In Anti & Politica, Economia, Primo Piano

DI ELISA SERAFINI*

Un paese che non attrae è un paese che non cresce: il caso immaginario di due aspiranti imprenditori in Italia.

Si sente parlare molto di una possibile riforma del lavoro. Ce la chiedono la BCE, le imprese, gli investitori, ma anche semplici cittadini che hanno capito che per guadagnare, e lavorare, bisogna necessariamente riformare il sistema che regola l’economia del nostro paese.

Sicuramente i sindacati italiani hanno grosse colpe nel mancato o rallentato sviluppo del sistema lavoro del nostro paese, ma anche i governi che si sono succeduti negli anni hanno fatto di tutto per non fare niente.

Se è vero infatti che lo sviluppo economico può essere condizionato da tantissimi aspetti, da quelli geografici a quelli culturali, passando per storia e metereologia, (e gli economisti per anni hanno dibattuto proprio su questo punto), è ormai provato che la crescita economica di un paese sia profondamente condizionata dalle istituzioni, e quindi dai governi, che creano o meno attrattività per le imprese.

Questa attrattività si compone di diversi aspetti, tra i più importanti (e interessanti) spiccano sicuramente la facilità di fare business, e la tassazione, entrambi conseguenza ed effetto delle politiche pubbliche delle istituzioni del paese.

 

Per spiegare come funzionino questi due fattori in Italia, basta mettersi nei panni di due aspiranti imprenditori, che chiameremo, con o senza riferimenti particolari, Silvio e Pierluigi. I nostri due aspiranti soci hanno avuto una brillante idea per creare un business nei servizi.

Essendo un’impresa del terziario (che comunque rappresenta il 70% del nostro PIL), non ha bisogno di particolari infrastrutture (ad es. un oleodotto, una fabbrica), trasporti (essere vicini a un porto, strade ecc..) o location (in Europa, al Polo sud ecc..). I due imprenditori sceglieranno quindi dove investire valutando le condizioni economiche migliori per far crescere il loro business. Un aspetto da considerare sarà sicuramente la tassazione che in Italia sfiora, per le imprese, il 68% (dati World Bank). Guardando solo alcuni dei più importanti paesi occidentali, siamo ben oltre il livello di Spagna (38%), Inghilterra (37.3%), Svizzera (30.1%) e Stati Uniti (46.7%).

Ma ai due soci Silvio e Pierluigi non interessano solo le tasse, ma anche, ad esempio, i costi di fondazione che in Italia sono di 4000 euro, ma Inghilterra di 200 euro, negli Stati Uniti di 500 euro, e in Irlanda di 180 euro.

Non sono solo i costi economici ad essere maggiori in Italia rispetto a tutto il resto del mondo, lo sono anche i costi “temporali”, vale a dire l’ammontare di minuti utilizzati dall’imprenditore in un anno per gestire la parte fiscale/burocratica dell’impresa. Anche in questo caso l’Italia registra il triste record di 15 pagamenti diversi per un totale di 285 minuti all’anno. Più del doppio di Inghilterra e USA, quasi il triplo di Irlanda e Francia.

In questo contesto abbiamo evitato di parlare di posti come Hong Kong, Dubai o Singapore. In quel caso il confronto avrebbe sfiorato il ridicolo (tasse inferiori all’Italia del 50% e costi bassissimi di gestione). Pensate ogni giorno quanti imprenditori consultano questi dati (accessibili a tutti tramite la Banca Mondiale) per decidere “dove” fare business. E, almeno per il terziario, l’Italia non sembra la meta migliore.

Quello raccontato, è un sistema che penalizza tutti, non solo le imprese, ma anche i disoccupati e persino gli occupati stessi, costretti a sopportare stipendi bassissimi e contratti precari per colpa di tasse e legislazione anti-business.

