In Libertarismo

DI GIOVANNI BIRINDELLI

In un precedente articolo ho sostenuto che il liberalismo è un sistema di riferimento: ciò che differenzia i liberali da tutti gli altri, cioè dai totalitari (siano essi nazisti, comunisti, socialisti, socialdemocratici, difensori della costituzione italiana, una qualunque delle fazioni politiche oggi presenti in Italia, eccetera), è in primo luogo l’idea astratta di legge. Questa è la differenza primaria dalla quale derivano tutte le altre. Per quanto assurdo possa sembrare a molti, non c’è nessuna differenza fra le posizioni dei liberali, da una parte, e quelle dei totalitari, dall’altra, in qualunque campo (anche economico), che non possa essere ricondotta all’idea astratta di legge.

È impossibile ripetere troppo spesso che per i liberali la legge è il principio generale e astratto, cioè la regola di comportamento individuale che vale per tutti allo stesso modo, indipendentemente dagli effetti particolari della sua applicazione. Così intesa, la legge è un limite al potere: essa esiste indipendentemente dalla volontà dell’autorità che ha il non facile compito di scoprirla, custodirla e difenderla ma che non può farla allo stesso modo in cui i linguisti non possono fare a loro piacimento e arbitrio le regole della lingua italiana. Per i liberali è dunque l’autorità a orbitare attorno alla legge, cioè a derivare da essa, non viceversa.

Per tutti gli altri, cioè per i totalitari, la ‘legge’ è al contrario il provvedimento particolare, la decisione dell’autorità legalmente costituita. Ciò che conta, perché una ‘legge’ sia tale, non è il suo contenuto (la ‘legge’ intesa come provvedimento può essere qualunque cosa, senza limite alcuno) ma il suo “pedigree” (Dworkin), cioè il fatto che essa sia stata approvata secondo le procedure burocratiche previste. Così intesa, la ‘legge’ è uno strumento di potere: essa esiste solo in quanto espressione della volontà dell’autorità che la deve ‘fare’. Per i totalitari è dunque la ‘legge’ a orbitare attorno all’autorità, cioè a derivare da essa, non viceversa. Nell’Italia repubblicana, così come nell’Italia fascista, è questa l’idea di ‘legge’ imposta e, ahinoi, data per scontata: “oggi il potere legislativo non viene più chiamato così perché approva le leggi, ma le leggi vengono chiamate così perché sono approvate dal potere legislativo” (Friedrich A. von Hayek).

In un contesto totalitario di questo tipo, un partito liberale è possibile?

Questa domanda deve necessariamente essere scissa in due domande molto diverse l’una dall’altra (una teorica, l’altra pratica):

  1. Ha senso parlare di ‘partito’ liberale? Nel caso, entro quali limiti?
  2. Un partito liberale è realistico?

Da una prospettiva che si può chiamare ‘del punto di arrivo’, la risposta alla prima domanda è negativa. Infatti, la legge intesa come principio (da ora in avanti, la legge, senza virgolette) per sua natura non può essere di parte (la regola che vieta il furto, tanto per fare un esempio, non è né di destra né di sinistra: la legge unisce, non divide). I partiti, invece, proprio perché sono politici (cioè perché sono organizzazioni di interessi), sono necessariamente di parte. Per questo Hayek, nella sua proposta costituzionale, bandisce i partiti dall’assemblea legislativa: chi ha il potere legislativo (cioè il potere di scoprire, custodire e difendere la legge) non deve e non può avere, come strutturalmente avviene oggi, anche il potere politico, cioè il potere di approvare misure particolari (oggi erroneamente chiamate ‘leggi’) che inevitabilmente finiscono per fare gli interessi specifici di questo o quel gruppo o perfino ‘il bene del paese’ (per come viene arbitrariamente definito).

