In Anti & Politica, Economia

CINAMERCATODI ELISABETTA SCARPELLI

Ne “L’innocenza del Mercato”, Mises afferma che l’economia di mercato implica la democrazia e la pace e che essa è “l’unico sistema fattibile di cooperazione sociale”. Il Mercato è il regno della Libertà e i consumatori ne sono i sovrani. Infatti, Mises dice che “il mercato è una democrazia in cui ogni penny dà diritto ad un voto”.

Invece al mercato vengono attribuite un sacco di colpe, ma esso è sempre innocente. Fra le “colpe” attribuite al mercato vi è quella di produrre troppi beni superflui e non necessari, dimenticando che tali beni vengono prodotti perché c’è richiesta di essi da parte dei consumatori. ” Fabbricando beni superflui – ricorda Mises- si guadagna né più e né meno di quanto si guadagna fabbricando beni utili”. E come non è colpa del denaro se esistono i ladri, i truffatori, gli assassini, i giudici e i politici corrotti e corruttibili, così non è colpa del mercato se vi sono guerre, pornografia e beni superflui.

Solo il mercato produce benessere ed è il fondamento della Libertà, ma nonostante il mercato produca benessere e sia il fondamento della Libertà, esso ha molti nemici. Alcuni noti, altri apparentemente insospettabili.

I più importanti e i peggior nemici del mercato sono gli statalisti e gli interventisti, i sindacalisti e la maggior parte degli intellettuali (e alla base delle loro affermazioni contro il mercato c’è una profonda ignoranza e soprattutto insipienza delle leggi economiche più elementari e due non nobili attitudini: l’invidia e il risentimento), ma anche vaste categorie di cittadini, primi fra tutti i dipendenti pubblici e altri parassiti che campano di tasse altrui. E infine, gli stessi imprenditori, o almeno una parte di essi, i quali, sapendo che il mercato non garantisce nessuna fonte permanente di reddito e volendo difendere le loro posizioni e proprietà, cercano appoggi politici e interventi dello Stato per limitare, nel settore in cui operano, la competizione.

Praticamente oltre l’80% della società civile è contro il mercato inteso come unico sistema fattibile di cooperazione sociale senza ingerenze statali. Capite ora, perché il sistema è irriformabile?

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Showing 17 comments
  • Alessandro Colla

    In cinque minuti di spazzatura televisiva dozzinale avrebbe fatto di più? Infatti. Ha perso nel 1996, nel 2006, nel 2013; quando ha vinto a livello nazionale, ha perso a livello locale. L’unica vittoria, peraltro amputata, nelle elezioni locali del 2010 l’ha lasciata cadere in batteria (vedi il caso Polverini nel lazio). La legislatura del 2008 non l’ha portata a termine, la magistratura gli è andata sempre contro fino alla decadenza parlamentare, finanza e pressioni internazionali gli hanno tolto Palazzo Chigi mentre era in carica, le riforme che diceva di volere non sono state approvate neanche quando era in maggioranza, quando si approvavano perdeva i referendum grazie anche alla sua incapacità di abrogare la legge che non vuole i referendum nella stessa data delle elezioni, lo scranno senatoriale se l’è giocato, la sua squadra sportiva si chiamerà “Pechìn”, i gruppi Mediaset, Fininvest e Mediolanum chi “Vivendirà” vedrà, il suo partito politico scende dal quaranta per cento delle europee 1994 al nove per cento attuale, le sue ambizioni di un’unica lista con i cosiddetti affini naufragata su scogli grossi e …Fini. Risultato culturale dei suoi cinque minuti di immondizia: aumentano quelli che credono che la colpa della crisi sia da imputare al “liberismo selvaggio”, compresi quelli che votano “a destra”. Cinque minuti di televisione generalista, la stessa illusione presuntuosa della Democrazia Cristiana e di Bernabei. Caduto il muro di Berlino, abbiamo visto come è andata a finire. Questi i risultati? Un fesso, dunque. La storia, questa volta, è stata più veloce del solito.

  • Alessandro Colla

    I Cinque Spasmi anticomunisti? Ho qualche dubbio. Alcuni consiglieri del mio municipio provengono da Rifondazione Comunista. Non credo siano un caso isolato. Come non credo sia anticomunista lo pseudoattore di riferimento.

  • riccardo

    Per la diffusione del pensiero liberale a fatto più la casa editrice Rubbettino e la casa editrice liberi libri di venti anni di berlusconismo, che pur avendo tre reti televisive la Mondadori e un quotidiano come il giornale non ha praticamente fatto niente affinché il liberalismo uscisse dal ghetto dove è stato confinato.

