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i quattro austriaciDI MATTEO CORSINI

“Molte delle scuole di pensiero alternative appoggiate dalla Post-Crash Economic Society – per essere brutalmente onesti – non meritano di essere insegnate nelle aule. Alcune, come le scuole Austriaca e Marxista, sono collezioni di idee prive di metodologie per testarle. A differenza dell’economia mainstream, non sono quantitative. A differenza della sociologia o dell’antropologia, non hanno procedure per la ricerca sul campo di dati qualitativi. E a differenza della psicologia non possono essere testate in laboratorio. In realtà, queste scuole di pensiero alternative non sono per nulla scienze sociali, bensì più simili alla teoria critica insegnata nei dipartimenti di letteratura”. (N. Smith)

Noah Smith ritiene che la richiesta da parte di associazioni di studenti tese ad ampliare il numero di teorie economiche insegnate nelle università sia fuori luogo. Va detto che Smith è uno di quegli economisti che preferiscono partire dai numeri per elaborare una teoria, invece che basare la teoria a partire da assiomi autoevidenti inerenti l’azione umana e usare poi i numeri come complemento.

Questo spiega la sua avversione, tra le altre, per la scuola Austriaca, della quale, peraltro, ho la sensazione che le sue conoscenze si limitino a ciò che legge in blog a loro volta critici nei confronti della teoria austriaca. Non credo si spiegherebbero altrimenti le sue affermazioni, del tutto prive di supporti concreti. Affermazioni che, più che “brutalmente oneste”, mi sembrano brutalmente dettate da un pregiudizio.

Posto che se leggesse pubblicazioni di economisti della scuola austriaca troverebbe anche dei dati numerici, resta il fatto che, come osservava Mises, spesso gli economisti confondono la teoria economica con la storia economica. Perché le serie storiche di dati sono, appunto, storia. E trattandosi di dati determinati dall’azione umana, ben difficilmente possono essere modellizzati in modo tale da prevederne l’evoluzione utilizzando le tecniche quantitative generalmente utilizzate, per esempio, in ingegneria.

Non a caso, chi parte dai dati storici per elaborare una teoria e un modello, con quel modello può cercare di spiegare ex post cosa è accaduto, ma non prevedere cosa accadrà. Certo, le previsioni vengono fatte sulla base di quel modello, ma la confidenza associata a tali previsioni è eccessiva e, come confermano quasi sempre i risultati ex post, mal riposta.

Quanto poi alla teoria del ciclo economico della scuola Austriaca, se Smith si documentasse adeguatamente potrebbe scoprire, analizzando i dati, che questi confermano, ciclo dopo ciclo, la validità della teoria stessa. Il fatto di non fare previsioni del tipo “il prossimo anno il Pil aumenterà del X% e i tassi di interesse a N anni saranno Y%” è dovuto unicamente alla considerazione sopra accennata inerenti gli errori dell’utilizzo di strumenti adatti a discipline come l’ingegneria quando si ha a che fare con l’azione umana.

Ciò detto, ecco cosa propone Smith:

Invece di insegnare un maggior numero di teorie, i corsi di base di economia dovrebbero insegnare qualcosa di meglio: come scegliere tra di esse. Se non c’è un metodo rigoroso per decidere quale teoria usare in una determinata situazione, allora gli orientamenti politici e i pregiudizi giocheranno inevitabilmente un ruolo sulla scelta della teoria da appoggiare. Al contrario, dovremmo insegnare agli studenti come basarsi sui fatti invece che sulle opinioni. Il che significa empirismo.”

Ovviamente Smith ritiene le sue opinioni esenti da “orientamenti politici e pregiudizi”, ma sostituire l’empirismo alla possibilità di conoscere teorie diverse dal mainstream significa ritenere che il mainstream stesso sia un dogma. Smith tratta le teorie economiche che non condivide, magari senza neppure conoscerle, come se fossero una sorta di riproposizione della teoria geocentrica.

Non che sia sbagliato insegnare anche a “maneggiare” i numeri, ma gli approcci quantitativi devono essere il complemento di una teoria economica, non il contrario.

 

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Showing 6 comments
  • Fabrizio de Paoli

    Questo Noha Smith è parecchio contraddittorio, infatti dice:

    “Al contrario, dovremmo insegnare agli studenti come basarsi sui fatti invece che sulle opinioni. Il che significa empirismo.”

    Bene! Basiamoci sui fatti: collasso economico globale mai visto prima della manipolazione monetaria.
    Valori irreali, virtuali e schizofrenici.
    Conto economico impossibile, poiché basato su quei valori.
    Impossibilità di distinguere il capitale dal debito.
    Impossibilità di distinguere il creditore dal debitore, sarà lo stato a decretarlo a seconda di cosa gli farà comodo.

    L’unica cosa giusta che ha detto questo Smith è proprio che agli studenti bisogna insegnare a basarsi sui fatti, a quel punto probabilmente non prenderebbero più in considerazione né Keynes né Marx.

  • Albert Nextein

    Sarà uno dei soliti sopravvalutati tromboni keynesiani che attacca il carro dove vuole il padrone.
    Chissà come reggerebbe un faccia a faccia con Rockwell o altri libertari come Tom Wood.
    Poche domande cui io farei rispondere i contendenti.
    Significato del risparmio privato.
    Pianificazione fiscale governativa e libertà individuale.
    Oro.
    WTO e barriere doganali.

  • Pedante

    “A differenza della sociologia o dell’antropologia, non hanno procedure per la ricerca sul campo di dati qualitativi.”

    Dati qualitativi che possono essere totalmente campati in aria come quelli raccolti dalla Mead, degna erede della Scuola boasiana.
    https://www.youtube.com/watch?v=lyOD-qNaiL0

  • Ari

    Sarebbe possibile sapere chi è Noah Smith?
    Sarebbe interessante per inquadrare meglio l’interessante articolo.
    Infatti, di sciocchezze se ne sentono tante, ma se le dico io non faccio danni, mentre se le dice qualcuno di importante/influente è un’altra cosa.
    Grazie e saluti!

    Ps: io intanto a scuola mi son sorbito Marx, Ricardo, P. Sraffa e compagnia pre-post marxisteggiante sui libroni di Samuelson. Mentre di Austriaci nisba!

    “Contrariamente a quanto molti scettici in precedenza avevano creduto, l’economia sovietica è la prova che … un’economia pianificata socialista può funzionare e persino prosperare. P. Samuelson (anno 1989!)

  • Alessandro Colla

    C’è qualcosa di più grave: l’assimilazione della scuola austriaca a quella marxista. Significa voler confondere le idee. Mettere sullo stesso piano chi vuole uccidere con chi vuole creare, solo perché tutti e due sono diversi dal convenzionale, è un espediente disonesto. Dubito, poi, che la scuola marxista possa essere considerata fuori dal coro. Va soltanto un po’ meno di moda, sul piano della credibilità popolare, rispetto agli anni settanta del ventesimo secolo.

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