Tuttavia, da una prospettiva che si può chiamare ‘del punto di partenza (totalitario)’ la risposta alla prima domanda può essere positiva nei limiti in cui l’obiettivo primario del partito liberale è la rivoluzione ‘copernicana’ e cioè il cambiamento di sistema di riferimento. In altre parole, da una prospettiva ‘del punto di partenza’ parlare di partito liberale ha senso nei limiti in cui la ‘parte’ che il partito prende è quella del sistema di riferimento centrato sulla legge. Proprio perché questo obiettivo non è politico (cioè non è legato a interessi, incluso quello ‘del paese’, ma all’ideale della sovranità della legge), una volta che eventualmente esso venisse raggiunto o comunque venisse raggiunto il punto di non ritorno nel percorso verso di esso, il partito liberale non avrebbe più nessuna parte da prendere e quindi, a differenza dei partiti tradizionali, dovrebbe sciogliersi.

All’obiettivo primario e non politico del cambiamento di sistema di riferimento possono essere eventualmente affiancati obiettivi politici (il cosiddetto ‘programma’), a patto che, naturalmente, questi non siano in contraddizione col sistema di riferimento verso cui gradualmente si vuole tendere.

Tuttavia, per quanto un programma politico possa essere compatibile con il sistema di riferimento centrato sulla legge, se, all’interno dell’attuale sistema di riferimento centrato sul potere dell’autorità legalmente costituita, l’obiettivo del partito in questione è la realizzazione di quel programma e basta, allora non ha senso parlare di ‘partito liberale’. In tal caso, infatti, non solo questo programma, ammesso che venisse realizzato, potrebbe essere rimpiazzato da un programma collettivista da un momento all’altro (per esempio alla prossima tornata elettorale), ma soprattutto il ricorso allo stesso identico schema degli altri partiti (chiedere i voti solo sulla base di un programma politico che, nel caso in cui il partito ottenesse la maggioranza in parlamento oppure la possibilità di influenzare la maggioranza, si impegnerebbe a realizzare) non farebbe che legittimare e quindi consolidare le istituzioni totalitarie. È sul terreno del sistema di riferimento che la causa liberale, su tutti i suoi piani (incluso quello economico), può essere vinta, e su nessun altro. Non ci sono scorciatoie: finché il sistema di riferimento rimane quello centrato sul potere dell’autorità legalmente costituita non ci può essere sovranità della legge né, quindi, libero mercato.

La differenza fra un partito che ha un programma liberale e un partito liberale sta quindi nel fatto che mentre il primo ha come unico obiettivo quello di tentare di risolvere problemi concreti (per esempio di invertire la rotta del degrado economico), il secondo ha, parallelamente, anche e anzi primariamente l’obiettivo di risolvere la causa ultima di questi (il sistema di riferimento e quindi l’idea astratta di legge), senza la risoluzione della quale nel lungo periodo (che è quello su cui i liberali si misurano) questi problemi non possono essere risolti.

A questo punto arriviamo alla seconda domanda: partendo da una sistema totalitario come quello attuale, un partito liberale è realistico? Abbiamo visto che quello che caratterizza un eventuale partito liberale è l’obiettivo della rivoluzione ‘copernicana’. Questo obiettivo, che è immenso, è realistico? Nel caso, come può essere raggiunto?

Io non so se l’obiettivo della rivoluzione ‘copernicana’ è realistico. Quello di cui sono convinto, tuttavia, è che la tendenza verso questo obiettivo sia realistica, cioè che non sia impossibile invertire la direzione di marcia; e che sia possibile farlo a partire da oggi, perfino e anzi soprattutto in un contesto totalitario così avanzato come quello italiano.

Come?