    • winston diaz

      A suo tempo lessi, ma non sono piu’ riuscito a ritrovare la fonte esatta, forse era su un quotidiano cartaceo la cui memoria e’ ben piu’ volatile della rete, che quando quelli dell’istituto bruno leoni (potrei ricordare male lo specifico del nome, ma se non erano loro era un gruppo equivalente) sono andati a chiedere spazi e risorse per diffondere la cultura liberale, Berlusca gli ha sorriso con l’aria di chi la sa lunga e gli ha detto, accompagnandoli alla porta, che lui con 5 minuti di adeguata televisione dozzinale e generalista avrebbe fatto di piu’ di tutti i libri sul liberalismo, o qualcosa del genere con equivalente significato.

      Abbiamo visto i risultati, specie quelli a lungo termine. D’altra parte e’ anche vero che non si puo’ cavare sangue da una rapa, per cui forse aveva anche ragione.

    • winston diaz

      “e un quotidiano come il giornale”

      diciamoci la verita’, il giornale e libero, come giornali che dovrebbero portare la bandiera del centrodestra liberale, nel complesso sono vera spazzatura editoriale, e organi di partito nel senso piu’ deteriore della parola, cioe’ del tutto privi di liberta’ intellettuale, l’impressione netta e’ che, tranne eccezioni, scrivano veline sotto dettatura.
      Tutto sommato aveva ragione Montanelli quando diceva che un giornale serio non avrebbe mai potuto essere tale e nel contempo appoggiare propagandisticamente la tesi di una delle fazioni politiche, che questo era il senso della sua opposizione alla trasformazione del Giornale in ingranaggio della macchina elettorale del berlusca di allora.

      • Spago

        Io per lavoro devo conoscere bene i quotidiani e mi dispiace dire che il Giornale è uno dei peggiori, al netto di certe firme valide e interessanti. E non faccio una questione di orientamento politico, ma di qualità del giornale, di deontologia e di affidabilità delle cose che uno ci trova scritte, di notizie false o distorte, o infondate. Poi se le notizie sono false e i dati sono sbagliati anche le analisi o le opinioni sviluppate sopra sono evidentemente infondate. Il problema non è ovviamente il fatto di essere di destra. Il foglio è un giornale di qualità ad esempio. Per fare un esempio di segno diverso Repubblica è anche un giornale inaffidabile. Per esempio è capitato spesso che traducesse articoli stranieri senza citare la fonte e spacciandoli come propri, addirittura firmandoli. Questo dice la professionalità. Evidentemente Berlusconi ritiene che un giornale debba essere anche un po’ Trash per acchiappare più lettori..

  • Alessandro Colla

    I motivi per cui l’ha fatto non mi interessano. Rimane colpevole di aver tradito la rivoluzione liberale e di aver ingannato gli elettori che speravano in quel progetto. E se il popolo parteggia per progetti statallistici sarà anche allucinante ma rimane colpa sua. La storia dirà un giorno che tutti i traditori in realtà sono fessi. Più di quanto immaginiamo. Non sarà una consolazione ma comunque una constatazione.

    • winston diaz

      Gli elettori di berlusca e alleati erano in gran parte visceralmente anticomunisti, non liberali: la destra italiana, perlomeno dal fascismo in poi, non e’ liberale. E contro gli ex-comunisti avrebbe vinto chiunque si fosse presentato alle elezioni, vedi i grillini di oggi.

  • Alessandro Colla

    E’allucinante ma la colpa è di Berlusconi. Se avessi avuto io tre reti nazionali, una l’avrei dedicata tematicamente alla diffusione del pensiero liberale. Quello vero, non quello dei sedicenti “liberals”. Sarebbe passato alla storia non solo come un artefice della rivoluzione liberale ma anche come il primo italiano a creare una rete televisiva autenticamente culturale. Verrà ricordato per aver tradito le premesse di una rivoluzione liberale autentica. Anche perché non si può essere rivoluzionari e moderati al tempo stesso.

    • winston diaz

      Guarda che Berlusca non e’ mica fesso come noi: se avesse fatto cio’ che dici non sarebbe mai restato in sella per tanto tempo.

      Gli italiani sono “liberali” ma solo con la roba degli altri (esattamente come i comunisti).

      Se ti pare strano, guarda alle “libere professioni”, si’ proprio quelle che votavano in massa “partito liberale italiano”, PLI: erano e sono la sentina del corporativismo protezionistico burocratico illiberale piu’ assoluto, peggio anche dei comunisti (infatti ha fatto piu’ riforme liberali Bersani del Berlusca che andava a raccattare voti al congresso dei notai napoletani, me lo ricordo bene il suo comizio sentito per radio, probabilmente e’ ancora nel preziosissimo archivio di radio radicale).

  • riccardo

    Infatti “lo stato sono loro” (i politici)
    e noi cittadini e consumatori siamo il mercato.. .noi siamo la libertà e la responsabilità. Loro sono la coercizione e il privilegio.
    è allucinante che ancora oggi “il popolo” parteggi per lo stato e non per il mercato, quindi Contro se stesso.

