmi”. Tutti che parlano della soia, che praticamente neanche si coltiva in Italia, anche se magari non saprebbero riconoscerla in un Sushi bar. Nessuno che parli mai di questi scienziati pubblici italiani che hanno cercato di lavorare per l’Italia senza cercare le luci dei riflettori.

Un paradosso tipicamente italiano: Sala era molto più conosciuto in Cina, dove è riuscito a vedere i suoi pioppi Bt coltivati, che non in Italia, dove ad esempio la fondazione Barilla per parlare di OGM chiama la non-scienziata Vandana Shiva, che continua imperterrita a dire la sua tiritera. Mediaticamente evidentemente rende molto di più (ma lasciamo perdere che mi viene il mal di fegato).

Altri in queste ore hanno parlato di Sala: Anna MeldolesiMarco Cattaneo, Roberto Defez.

ANCHE IL SITO DEL MOVIMENTO LIBERTARIO, CON GIORGIO FIDENATO IN TESTA, VUOL RICORDARE QUEST’UOMO DI SCIENZA, CHE NON HAI MAI SVENDUTO LE SUE IDEE E LE SUE CONVINZIONI AL PENSIERO MAINSTREAM. Grazie per la collaborazione.

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Showing 2 comments
  • Pedante

    Non bisogna essere progressisti per contestare la legittimità della “proprietà intellettuale”. Io seguo la corrente di pensiero di Kinsella e LvMI: la proprietà materiale è sacrosanta, non i brevetti e il diritto d’autore. Che creatori pensino alla loro propria protezione se non vogliono essere copiati, e non cerchino la protezione dello Stato! Se ci riescono, buon per loro.

  • enos costantini

    La soia non si coltiva in Italia.
    E allora non capisco che cosa sia quella pianta, coltivata su centinaia di ettari, anzi migliaia, che assomiglia un po’ al fagiolo, ma ha le foglie più pelose, il baccello più piccolo, i noduli radicali più grossi soprattutto se sono vicini al fittone… Gli Americani la chiamano “soybean” o, in modo più generico e familiare, soprattutto i “farmers”, “the beans”.
    Come diavolo si chiamerà in italiano, chissà, ci vorrebbe uno scienziato a spiegarmelo.

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