In appendice a questo articolo provo a illustrare in modo ultra-approssimativo e in forma semplificata la sostanza di una mia idea a questo proposito, che approfondisco altrove. Tuttavia, al di là dei dettagli di questa idea (che è una fra le tante che possono essere proposte), quello che qui mi interessa evidenziare è che essa prevede che un partito liberale agisca, oltre che all’interno dell’attuale quadro istituzionale (per la parte politica) anche al di fuori di esso (ma non in violazione di esso) per la parte relativa alla legislazione, della quale le istituzioni oggi non si occupano minimamente (oggi infatti abbiamo una fabbrica di ‘leggi’, cioè di provvedimenti particolari, straordinariamente produttiva ma la legislazione, cioè l’attività di scoperta, custodia e difesa della legge è una funzione che oggi non esiste, nel senso che non è proprio prevista dalla nostra costituzione: come dice Hayek, siamo in uno “stato senza legge”). Quello che propongo, in due parole, è che il partito liberale organizzi la funzione legislativa in modo privato, informale (cioè al di fuori delle istituzioni esistenti, anche se non in violazione di esse) e unilaterale. In uno slogan non perfettamente corretto, propongo la ‘privatizzazione’ informale della funzione legislativa. In fondo, come dice Leoni, “la legislazione è, o era, essenzialmente un affare privato” anche se questo “fatto … passa quasi inosservato anche nella élite colta”.

 

Appendice: la ‘privatizzazione’ informale della funzione legislativa

Un eventuale partito liberale potrebbe mettere insieme un certo numero di studiosi liberali di livello (e provenienza) internazionale insieme ai quali discutere e mettere per iscritto una prima lista di leggi (espresse necessariamente in modo semplice).

A loro volta, questi studiosi potrebbero costituire una società privata di consulenza (chiamiamola “Legislatori Srl”).

Presentandosi alle elezioni, il partito liberale, oltre a presentare il suo programma politico e impegnarsi a realizzarlo per via istituzionale nel caso in cui ottenesse la maggioranza parlamentare, potrebbe anche presentare la lista di leggi che si impegna a difendere.

Chiamiamo “Alfa” uno qualunque dei seguenti soggetti: un singolo cittadino elettore (italiano o straniero); un gruppo comunque formatosi di cittadini (italiani e/o stranieri); una singola azienda (italiana o straniera); un gruppo comunque formatosi di aziende (italiane e/o straniere).

Il partito liberale potrebbe proporre agli elettori italiani la difesa delle leggi che ha incluso nella sua lista in questo modo: se Alfa ritiene che una qualunque norma dello stato italiano, di qualunque tipo, livello e grado, violi una o più delle leggi della lista, Alfa può sottoporre il caso a sue spese alla società “Legislatori Srl” la quale, a partire dal momento delle elezioni, interromperebbe qualunque rapporto e contatto con il partito liberale. (Quest’ultimo si impegna a sciogliersi immediatamente e tutti i suoi membri a dimettersi dal parlamento nel caso in cui uno di loro venisse scoperto a comunicare con un membro di “Legislatori Srl”).

“Legislatori Srl” filtrerà arbitrariamente e insindacabilmente i casi sottoposti alla sua attenzione. Se il caso sottoposto da Alfa non dovesse passare il filtro, non accadrebbe nulla e una parte della somma corrisposta verrebbe restituita ad Alfa. Se il caso sottoposto da Alfa dovesse passare il filtro ma dovesse risultare che, a insindacabile giudizio di “Legislatori Srl”, la norma chiamata in causa non viola nessuna delle leggi che il partito liberale si è impegnato a difendere, di nuovo non accadrebbe nulla e nessuna parte della somma versata verrebbe restituita ad Alfa.

Se tuttavia il caso sottoposto dovesse passare il filtro e dovesse risultare che, a giudizio di “Legislatori Srl”, la norma chiamata in causa viola una o più delle leggi che il partito liberale si è impegnato a difendere, “Legislatori Srl” emetterebbe uno studio approfondito in cui a) spiega il perché di questa violazione; b) indica nei dettagli la soluzione al problema (per esempio abolizione della norma oppure il modo esatto e dettagliato in cui modificarla – soluzione ‘chiavi in mano’); c) indica precisamente i tempi entro i quali, realisticamente, tale soluzione può essere adottata dal partito liberale (nel caso in cui avesse maggioranza in parlamento).

