In Anti & Politica, Libertarismo

DI FILIPPO MARTINI

“Le confederazioni sono l’ordinamento più conforme alla natura ed alla storia d’Italia. L’Italia, come avverte molto bene il Gioberti, raccoglie da settentrione a mezzodì provincie e popoli quasi così diversi tra sé, come lo sono i popoli più settentrionali e meridionali d’Europa; ondechè fu e sarà sempre necessario un governo distinto per ciascuna di tutte o quasi tutte queste provincie.”[1]

Così Cesare Balbo apriva il terzo paragrafo del Capo V intitolato “ Della Confederazione degli Stati presenti” del suo celeberrimo “Delle Speranze d’Italia”, libello tanto caro agli amUSAanti dell’articolo quinto della costituzione del 1948, quelli de “l’Italia è una Repubblica unica e indivisibile”. Come sempre, la mistificazione, l’ignoranza e l’indottrinamento vincono sul raziocinio, sul pensiero critico, sull’apertura mentale; qualità che tanti fra coloro che si bagnano le labbra con parole quali “Libertà” ed “Individuo” sembrano aver smarrito per strada.

Come più volte asserito in queste pagine[2], la Scuola Austriaca di Economia propende verso la liberazione dell’Individuo, al compimento di tutte le sue libertà, ponendosi come unico limite – almeno nella sua branca più pura e teorica, quella rothbardiana – il principio di non aggressione. Per questo più volte il tema della secessione è stato trattato; in quanto l’anelare di un popolo alla propria autodeterminazione non può mancare tra le tematiche concernenti la Libertà.

Tuttavia, preme fare chiarezza su alcuni argomenti. Nel nostro vocabolario comune, infatti, sembra che la volontà che tanti popoli stanno manifestando di diventare repubbliche indipendenti e sovrane, non si riallacci, se non con qualche forzatura, al concetto di Confederazione citato da Balbo in apertura. Ebbene, niente è più falso, né più lontano dalla realtà.

Una Confederazione tra Stati che non abbiano pieni poteri o diritti di esercitare la propria sovranità e le proprie leggi in completa autonomia, invero, lede le basi del concetto stesso di “confederazione”, erodendola nel tempo e portandola ad una mera “unione”, le cui parti ormai non saranno più riconoscibili le une dalle altre.

Questo principio era stato compreso a fondo e preso a cuore dai Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America. Essi avevano fondato un agente, a cui i singoli Stati autonomamente e volontariamenteavevano aderito, che li rappresentasse nel mondo e che creasse una Difesa comune; Jefferson, Washington, e sotto certi punti di vista persino Hamilton, rabbrividirebbero di fronte all’Impero di cui oggi Barack Obama è Presidente. (Tant’è, anche se nel vasto mondo liberale pochi tendono a ricordarlo, gli USA nacquero come secessione da un Impero, quello Britannico). Perciò lanullification (il principio secondo il quale uno Stato poteva cancellare una legge federale che ritenesse non consona alle proprie esigenze, o che semplicemente non apprezzava) era così importante per i Padri Fondatori e per i loro diretti successori; per questo Lincoln e la sua Guerra cancellarono l’Unione per come era prima conosciuta [3]. L’idea di Libertà ricercata tra il 1773 ed il 1787 dai “ribelli” d’oltreoceano si poteva sintetizzare, giuridicamente, in due parole, entrambe connesse ai singoli stati, non alla loro Unione: “nullificazione” e “secessione”.

Nel 1815, per protestare contro l’elezione di Thomas Jefferson, i New England Federalists proposero la secessione da Washington[4]. Jefferson, pur esprimendo rammarico per la loro scelta, non mise mai in discussione il loro diritto di compierla.

Quando questo diritto fu messo in discussione, nel 1861, portò ad una delle guerre più sanguinose della storia, la Guerra di Secessione, con più di 600,000 morti da entrambe le parti; tra quei morti si annovera anche il volontarismo di annessione all’Unione che aveva sempre contraddistinto quella parte di Mondo.

