In Economia

moneta soldi

DI REDAZIONE

L’articolo mette a confronto le idee di

quattro opinionisti sulla moneta unica europea

e sul suo futuro.

 

 

 

Di Andrea Terzi*
Abbiamo perso già troppo tempo a prendercela con i Greci (non erano pronti per l’euro), gli Spagnoli (troppi debiti), la speculazione (che ha preso di mira questo o quel paese), sottovalutando la natura sistemica della crisi. È l’architettura dell’euro che non è sostenibile. Una crisi di questa portata era questione di tempo. Qualcuno (come Mosler e Goodhart) la previde dieci anni fa con una lucidità micidiale. In quasi tre anni di crisi abbiamo visto tanti palliativi (le operazioni straordinarie della Bce) e terapie nocive (l’austerità e il fondo salva-stati). È singolare pensare di salvare gli stati più indebitati facendoli finanziare da quelli un po’ meno indebitati. Ed è un grave errore concentrare gli sforzi sul pareggio di bilancio e tollerare una disoccupazione oltre il 10%. Ogni recessione fa lievitare le spese (si spende di più in ammortizzatori sociali) e calare le entrate (i redditi tassabili diminuiscono). Aumentare le tasse è allora come mettersi a picchiare uno che si è appena rotto una gamba. Illusorio è anche pensare di tornare a crescere riformando il mercato del lavoro o promuovendo la concorrenza. L’inadeguatezza delle politiche europee è sconcertante. Solo chi crede alla cospirazione riesce a farsene una ragione. Ma se è vittima della sua moneta, l’Europa può ancora farcela. I nostri padri conobbero guerra e deportazioni. I nostri figli viaggiano in Europa senza barriere. Non possiamo accettare che l’euro si sfasci come un accordo di cambio andato a male. E qualcosa si sta finalmente muovendo. Molti si sono convinti che l’unione politica è una soluzione. Ma ora non c’è tempo per gli Stati Uniti d’Europa. Servono subito terapie energiche che restituiscano sostenibilità alla moneta sostenendo redditi, consumi e occupazione. Si può fare se la politica fiscale torna ad essere strumento e non fine. 1) I nostri soldi vanno protetti con un fondo di tutela dei depositi che abbia la Bce come garante ultimo. 2) Un’unione monetaria (Usa compresi) non può fare a meno di norme fiscali comuni. Ma allora ogni stato che rispetta le regole potrà emettere titoli garantiti dalla Bce. 3) Va ridotto il carico fiscale in Europa con un abbattimento straordinario dell’Iva nei diciassette paesi. La riduzione del gettito non deve incidere sui parametri nazionali ed è raccolta emettendo eurobond. 4) Con l’euro in sicurezza, sarà il momento per un ambizioso progetto europeo di potenziamento delle infrastrutture legate alla comunicazione, ai trasporti e all’ambiente.
* Professore Franklin College Switzerland di Lugano

Francia e Germania, conviene solo a loro

Paolo Barnard*
Si crea una valuta che non è di alcuno Stato. Viene emessa da Banche Centrali direttamente nelle riserve dei mercati di capitali privati. Si uniscono 17 Stati sotto questa valuta. I 17 governi devono sempre batter cassa presso i mercati di cui sopra per ottenere la moneta con cui attuare la spesa pubblica, esattamente come un cittadino che fosse sempre costretto a indebitarsi con la finanziaria sotto casa per mantenere la famiglia. I debiti pubblici di questi Stati, precedentemente denominati in una valuta di loro proprietà, vanno ora ripagati in quella valuta ‘estera’, cioè di qualcun altro, come se all’improvviso l’intero debito degli Usa fosse trasformato da dollari in yen. Ne consegue che le economie più deboli fra quei 17 Paesi si ritrovano schiacciate non da eccessivi debiti pubblici, ma da debiti pubblici divenuti eccessivi perché denominati di colpo in una valuta ‘straniera’. Ogni prestito concesso dai mercati ai governi resi a rischio d’insolvenza da tale artificio, alimenta un circolo vizioso di tassi che aumentano sempre, così come la finanziaria applica a quel cittadino già indebitato un tasso viepiù usuraio per ulteriori prestiti. E più aumentano i tassi, più i debiti sono insostenibili, e più sono insostenibili, più aumentano i tassi. Schiacciati da questo paradosso, i governi in oggetto hanno una sola scelta: usare tagli alla spesa e una tassazione soffocante per ripianare quei debiti in moneta ‘estera’. Il risparmio di cittadini e aziende si prosciuga, calano i consumi, da cui precipitano i profitti, da cui derivano tagli di salari e occupazione, con ulteriori crolli dei consumi, che deflazionano l’economia, cala così il Pil, da cui minori gettiti fiscali, e ciò peggiora il debito, ma questo preoccupa i mercati che aumentano i tassi, che… Benvenuti nell’Eurozona. Nasce da un progetto del 1943 per distruggere le economie dei concorrenti industriali di Francia e Germania. Le prove a sostegno di questa affermazione sono pubblicate in studi di statura accademica, ma anche nelle opere di nomi come Perroux, Hayek, Rueff, Attali, Delors, Schauble et al. Il costrutto dell’Eurozona è un manicomio monetario a piede libero, non deve sopravvivere. Ne va del destino di milioni di famiglie e aziende, che già patiscono sofferenze sociali inenarrabili. Nel 2002 la Fed americana titolò uno studio “L’euro: non è possibile, è una pessima idea, non durerà”. Gli autori avevano seguito la creazione di questa moneta dal 1989, e così avevano sentenziato. Andavano ascoltati.
*Giornalista e scrittore