Nel chiedere il voto agli elettori, il partito liberale si impegna a recepire le soluzioni suggerite da “Legislatori Srl” (punto “b”) nei tempi indicati (punto “c”). Ovviamente, vista l’informalità di questo sistema, il partito liberale potrebbe non recepire le soluzioni suggerite dalla società “Legislatori Srl” (o comunque non integralmente) e/o non recepirle nei tempi da questa indicati. Nel chiedere il voto agli elettori il partito liberale si impegna a sciogliersi e a non ricandidarsi se, alla fine della legislatura, i casi non recepiti (o non recepiti nei tempi indicati) dovessero essere superiori a x% (con “x” basso), così da avere una misura della sua credibilità.

Come ho detto, questa è una versione semplificata della proposta (la proposta integrale per esempio prevede che le società “Legislatori Srl” siano più di una e in competizione fra loro). Una illustrazione della ratio di questa proposta prevede la risposta a una serie di domande chiave (le cosiddette “frequently asked questions”, FAQ) che elenco qui di sotto ma a cui in questa sede non posso rispondere per evidenti motivi di spazio (in molti casi il lettore potrà rispondere da solo, ma eventualmente sono a disposizione sul blog per rispondere a ciascuna delle seguenti domande e ad altre):

  1. Perché il sistema suggerito da questa proposta non sarebbe illegale?

  2. Perché non sarebbe anti-democratico?

  3. Perché non sarebbe utopistico?

  4. Che incentivo avrebbe il partito liberale ad auto-limitarsi in questo modo?

  5. Perché questa proposta consentirebbe al partito liberale di attingere a quel bacino di voti immenso (più o meno il 50%) costituito dalla domanda di limitazione del potere politico?

  6. Che incentivo avrebbero gli studiosi di livello internazionale contattati dal partito liberale a costituire la “Legislatori Srl”?

  7. Che incentivo avrebbe Alfa (quando è un elettore italiano) a votare per il partito liberale?

  8. Che incentivo avrebbe Alfa a sottoporre il caso a sue spese alla “Legisatori Srl”?

  9. Perché è ragionevole ipotizzare che il costo di sottomissione per le singole persone o imprese sarebbe molto basso?

  10. Questa proposta richiede che Alfa agisca per motivi ideali oppure per interesse?

  11. Perché questa proposta non richiede necessariamente che Alfa sia un liberale, cioè che condivida razionalmente il sistema di riferimento centrato sulla legge?

  12. In che modo questa proposta riesce a coinvolgere la massa nel processo legislativo? E quali sono i vantaggi di questo coinvolgimento?

  13. Perché questa proposta non implica la spesa di un solo centesimo di denaro ‘pubblico’ (cioè di denaro privato estorto dallo stato con la violenza mediante le tasse)?

  14. Perché Alfa comprende anche cittadini e aziende stranieri?

  15. Perché questa proposta prevede solo una ‘prima’ lista di principi?

  16. Perché questa proposta può costituire un primo passo della rivoluzione ‘copernicana’ (o nomocentrica)?

  17. Perché ed entro quali limiti questa proposta potrebbe portare verso un completamento di questo processo di transizione da un sistema di riferimento centrato sul potere dell’autorità a uno centrato sulla legge?