Vista l’attuale situazione economica risulterebbe quindi necessario e allo stesso tempo urgente, non solo aumentare la flessiblità del lavoro, come già annunciato dal Governo, ma anche diminuire i costi fissi e burocratici che riguardano le imprese, infime, finalmente ridurre queste maledette tasse.

* Confcontribuenti

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UN CONFRONTO CON L’ESTERO

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Showing 6 comments
  • antonio

    LA VERITA’ E’ CHE L’ITALIA ORMAI E’ UN PAESE MORTO!!!! Io me ne sono andato un anno fa’!!! All’inizio non ne volevo sapere di andarmene, ma purtroppo ho dovuto fare i bagagli e andare via!!!! Avevo un’ impresa edile a Milano, e non vi dico le tasse…. una cosa spaventosa!!!! Adesso lavoro in Inghilterra. Tutta un’altra aria. Meno della meta’ delle tasse e soprattutto qui c’e’ il RISPETTO PER L’IMPRENDITORE!!!!!!UN PAESE CHE FUNZIONA, L’INGHILTERRA!!!!!!!
    IMPRENDITORI ANDATEVENE!!!! SIETE VOI CHE TENETE IN PIEDI QUELLO SCHIFO DI PAESE!!!

  • zenzero

    Mi felicito per questo articolo chiarissimo, con tanto di pdf explicativo

  • Alessandro Giani

    Bellissimo!

    Non conoscevo il sito ma lo oh divorato!

    Che boccata di aria fresca! Finalmente siamo fuori dalle trite e ritrite convenzioni del politicamente corretto.
    Finalmente qualcuno che dice che l’egoismo è bene! Che essere egoisti è virtuoso e che la solidarietà è un insulto a chi lavora!

    Sono stufi, arcistufo, strastufo di pagare le tasse per i parassiti che ci circondano. Sono stufo di essere obbligato a essere solidale! Sono stufo di non poter prendere a calci un negro che chiede la carità! Sono stufo di dover coccolare i dipendenti che non fanno un accidente e costano da far paura! Frustate si meriterebbero, loro e i manrocchini. Che lavorino, invece di rubare lo stipendio o la carità. Basta leggi che non fanno altro che levarmi i soldi di tasca! Basta con le tasse ed i commercialisti!

    Penso che mi iscriverò.

    • leonardofaccoeditore

      GRAZIE!

    • Giorgio Fidenato

      Alessandro sono d’accordo con te, ma non facciamone una questione razziale. Ci sono anche molti bianchi e addirittura settentrionali che si sono talmente ben adagiati al sistema welfearistico della pretesa che meritano tantissimi calci in c….

  • Borderline Keroro

    “Vista l’attuale situazione economica risulterebbe quindi necessario e allo stesso tempo urgente, non solo aumentare la flessiblità del lavoro, come già annunciato dal Governo, ma anche diminuire i costi fissi e burocratici che riguardano le imprese, infime, finalmente ridurre queste maledette tasse.”

    1) a prescindere dalla situazione economica
    2) la flessibilità del lavoro è quanto di più odiato ci sia da sindacati e non solo. Per questo in ItaGlia non c’è un vero sussidio di disoccupazione.
    3) costi fissi e burocratici sono la scusa per tenere un apparato burocratico di dimensioni elefantiache “a servizio” delle imprese. Vorrai mica che si scopra che, minimo minimo, sono inutili? (In realtà sono cotroproducenti, ma non si può dirlo in pubblico).
    4) ridurre le tasse? Di quanto? Dello 0,23% di cui 0,2% alle imprese e 0,03%, trovando i fondi in una bella patrimoniale sulla prima casa? Questi le tasse non le abbasseranno nemmeno in punto di morte. Semmai le alzeranno. A parte il fatto che abbassare le imposte sul reddito reperendo fondi con l’aumento di IVA, accise, bolli e controbolli, ICI, ed introducendo una patrimoniale a casa mia si chiama solo “spostamento del prelievo”.
    A casa di Leo, ma sono d’accordo anch’io, si chiama FURTO.

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