Monti e le tre fasi di azione politica

Lidia Undiemi*
È ormai abbastanza chiaro che il governo Monti stia spingendo verso un progressivo indebolimento dei poteri dello Stato in favore di organismi sovranazionali. Lo scopo dichiarato è quello di risolvere la crisi, e poiché la classe politica italiana che ha governato fino a qualche mese fa il Paese viene di fatto ritenuta inadeguata a svolgere questo ruolo ecco che interviene il governo dei “professori”, pronto a mettere a disposizione della collettività la propria scienza. Le cose ovviamente non stanno esattamente in questa maniera. In primo luogo il “tecnicismo” sta assumendo un ruolo residuale rispetto ad obiettivi politici che attraversano i confini. L’attuazione di soluzioni tecniche presuppone tre diverse fasi di azione politica: individuazione delle cause della crisi, individuazione dei responsabili ed attuazione di soluzioni “mirate” entro il raggio di azione delineato dalla nostra Costituzione. A quanto pare, invece, la prima fase è stata ignorata con la conseguenza che qualsiasi azione del governo risulta improntata più su scelte di matrice prettamente politica e non scientifica. I salvataggi incondizionati in favore delle banche ne sono un chiaro esempio, così come l’intenzione di vendere il patrimonio pubblico. In tal senso, gli interventi programmati rappresentano per i cittadini il solito “salto nel buio”. Usciremo dalla crisi soltanto quando nel nostro Paese la conoscenza ritornerà ad essere al servizio della politica per il bene comune, e non orientata ad ottenere consulenze d’oro che favoriscono i poteri forti nel massacro sociale dei più deboli. Si sta assistendo, inoltre, ad un graduale trasferimento dei poteri istituzionali verso organizzazioni intergovernative che si occupano degli aspetti finanziari dell’Europa. Non si tratta dunque di stabilire se ed in che modo l’Italia debba cedere la propria sovranità all’Unione Europea, ma di un passaggio di consegne in favore di istituzioni non democraticamente elette che in cambio di aiuti monetari intendono imporre scelte di politica interna che si traducono in pesanti forme di austerità. La posta in gioco non è la finanza, ma l’utilizzo di essa per l’ottenimento di sovranità politica.
*Studiosa di Economia e Diritto

Euro, è il fallimento di una “non-teoria”

Leonardo Facco*
Non è una novità, non mi meraviglio che siamo arrivati a questo punto del problema. Nella rivista “Enclave” che ho diretto per 15 anni un numero fu completamente dedicato all’anti-europeismo, ai tempi (nel 2000) assolutamente non di moda. In particolare ci si concentrava sul fatto che l’euro andava incontro a una disfatta. In primis perché lo Stato tendenzialmente non ha mai saputo innovare in campo monetario e poi perché l’euro è totalmente calato dall’alto e non ha nulla a che vedere con la storia dei sistemi monetari del passato. Che, guarda caso, sono tutti basati sul “gold standard” (sistema aureo) cioè sul fatto che la moneta non è altro che una merce come qualsiasi altra, e che per funzionare bene deve essere “di mercato” – deve esserci concorrenza tra monete o in ambito bancario tra emettitori di moneta – come la storia dell’umanità c’insegna da millenni. La gestione peggiore c’è stata proprio nel Novecento, perché allora sono nate fortemente e si consolidano le banche centrali, il cosiddetto “secolo breve” che dovrà essere ricordato per avere distrutto completamente la moneta, che sta alla base di tutto. L’euro è una costruzione totalmente calata dall’alto. Se si vuole per alcuni aspetti era un po’ il tentativo di dar vita a una moneta rigida che non si potesse inflazionare e che non permettesse agli Stati di fare debito pubblico. Ma questo non è stato possibile per una serie di ragioni legati alle diversità dei campi (Paesi) in cui si è applicata. Il fallimento dell’euro è semplicemente il fallimento di una “non-teoria” economica, di una teoria monetarista fallimentare. E ora ci troviamo a soli dieci anni dalla sua entrata in vigore a doverci rendere conto che è stata una disfatta. Cosa succede ora? Per salvarlo c’è chi pagherà carissimo. Ce ne accorgiamo con il caso della Grecia. Non era vero dall’inizio che potesse essere salvata con poco. Ma non riguarda solo lei, tutti i Piigs hanno continuato a indebitarsi in maniera esagerata. E’ chiaro che se la moneta non è un prodotto di mercato ma è strumento fiduciario, lo Stato deve essere lo strumento fiduciario per questa moneta. La precondizione per poter salvare l’euro è quindi la realizzazione dello Stato unico europeo, un Superstato nazionale. A quel punto si armonizzeranno la fiscalità, si abolirà la concorrenza, per governare tutti e 27 i Paesi. E’ dal 2000 che lo scrivo: l’euro è semplicemente lo strumento per arrivare a questo Superstato, un qualcosa di infinitamente peggiore della situazione precedente.
*Giornalista ed editore

Testi raccolti da Giorgio Velardi e Giovanni De Negri

 

*Link all’originale: http://ilpuntontc.com/economia-a-finanza/3421-idee-e-ricette-sulla-moneta-unica.html

 

 

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