  18. Questa proposta risponde alla domanda “chi controlla i controllori”?

  19. Quali sono i limiti e i rischi di questa proposta? Nel caso, come arginarli?

  20. Questa proposta sarebbe un miglioramento rispetto alla situazione attuale?

Il sistema politico attuale è disegnato su misura per la massa. Rispetto al cambiamento di sistema di riferimento, la massa è allo stesso tempo un ostacolo e una risorsa. È un ostacolo perché per definizione chi appartiene alla massa è incapace di pensiero autonomo coerente. Per i motivi che ho sostenuto nell’articolo precedente, sono convinto che non sia possibile discutere razionalmente con la massa. Quindi se la transizione dal sistema di riferimento centrato sul potere politico a quello centrato sulla legge è affidato alla persuasione delle masse questa transizione non avverrà mai. Questo tuttavia non lascia, come unica alternativa, il ricorso alla violenza (che sarebbe incompatibile con il pensiero liberale e che, per sconfiggere il totalitarismo moderno, non servirebbe a nulla: anzi peggiorerebbe le cose). Infatti la massa può essere anche una risorsa perché essa agisce in funzione di quelli che percepisce essere i suoi interessi. La strategia divide et impera dello stato totalitario ha obbligato la massa a cercare i suoi interessi nella discriminazione incrociata ai danni dell’altro (ogni persona appartiene contemporaneamente a diverse categorie di cittadini che, mediante la ‘legge’ intesa come provvedimento, sono messe dallo stato le une contro le altre). Ma se un eventuale partito liberale, introducendo la funzione legislativa (che oggi non c’è), desse alla massa la possibilità di cercare il suo interesse nella legge intesa come principio, è molto probabile che, agendo per interesse (cioè non volendolo), la massa contribuisca al restauro della sovranità della legge; che piano piano, senza nemmeno rendersene conto, vi si abitui; e che, a processo compiuto o comunque avanzato, finisca non solo per accettarla ma addirittura per riconoscersi in essa e per non riuscire più a farne a meno. Infatti il sistema di riferimento centrato sulla legge sta già dentro la massa, anche se lei non lo sa in quanto è sotterrato da quello centrato sul potere dell’autorità e anche se non è in grado di riconoscerlo razionalmente.

La proposta che ho sintetizzato sopra dà la possibilità a Maria, a cui il Comune vieta di cambiare la destinazione d’uso del suo immobile agricolo, di trasformare un fienile in una casa per la figlia. Maria sottoporrebbe il suo caso alla società “Legislatori Srl” perché vuole trasformare quel fienile in abitazione, non per difendere la legge e cioè il principio in base al quale ognuno può fare l’uso che vuole della sua proprietà finché non causa danni illegittimi ad altri. Tuttavia, senza volerlo o accorgersene, Maria contribuirebbe a sue spese e magari in gruppo con altri a restaurare quella legge che è stata distrutta dai provvedimenti del parlamento: provvedimenti che sono chiamati ‘leggi’ ma che, essendo espressione di quel potere arbitrario che in origine la legge era nata appunto per limitare, sono l’antitesi della legge.

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  • Giovanni Birindelli

    PS. Integro la risposta alla prima domanda. Lungi dall’essere una società perfettamente libera, l’Inghilterra della prima metà dell’800 si stava muovendo nella direzione della libertà e il momento in cui vi si avvicinò di più fu verso la metà del secolo. In questo periodo la common law era abbastanza estesa e forte (e quindi era forte la separazione dei poteri a cui ho fatto cenno sopra), i cosiddetti diritti civili erano in veloce espansione (seppur c’era ancora molta strada da fare e c’erano zone d’ombra a volte vertiginose, come la discriminazione politica delle donne, il lavoro minorile, il mercantilismo) e la rule of law si esprimeva nella crescita economica e creativa più straordinaria della storia dell’umanità: la rivoluzione industriale fu in gran parte un prodotto della rule of law. Poi, complici eventi storici tipo le guerre, la common law ha cominciato piano piano a recedere e da allora non ha mai smesso, e questo ‘restringimento’ della common law (cioè della rule of law, della sovranità della legge intesa come principio) è stato inevitabilmente accompagnato da un allargamento delle dimensioni e delle funzioni dello stato. Questo trend sta continuando ancora oggi.

  • Giovanni Birindelli

    Grazie per le sue due ulteriori domande.