  • Alessandro Colla

    Il motivo per cui la gente non capisce che il mercato siamo noi è perché il generale De Gauche (sì, i gollisti sono di sinistra come Mitterrand e Hollande con buona pace di chi sostiene il contrario) gli ha fatto credere che noi siamo lo stato e che lo stato non siano loro. Loro i burocrati, con annessi nobilastri interessati e nemici del ceto borghese. Che essendo produttivo, disgusta il citato parassitame.

  • riccardo

    Quello che la gente si ostina a non capire è che “il mercato siamo noi” e quindi ne siamo responsabili nel bene e nel male. Per questo il mercato è sempre innocente.

  • eridanio

    Già!…I nemici del mercato son coloro che pensano di essere stati esentati dall’interagire col prossimo e di aver presuntuosamente ricevuto il diritto di non rispondere delle prorie azioni, rendendo il prossimo in ogni caso massivamente tributario di beni e stima verso iniziative che col mercato nulla hanno a che vedere. Anzi, il risultato delle loro azioni distorce un processo di sviluppo che la società non ha ritenuto di premiare per la specifica utilità.
    Non mi piace riferimi al mondo della fisica, ma i comportamenti dei nemici del mercato possono essere accostati all’arroganza di poter, sia pure per finalità nobilissime, sospendere, ad esempio, la legge di gravità per manifesta perniciosità  ed iniquità verso particolari interessi meritori di tutela.
    Pura idiozia, molto spesso solo megalomania (interessata o meno non fa differenza) che solo uno stato di profonda prostrazione soppressione ed umiliazione della più naturale dote d’intelligenza può giustificare.
    A volte il mercato premia mentre altre volte il mercato stronca.
    Essere alfieri in un caso o detrattori nell’altro è il caratteristico comportamento che rende evidente la latente ignoranza economica.
    Tutti, a nostro modo, veniamo da questo stato; se non altro, da quando abbiam iniziato, con esperienze distinte, a farci carico delle nostre responsabilità.
    Ma con l’ignorante economico l’interazione pur sempre conviene (e non è eludibile). Conviene non per cercare di educare o per mero spirito di servizio (comunque encomiabili), ma per affermare – come ogni giorno avviene – il soggettivo interesse da perseguirsi in proprio od in associazione con altri evitando i danni di una supina connivenza o di un’ accidia di fatto. Operare con la consapevolezza delle dinamiche del processo spontaneo di mercato porta sempre un maggior numero di ignoranti economici in primo luogo ad interrogarsi ed eventualmente ad imitare le migliori pratiche. Questo sottrae soggetti in cerca di opportunità all’imitazione di pratiche meno soggettivamente ottimali. I più fortunati (dal mio punto di vista), in secondo luogo son portati ad approfondire gli argomenti, liberandosi quindi dalle catene del pensiero incongruo.
    Nell’apprendimento di questa attitudine valutativa gran parte dei contenuti rilevanti sono perlopiù inesprimibili con concetti didascalici, così questi non si rendono agilmente trasmissibili  se non attraverso la personale esperienza pratica ed applicazione materiale unita ad uno studio delle principali Leggi economiche.
    L’ opportunismo poi potrà sembrare deprecabile, ma non condannabile per se.
    Il mercato è complessivamente un processo, ma è pure un processo apprendere come e perchè parteciparvi.

  • Giovanopoulos

    Raramente leggo un articolo così ineccepibile ed esaustivo nella sua sinteticità, da non sentir la necessità di aggiungere alcunché.

  • winston diaz

    In realta’ tutte le categorie elencate sopra che sarebbero contro il mercato, sono favorevolissime ad esso quando gli conviene, cioe’ quando devono acquistare qualcosa, tirando fuori i loro soldi, al piu’ basso prezzo possibile.

    Trovatemene UNO di quelli, che sia disposto a pagare un centesimo in piu’, a scapito della concorrenza e del mercato che dicono di aborrire.

    Quindi anche loro si comportano seguendo le regole del mercato, solo che non lo sanno, e questa loro ignoranza produce sfracelli ulteriori, ad esempio il prevalere dei grandi monopoli sulle piccole attivita’ che solo a parole dicono di difendere, ma intanto oberano di norme e tasse. Quando devono comprare, spendendo i LORO soldi, comprano su amazon, perche’ costa un centesimo di meno.

  • Albert Nextein

    Direi che esista un atteggiamento bipolare nei confronti del libero mercato.
    Se conviene ne si diventa alfieri.
    Se non conviene lo si condanna.
    Opportunismo ed incoerenza della gente sono ragioni basilari di irriformabilità del sistema.
    Su di esse speculano i delinquenti politici.

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