In Economia, Primo Piano

DI GIUSEPPE SANDRO MELA*

Tutti i problemi la risoluzione dei quali é stata costantemente differita nel tempo giungono alla fine ad un punto di rottura. Se erano facilmente risolvibili nel passato remoto e difficilmente risolvibili nel passato prossimo, giunti adesso al melting point costituiscono una vera e propria emergenza finanziaria, economica ed umana.

Un problema paradigmatico é costituito dai lavoratori precari e specialmente da quelli della Pubbliche Amministrazioni. Le stime più attendibili indicano a circa 3.5 milioni il loro numero: stime, non essendo mai stato reso pubblico quello ufficiale,

Il precariato é stato usato disinvoltamente nel passato sia per aggirare i divieti di assunzione sia anche come ammortizzatore sociale. Questo uso promiscuo ha generato una oggettiva difficoltà di valutazione circa la reale natura di codeste assunzioni precarie singolarmente considerate.

Un’altra difficoltà nasce dal fatto che talune amministrazioni ne hanno fatto uso sproporzionato. Un caso classico é la pubblica istruzione, che ha adesso raggiunto i 4.1 alunni per ogni addetto al comparto, a qualsiasi titolo a carico dello stato.

L’essere costituiti con rapporto precario non implica nessun obbligo legale di futura assunzione, per cui dal punto di vista giuridico il problema é chiaramente definito. Dal punto di vista economico, invece, la situazione contingente impone una restrizione della spesa delle pubbliche amministrazioni, riduzioni che spaziano da una diminuzione dei servizi erogati e della qualità dei medesimi, ma che dovrebbero comprendere anche un ridimensionamento del personale. In fondo, il Contribuente paga le tasse per ottenere servizi, non per mantenere il personale delle strutture.

Con le manovre recentemente introdotte, per esempio la Spending Review, certamente i precari costituiscono l’anello debole della catena

Il fatto che al 31 dicembre vadano a scadenza 230,000 contratti, 160,000 dei quali nelle Pubbliche Amministrazioni, stabilisce una data ineludibile e ravvicinata.

Ma sarebbe ben miope non considerare che il termine temporale medio del contratto precario non supera i due anni. Di conseguenza, sarebbe sprovvido fingere di ignorare che questo problema si riproporrà a scadenze sempre più ravvicinate e concentrate in quel lasso di tempo. Per esempio, a giugno 2013 scadranno 70,000 contratti a termine nella scuola.

Vi sono differenti posizioni.

Alcuni sostengono che il Governo dovrebbe intervenire o assumendo in pianta stabile ovvero rinnovando i contratti precari. Se lo scopo umanitario é evidente, resta tuttavia il problema che quanti avanzano tali proposte non riescono a specificare donde trarre le risorse necessarie.

Altri invece sostengono che i precari erano ben consci che i loro contratti erano a termine, e che quindi il fatto che non siano rinnovati rientra nella logica delle cose. Inoltre, osservano che, esistendo leggi dello stato, esse dovrebbero essere applicate, anche considerando la situazione di dissesto finanziario.

Una cosa sembrerebbe però emergere evidente.

La fuoriuscita dei precari dal sistema delle Pubbliche Amministrazioni avrebbe dovuto essere stata pianificata e, soprattutto, sarebbe stato di estrema utilità formulare criteri oggettivi per salvare l’eventuale salvabile ed attutire l’impatto sugli espulsi. Forse, si potrebbe ancora essere in tempo.

Una ultima considerazione parrebbe essere doverosa.

In ultima analisi, ogni persona è responsabile del proprio destino: se lo costruisce con le sue mani, con le sue scelte, con l’impegno che vi profonde.

Lo é avendo studiato con diligenza nel periodo scolastico, attento a costituirsi un bagaglio culturale e tecnico specifico allo stato dell’arte; lo é nell’aver acquisito quel tratto umano e professionale indispensabile per entrare, e rimanere, nel mondo del lavoro; lo é nell’aver interiorizzato una consistente etica del lavoro; lo è nell’aver eseguito con la dovuta umiltà relazionale il processo di apprendistato, primo evento formativo sul campo.

La scelta del tipo di scuola e la selezione dell’istituto, o dell’università, che maggiormente consente di imparare, sia in termini di insegnanti sia di contesto scolastico, condiziona pesantemente la futura possibilità lavorativa.

Le possibilità di assorbimento dei differenti settori sono note e non variano repentinamente nel tempo. Un esempio per tutti. La Facoltà di Lettere, sia moderne sia antiche, é certamente molto gratificante da un punto di vista intellettuale, ma il suo classico sbocco nella docenza nelle scuole é virtualmente chiuso da oltre dieci anni. Chi avesse intrapreso codesto indirizzo avrebbe ben dovuto essere cosciente che non avrebbe avuto nessuna possibilità lavorativa, una volta conseguito il diploma di laurea.

I tempi in cui lo stato frazionava le classi per consentire l’assorbimento degli aspiranti insegnanti è finito da un pezzo ed il futuro è di ridimensionamento, non di espansione.

Di conseguenza, tutti coloro che hanno lavoro precario presso le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero razionalizzare che un loro inserimento nelle medesime si presenta oltremodo difficile. Quindi, sarebbe opportuno che iniziassero a guardarsi attorno alla ricerca di differente collocazione, avviando anche una propria riqualificazione in settori nei quali ancora fosse possibile trovare collocazione nel mondo del lavoro.

 

*Link all’originale: http://www.rischiocalcolato.it/2012/11/la-bomba-ad-orologeria-del-lavoro-precario-nelle-amministrazioni-pubbliche-esplode-a-dicembre.html

 

 

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