    Di nuovo, la frase “liberali al governo” richiama il quadro istituzionale attuale, che è totalitario. Non è il governo a dover essere liberale, ma il sistema, il quadro istituzionale. Il punto non è se al governo c’è Tizio o Caio ma come e quanto è limitato il potere di Tizio e Caio. Come dice Popper, “[Il] problema della politica [non è descritto dalla] vecchia domanda: Chi deve governare? [Ma dalla] nuova domanda: Come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?”. Il punto da cui partire, dal mio punto di vista, è distinguere la legge (il principio generale) dalle misure (il provvedimento particolare) e separare in modo assoluto il potere di scoprire, custodire e difendere il primo dal potere di approvare le seconde (oggi i due poteri, quello di difendere i limiti al potere e quello di esercitare gli strumenti di potere, sono nelle mani della stessa assemblea, il parlamento, che per questo è totalitaria). La società perfettamente libera non è mai esistita e non esisterà mai: il punto non è se una società è o meno libera ma se si sta muovendo nella direzione della libertà o nella direzione opposta (nelle parole di Tocqueville, se sta imparando l’arte della libertà oppure se la sta disimparando): a causa dell’idea di legge imposta dal potere e data per socntata dalle masse, noi ci stiamo muovendo nella direzione opposta a quella della libertà.

    Confesso di non aver capito la sua seconda domanda. Il liberalismo, essendo fondato sul governo sotto la legge (e non sopra) non si sogna minimamente di “eliminare i ricchi”. Se la sua domanda era “come proponete di eliminare le narcomafie?”, questa è una domanda che, in primo luogo, richiede che i legislatori (nel senso dei difensori della legge intesa come principio) chiariscano se il consumo di droghe è o meno in violazione della legge intesa come principio ed eventualmente entro quali limiti. Una volta chiarito questo, il problema può avere dimensioni diverse: se, poniamo, i legislatori scoprissero che il consumo di droghe non è illegittimo, le narcomafie potrebbero non avere più ragione di esistere. Se invece essi scoprissero che è illegittimo, il problema sarebbe un problema del tutto analogo a “come combattere i sequestratori di persone”: cioè un problema operativo di lotta al crimine la cui soluzione sta al di là degli scopi di questo articolo e delle mie capacità (ma le posso dire con certezza che la lotta al crimine non si fa legalizzandolo, come oggi avviene per esempio con la redistribuzione delle risorse).

    Saluti

  • beatrice

    grazie per la chiarissima risposta, ma ho ancora due domande:

    c’è nel mondo un paese dove i “liberali” come li intendete voi sono al “governo”? per capire meglio come si vivrebbe imitandolo …

    capisco che i ricchi che vengono tassati possono essere “vittime” di questo totalitarismo, ma sai quanto importa a chi le tasse non le paga per niente e vive ricchissimo e potente col denaro sporco come le narcomafie, che proponete per eliminare questi ricchi?

    grazie

  • Giovanni Birindelli

    Grazie per le due domande.

    Nella ‘democrazia’ totalitaria attuale, dove c’e’ la sovranita’ del parlamento e, attraverso di questo, del ‘popolo’, noi siamo abituati a identificare alcune questioni particolari (tipo quelle che lei cita nella sua prima domanda), rispetto alle quali abbiamo determinate volonta’, interessi o opinioni, e a votare i partiti che su queste questioni particolari hanno le stesse nostre volonta’, interessi, opinioni per farle prevalere. Lo strumento per farle prevalere e’ la ‘legge’ intesa come provvedimento particolare, cioe’ come strumento di potere (per esempio la misura che permette o vieta l’uso di droghe).
    Ora, queste questioni particolari sono legate a principi generali e astratti (i quali sono spesso in competizione fra loro, il che complica molto le cose), e cioe’ alla legge, che nel sistema totalitario attuale non c’e’ in quanto e’ stata sostituita dalle misure (dai provvedimenti particolari, che sono chiamati ‘leggi’ ma che appunto sono l’antitesi della legge).
    Dove c’e’ la sovranita’ della legge (e quindi dove il parlamento non e’ sovrano ma e’ schiavo, della legge), la permissibilita’ o meno dell’uso di droghe, per esempio, non dipende dalla decisione arbitraria di coloro che noi eleggiamo per difendere i nostri interessi, la nostra volonta’, o le nostre opinioni, ma dalla compatibilita’ del consumo di droghe con principi generali e astratti che il legislatore (figura professionale che oggi non esiste) ha il non facile compito di scoprire, custodire e difendere.

