DI ALBERTO VENEZIANO
Guarda che bel palazzo, di chi è? Di una S.p.a. E di chi è la S.p.a.? Degli azionisti. Si può dire che la proprietà del palazzo è divisibile in quote tra gli azionisti? Direi di si.
Guarda che bella chiesa, di chi è? Della chiesa … E chi è la chiesa? La comunione dei fedeli. Ma … di chi è l’edificio? Dipende, è molto complicato stabilirlo, per semplificare si può dire che in genere le chiese sono proprietà di un “ente” (parrocchia, curia ecc.). Ma che cos’è un “ente”? Il participio presente del verbo essere. E se l’ “ente” è proprietà dello “stato” allora la chiesa (o il palazzo) è proprietà di un participio presente a sua volta proprietà di un participio passato del verbo essere. Chiaro?
In ogni centro storico di ogni città o paese, in cima a più soleggiati cucuzzoli dei più bei colli, nei luoghi più ameni che costituiscono “la grande bellezza” di questa italia, ci sono degli edifici magnifici, recintati da parchi da sogno, a volte disabitati, a volte occupati da tre suore o da tre monaci, dove, con una densità abitativa di 3 persone per chilometro quadrato si perpetua il mistero dei beni comuni. Perché sono “beni comuni” sono proprietà della “comunità”, di “enti” o dello “stato” non riconducibili ad azionisti quindi sono “di tutti noi”. Però intanto non ci entra nessuno, o quasi.
Ci entrano i “custodi”, loro si. Il parroco o l’abate sono i proprietari della chiesa e di tutte le attinenze? Nemmeno per sogno, loro sono gli amministratori, gli umili “custodi”, come il vescovo che non è certo il proprietario del palazzo o del castello in cui vive. Allo stesso modo il vescovo di Roma non è certo il proprietario del vaticano e dei suoi “arredi”. Dopo secoli di diatribe si è capito che , se Gesù non era proprietario della sua tunica, né Francesco era proprietario della sua tonaca, avevano i loro buoni motivi, quindi, abiurando la “proprietà” e prendendo in prestito un semplice abito di cashmere vale la pena adottare lo status di “custode” dei beni comuni. Ovvio quindi che, come custode, il Papa abbia il diritto di visitare la Cappella Sistina quando gli pare mentre, io, che sono il proprietario devo farmi una coda di un chilometro assieme a tutti gli altri proprietari.
Loro, i politici con la tonaca, ci sono arrivati prima, è ovvio perché sono svegli, gli altri, quelli in borghese, che magari hanno studiato dai salesiani o dai gesuiti imparano e seguono. C’è ancora qualche fesso di politico che si fa “intestare” l’appartamento con vista Colosseo, andando incontro a guai infiniti, ma i più l’anno capita, meglio non “possedere”. Usare, abusare, se si può, ma sempre atteggiandosi a “servitori” e “custodi” del bene pubblico il cui proprietario unico è il ”Popolo”. E così il Presidente della Repubblica non è certo il proprietario del Quirinale. Anche lui “servitore”,i “custode” supremo della cosa pubblica. E’ la bellezza della democrazia, nella stragrande maggioranza siamo “proprietari” e guardiamo dall’alto in basso i “servitori” dello stato, costretti loro malgrado a custodire le nostre ricchezze.
Ai nostri figli lasciamo orgogliosamente i eredità lo status di “proprietario” li incoraggiamo a diventarlo e così, un giovane “proprietario” del suo bilocale, dovrà sputare sangue per trenta anni stando attento a non saltare le rate del mutuo e delle tasse pena il decadimento dal rango.
Facile fare dell’umorismo e non proporre mai soluzioni, e invece no, la soluzione c’è ed è a portata di mano. Se il problema è “Chi pecora si fa il lupo se lo mangia”. La soluzione non è “trovati un pastore altruista e filantropo, impegnato nel sociale, che ti difenda”. NO! La soluzione è “convinciti che non sei una pecora, NON FARTI PECORA”. E questo non deve essere un atto di fede ma un semplice ragionamento su base statistica. Infatti, se è pur vero che di tanto in tanto, sempre meno, una pecora incontra un lupo che se la mangia, è altrettanto vero e sicuro che, se non avrà trovato un lupo, chi si mangerà la pecora, in un colpo solo o un po’ per volta è SEMPRE E SOLTANTO UNO: IL SUO PASTORE.
Non fa una piega! Come sempre!
Mi sembra che ne abbiamo parlato ancora e anch’io sostenevo che la colpa è di chi si fa pecora dando sempre la colpa a qualcun’altro.
La via d’uscita per non farsi pecora è quella di riconoscere e accettare le proprie responsabilità di uomo libero, pagare le conseguenze dei propri errori e difendere col sangue i vantaggi che derivano dal proprio lavoro, impegno e sacrifici.
I politici, le multinazionali e i soliti americani (i lupi) possono fare (e fanno) solo quello che le pecore permettono loro di fare.
Ciao!
Ciao Leonardo, ho visto degli erroretti da beota … non si può rimediare?