Senza mezzi termini, remare contro la mera possibilità di scegliere se secedere o meno non può che rimandare al concetto di accentramento. Ovvero, per il principio di non-contraddizione, se non si vuole che siano gli individui a scegliere per se stessi, si vuole che sia un altro a scegliere per loro; se non si vuole uno stato piccolo, a misura d’uomo, se ne vuole uno grande (che spesso, come la Storia ci insegnerebbe se solo la stessimo a sentire, fa rima con incontrollabile), a misura di tanti e di nessuno; se non si vuole la distribuzione dei poteri, se ne vuole l’accentramento.

E non è un caso che Lincoln abbia avuto un ammiratore tedesco di tutto rispetto: Adolf Hitler[5]. Egli, nel suo celeberrimo “Mein Kampf”, infatti, riconosce che il sogno di un governo virtualmente onnipotente potrebbe essere rallentato – se non infranto – dall’indecisione tra federalismo e centralizzazione. Per questo elogia Bismarck e Lincoln; secondo il futuro Fürher eliminando gli assurdi ed insensati poteri degli stati facenti allora parte –rispettivamente – l’attuale Germania e gli attuali Stati Uniti, essi avevano fatto sì che le rispettive nazioni diventassero grandi e rispettate[6]. Ovviamente, ognuno si tiene gli insegnanti che vuole, fino a legge contraria.

Ritengo qui sopra di aver sinteticamente ricoperto tutti i principali dubbi “intelligenti” riguardanti il diritto di un popolo ad autodeterminarsi – o meglio, il diritto di secessione[7].

Per i dubbi di altro tipo, uno su tutti quello che non riesce a comprendere come un popolo possa secedere se il Parlamento centrale non è d’accordo, mi limito a citare Herbert Spencer:

“La grande superstizione politica del passato era il diritto divino dei re; quella del presente è il diritto divino dei parlamenti. L’olio santo sembra essere inavvertitamente gocciolato dalla testa di un solo a quella di molti, consacrando essi ed i loro decreti”[8].

TRATTO DA: http://vonmises.it/
BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA:
  • HERBERT SPENCER (1886), L’INDIVIDUO E LO STATO, TRAD. DI SOFIA FORTINI-SANTARELLI, S.LAPI TIPOGRAFO EDITORE, CITTÀ DI CASTELLO
  • THOMAS J. DI LORENZO (2006), LINCOLN UNMASKED, THREE RIVERS PRESS, NEW YORK
  • RAIMONDO LURAGHI (2013), STORIA DELLA GUERRA CIVILE AMERICANA, BUR, MILANO
  • LUIGI TARONI (A CURA DI), CESARE BALBO (1944), DELLE SPERANZE D’ITALIA, EDIZIONI ALFA, MILANO
  • ST. GEORGE TUCKER (1999), VIEW OF THE CONSTITUTION OF THE UNITED STATES, LIBERTY FUND, INDIANAPOLIS
NOTE:
[1]Luigi Taroni (a cura di), Cesare Balbo (1944), Delle Speranze d’Italia, Edizioni Alfa, Milano, p.58

[2]Donald Livingston e McGee (Parti IIIIIIIVV) in particolare

[3] Per un approfondimento si veda, per esempio, Il Vero Lincoln e le bugie di Spielberg di Damiano Mondini, Parti I e II

[4] Un altro motivo era legato ai loro attivi commerci con il Regno Unito, all’epoca in guerra con gli USA.

[5] Ebbene, anche questo articolo non è riuscito a smentire la legge di Godwin.

[6] Adolf Hitler, Mein Kampf, pp.565-578

[7] Ho intenzionalmente scritto “ricoperto”, e non “fugato”, dato che in poco più di una paginetta non si possono certo esaurire più di due secoli di letteratura sull’argomento.

[8] Herbert Spencer (1886), L’Individuo e lo Stato, trad. di Sofia Fortini-Santarelli, S.Lapi Tipografo Editore, Città di Castello, p. 113

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Comments
  • Pedante

    Credo che il peccato originale risale a Napoleone, il quale ispirò Bismarck.

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