    Quanto alla differenza fra Radicali e liberali/libertari, devo confessare che io conosco solo superficialmente la realta’ radicale e che quindi non sono la persona piu’ indicata per rispondere. Tuttavia non mi risulta che i radicali abbiano mai considerato la costituzione italiana uno strumento di totalitarismo: i liberali, per come li ho definiti in questo articolo (non mi riferisco naturalmente a coloro che oggi vengono usualmente chiamati ‘liberali’ o al partito che si chiamava “Partito Liberale”) invece considerano la costituzione italiana uno strumento di totalitarismo in quanto attraverso di essa e’ stato imposto il positivismo giuridico (la ‘legge’ intesa come provvedimento particolare) e quindi la non distinzione fra potere politico e potere legislativo (e quindi l’illimitazione del potere politico). Non mi risulta (ma di nuovo mi posso sbagliare) che i radicali abbiano mai considerato la progressivita’ fiscale (articolo 53 della costituzione) un’espressione di totalitarismo e per esempio siano mai ricorsi alle misure a cui essi di solito ricorrono (tipo gli scioperi della fame o della sete) in difesa delle vittime del saccheggio collettivo da parte dello stato: e cioe’ dei ‘ricchi’. Mi risulta che essi hanno votato la loro fiducia a governi totalitari (che un partito liberale non appoggerebbe mai) e che hanno preso soldi pubblici, sia in quanto partito che in quanto parlamentari (cosa che di nuovo un liberale non farebbe mai). Potrei continuare ma la sostanza e’ questa: dal mio punto di vista i radicali, cosi’ come i comunisti e molti altri, in alcune questioni particolari hanno posizioni molto vicine a quelle dei liberali (per esempio sull’anti-razzismo), solo che mentre i radicali, cosi’ come i comunisti con cui essi hanno governato, difendono queste posizioni solo in relazione alle questioni particolari di loro interesse, e quindi in modo incoerente, i liberali invece, difendendo il principio astratto da cui queste posizioni particolari dipendono (anche quando gli effetti della sua difesa sono scomodi), sono coerenti con le loro idee.

  • beatrice

    ho letto con interesse e mi permetto due domande:
    1) in che conto potrebbe tenere il Partito Liberale leggi come il Testamento Biologico, la Ricerca scientifica sulle cellule staminali, la Libertà Religiosa, la Legalizzazione delle droghe e il Referendum Propositivo.
    2) quale differenza tra Radicali e Liberali/Libertari?
    grazie

  • Antonino Trunfio

    Non posso non introdurmi, sommessamente, nel dialogo. A me sembra che Giovanni abbia una strategia convincente. Non dico la migliore possibile, nè la più efficace o rapida. Ma siccome siamo sul sito di ML e qui si forma il partito “Forza Evasori”, spero che Leo ne tenga conto prioritariamente. Al di la della provocazione del nome del partito nascente, se non si tiene conto di quello che Birindelli ha sempre sottolineato sulla legge, la sua natura e la sua funzione di difesa di principi, qualunque esperimento, compreso Forza Evasori, fallirà miseramente. Concludo col dire che se citiamo Gesù Cristo, introduciamo una figura e una parola che non adopera strategie, ma due categorie sconosciute e poco usate, non previste dall’agone politico. La legge, tuttavia, per come ho imparato a intenderla da Birindelli, dovrebbe tenere conto di queste due categorie : il perdono e l’amore gratuito. Senza queste categorie, qualsiasi legge è disumana, la società che su di essa si basa, destinata all’abisso.

