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cesare-damianoDI MATTEO CORSINI

“Una norma da eliminare è sicuramente quella contenuta nella riforma Fornero che innalza l’età pensionistica a 67 anni: una delle conseguenze è il blocco del turnover e dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro… è questa una delle principali cause dell’anomalo aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile. Su questo punto bisogna intervenire piuttosto che inseguire inesistenti rigidità del mercato del lavoro.” (C. Damiano)

Cesare Damiano, già ministro del Lavoro nel secondo governo Prodi e attualmente presidente della commissione Lavoro della Camera dei deputati, ritiene che l’aumento della disoccupazione sia contrastabile abbassando l’età pensionistica (anche se lui parla di flessibilità). Al tempo stesso, ritiene “inesistenti” le rigidità del mercato del lavoro. Sul secondo punto l’opinione di Damiano si scontra con quella della quasi totalità dei datori di lavoro; io credo che sarebbe irrealistico (e anche ridicolo) considerare tutti costoro degli spietati aguzzini che vogliono precarizzare le condizioni dei loro collaboratori.

Resta il fatto che il dualismo che si è venuto sviluppando nel mercato del lavoro tra dipendenti a tempo indeterminato difficilmente licenziabili e dipendenti a tempo determinato con contratti sempre più corti e discontinui con ogni probabilità non ci sarebbe se licenziare i primi fosse meno complicato.

Quanto all’età pensionabile, sarebbe illusorio credere di risolvere il problema della disoccupazione giovanile riprendendo a mandare in pensione le persone a 60 anni o anche meno. Se il sistema pensionistico fosse a capitalizzazione e non a ripartizione, sarebbe non solo possibile, ma perfino auspicabile consentire a ogni individuo di scegliere quando andare in pensione. Purtroppo, però, il sistema pensionistico italiano (come tanti altri sistemi pubblici) è a ripartizione e anche se si sta (lentamente!) passando da un sistema retributivo a uno contributivo, le pensioni attuali possono essere pagate solo dai contributi versati da chi lavora. Aumentare il numero di pensionati con un’aspettativa di vita pari o superiore a 20 anni non sarebbe l’ideale per un sistema già in precario (dis)equilibrio.

Dato, però, che i nodi verranno al pettine dopo la prossima scadenza elettorale, ai Damiano di questo mondo è facile raccogliere consenso spacciando per soluzioni provvedimenti che aggraverebbero solo i problemi.

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Showing 3 comments
  • Leo

    Da imprenditore l’unico consigli che mi sento di dare è quello di creare business senza dipendenti, ma solo collaboratori o soci…. In Italia non puoi assumere…. è impensabile che uno a cui gli hai dato da lavorare per più di 10 anni, se esca dopo con la vertenza…. con l’abuso dell’orario di lavoro ecc…. Ecco perché non si equipara la vertenza i lavoro alla querela…. ?? Vuoi denunciare? ok hai al massimo 90 gg di tempo per farlo dal momento che hai subito l’illecito…. diversamente vorrà dire che hai accettato il compromesso e ti ha fatto comodo!!

  • Alberto P.

    Magari avessimo un sistema a capitalizzazione stile Cile!

    Purtroppo come ben detto il nostro sistema eroga pensioni grazie ai contributi di chi sta lavorando…uno schema Ponzi a ben vedere!Ma non è tutto qui…

    In breve alcuni dati del 2012:

    INPS paga 248 mld di pensioni
    I contributi versati all’INPS da chi attualmente lavora sono 210 mld.

    Ne mancano 38 mld all’appello…indovinate chi ce li mette??? Il contribuente!! Ebbene sì, sono recuperati attraverso la fiscalità generale! Bello no?? E’ un sistema marcio e indifendibile! Altro che le tesi fallimentari del comunista Damiano…

    STATO LADRO e USURPATORE!!

    Saluti

    Alberto P.

  • FrancescoL

    Damiano è un altro mistificatore comunista, non esiste altra materia più clamorosamente sbilanciata a favore di una parte (lavoratore dipendente) del diritto del lavoro, quanto alla rigidità che secondo l’ex ministro non esisterebbe, basta vedere gli adempimenti che gravano sulle aziende al momento dell’assunzione, per non parlare dei licenziamenti praticamente impossibili a meno di non scendere a patti col sindacato pagando numerose mensilità al dipendente anche quando l’azienda sta chiudendo. Il premio dell’ingiustizia però spetta alla norma che prevede il pagamento della multa quando si licenzia un dipendente (riforma fornero) per alimentare l’ASPI che è dovuta anche nel caso di licenziamento per giusta causa (es. il dipendente trovato a rubare).

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