In Anti & Politica, Economia

DI MATTEO CORSINI

“Ma perché la gente deve pagare le tasse se continuiamo a ragionare come Carnelutti negli anni Trenta che riteneva il fisco solo un ladro e il contribuente un proprietario derubato?… La redazione delle leggi deve essere affidata al ministero come depositario della migliore cultura del Paese, e, seguendo l’esempio francese, a una direzione appositamente dedicata alla scrittura delle leggi che eviti l’arbitrio.” (E. De Mita)

Enrico De Mita è il fratello meno noto di Ciriaco. In un articolo nel quale rimprovera ai governi di usare impropriamente la legislazione fiscale, contravvenendo all’articolo 23 della Costituzione e allo Statuto del contribuente, De Mita non manca di denunciare anche l’avversione e la diffidenza che gli italiani hanno nei confronti del fisco.

La soluzione? Affidare la redazione delle leggi “al ministero come depositario della migliore cultura del Paese, e, seguendo l’esempio francese, a una direzione appositamente dedicata alla scrittura delle leggi che eviti l’arbitrio”.

Sul fatto che il ministero sia depositario della migliore cultura del Paese credo ci sarebbe da discutere. Molto probabilmente dal punto di vista tecnico potrebbero uscirne leggi scritte meglio di quelle, spesso pietose, che sforna il legislatore, ma non mi pare che ciò sia di per sé sufficiente per affermare che là vi sia la migliore cultura del Paese. E non credo neppure che i burocrati del ministero dell’Economia e delle Finanze non abbiano alcun ruolo nella redazione della normativa fiscale.

Quanto all’evitare l’arbitrio, solo se si ritiene che al ministero ci siano esseri umani superiori (non solo culturalmente) ai comuni mortali si può fare un’affermazione come quella di De Mita. E questa è una posizione certamente indimostrabile e indifendibile.

Come si fa a ritenere che non vi sia arbitrio nel rapporto tra il legislatore fiscale e il cittadino, dal momento che tra i due non vi è un rapporto contrattuale volontario e il primo impone le sue pretese al secondo? De Mita non lo spiega, e dubito che potrebbe farlo in modo convincente.

Così come non spiega perché, a suo parere, Francesco Carnelutti non avesse ragione nel ritenere il fisco un ladro e il contribuente un proprietario derubato. L’essenza del rapporto tra fisco e contribuente è quella, al di là di tutti gli artifici giuridici che si possano inventare.

Carnelutti aveva ragione da vendere.

 

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