  • Giovanni Birindelli

    Inoltre non si tratta solo di portare dentro il sistema istanze di liberta’ maturate ed elaborate nell’ambito di organismi autonomi extra-istituzionali(ma non anti-istituzionali): si tratta di iniziare un processo in cui a) la legge (che oggi non c’e’) viene introdotta; b) il potere legislativo e’ separato da quello politico, informalmente ma in modo credibile; c) le singole persone sono coinvolte individualmente nel processo legislativo (sottoponendo a loro spese e in gruppo i casi ai legislatori privati), per ragioni di interesse concreto (Maria che vuole trasformare il suo fienile in abitazione, Giorgio che non vuole fare il gabelliere gratis per lo stato, Giuseppe che non vuole essere discriminato fiscalmente, eccetera), non per motivi ideali ; d) e quindi gradualmente, senza volerlo, cominciano a capire e ad apprezzare cosa e’ la legge e la separazione dei poteri. Last but not least c’e’ l’umiliazione dello stato totalitario da parte di un partito che sostiene coerentemente che non c’e’ legge, che non c’e’ separazione dei poteri, e che per questo le deve introdurre lui privatamente.

  • Giovanni Birindelli

    Verissimo: come dice Acton, “il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente”. Questa proposta e’ stata studiata in base a questo assunto. Il liberale non e’ Gesu’ Ccristo quindi noi dobbiamo partire dall’assunto che nel momento in cui prende il potere sara’ corrotto. Quello che distingue il liberale dagli altri, tuttavia, e’ che del liberale puo’ essere corrotta solo la persona DOPO che egli ha preso il potere, mentre degli altri, oltre che a poter essere corrotta la persona dopo che questi hanno preso il potere, sono corrotte le idee GIA’ PRIMA che essi prendano il potere. Questa differenza e’ fondamentale perche’ PRIMA di prendere il potere il liberale non e’ corrotto e puo’ legarsi le mani, cioe’ dare via parte del suo potere (per esempio con questa proposta). Poi dopo egli si corrompera’ (dobbiamo partire da questo presupposto) ma a quel punto sara’ troppo tardi perche’, in base a questa proposta, la legge e la separazione del potere legislativo da quello politico saranno gia’ state introdotte: informalmente, e’ vero, ma questo non vuol dire in modo non vincolante, anzi. Il partito liberale ha interesse ad autolimitarsi in questo modo non solo per coerenza con i suoi ideali (incentivo piuttosto effimero) ma per ottenere voti: non c’e’ niente che oggi porta piu’ voti della limitazione del potere politico. Se un outsider (il liberale) vuole entrare in un mercato gia’ saturo (quello politico) deve offrire qualcosa di diverso e di ‘dirompente’ rispetto a coloro che gia’ dominano il mercato.

  • CARLO BUTTI

    Se ho ben capito, si tratterebbe di entrare nel meccanismo istituzionale vigente, accettandone i meccanismi di legittimazione(in primis il responso delle urne), per portarci dentro , senza alcuna violazione della normativa decisionale stabilita dal sistema(e quindi senza alcun vulnus al principio di legalità), istanze di libertà maturate ed elaborate nell’ambito di organismi autonomi extra-istituzionali(ma non anti-istituzionali). In un certo senso è il tentativo di dar le gambe, pragmaticamente, all’idea crociana del partito liberale come pre-partito, in quanto non portatore di interessi particolaristici, ma di ideali che possono e devono formare l’humus di cui la buona politica, sotto qualsiasi insegna, può e deve nutrirsi. Proposta generosa e interessante, ma ricordiamoci che per redimere le prostitute sedendo a tavola con loro bisogna essere Gesù Cristo, e che la stessa Sua Chiesa, fin quando è rimasta estranea o addirittura s’è contrapposta al potere politico è rimasta santa, quando ha cercato di patteggiare con l’Impero invece di portarci dentro la santità si è portata dentro la corruzione.

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