In Anti & Politica

politically correctDI LUIGI VALENTE

Lo stereotipo del libero pensatore contemporaneo è una delle illusioni migliori che abbiano creato le intellighenzie di sinistra. Relegando nella cerchia degli ignoranti materialisti tutti coloro che lavorano, la sinistra ha costruito il mito del nullafacente che ne sa più degli altri e che, non oberato dal lavoro, può apprezzare l’arte e raggiungere vette di pensiero precluse a chi razzola nel fango alla ricerca di denaro. Senza considerare che Michelangelo era un borghese, e che quel David non era frutto di una canna in più, ma di studio, lavoro e bisogno di guadagnarsi da vivere. Galileo scrutava anche le stelle, ma come tutti noi altri doveva guadagnare, e vendeva i numeri per l’oroscopo come un ciarlatano qualunque. Van Gogh sarà anche passato alla storia come pittore visionario, folle, misantropo, outsider, ma non lo fu per sua volontà: quei quadri che ora valgono miliardi di dollari, tentava di venderli per pochi spiccioli, perché anche lui doveva vivere.

L’illusione di un pensatore totalmente distaccato da queste vili questioni terrene è possibile solo al giorno d’oggi, dove lo Stato ha creato una vastissima fetta di popolazione che vive senza lavorare, di rendita. E questa gente si è in qualche modo convinta che chi lavora sia inferiore, che il bottegaio borghese non apprezzerà mai la bellezza della Gioconda perché non ha letto interi pipponi in proposito. Hanno separato il pensare dal lavorare, perché in una società dove (giustamente) ottieni qualcosa solo se dai qualcos’altro in cambio, il libero pensatore avrebbe finito per morire di fame.

Spaventati dalla loro stessa inutilità, i liberi pensatori di sinistra si sono dati il ruolo di ammonire e aprire gli occhi alla società, e così nascondono la realtà a tutti: che campano, cioè, di stipendi fissi, rendite o soldi dei genitori. E gli sta benissimo.

Intanto il progresso lo fanno gli altri, gli ignoranti.

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Showing 37 comments
  • Pedante

    Amore, odio, intolleranza, fratellanza…

    – “Quando io uso una parola” disse Humpty Dumpty, in tono non privo di disprezzo, “la parola significa quello che io voglio farle significare, nè più nè meno.”
    – Ma la questione è”, disse Alice, “se può dare alle parole tanti significati diversi…”
    – “La questione è” ripetè Humpty Dumpty, “chi è che comanda… ecco tutto.”

  • christian

    “L’ortodossia non si tocca!
    Al rogo l’eretico!”
    Hai ragione, solo bisogna capire chi è l’ipotetico ortodosso e chi il supposto eretico.
    Ad esempio un ortodosso che non capisce e non conosce una nuova realtà e per questo la marchia a fuoco come truffa.
    Non si possono tollerare gli intolleranti e non si può che disprezzare colui che è il primo a disprezzarti. Troppo facile tirare per primo un sasso e poi alzare le mani dicendo che bisogna fermarsi altrimenti si potrebbe entrare in un circolo vizioso.
    Presumere la buona fede va bene nei primi contati, nei successivi c’è la consapevolezza di chi si ha di fronte e si agisce di conseguenza. Inoltre, essere convinti “in buona fede” sulla correttezza delle proprie idee non le rende meno pericolose quando queste sono intolleranti e coercitive. I fondamentalisti Islamici sono sicuramente in buona fede, come lo arano la maggior parte dei fascisti, nazisti o comunisti. Sicuramente di grande consolazione per tutti quelli morti (oltre ai loro parenti) per colpa di queste idee e di queste persone in “buona fede”.
    Forse si confonde il NAP con il principio di porgere l’altra guancia od i “quattro gatti” di libertari con quattro pecore belanti.
    Nessuno ama la coercizione degli altri verso se stessi (nemmeno i masochisti visto che il loro sottoporsi a certe “pratiche” è sempre volontario) ma mi sembra che molti amano la coercizione verso gli altri (la propria o quella di altri allineati con in proprio interessi).
    Concordo sulla questione della strategia comunicativa ma se dopo che hai dimostrato la fallacia ed incoerenza delle idee altrui idee si ottengono solo vergate (sia in modo figurato che letteralmente) cosa si dovrebbe fare.
    Fidenato come doveva comportarsi nei confronti di coloro che lo hanno minacciato e distrutto il suo campo? invitarli a pranzo per discutere sugli OGM offrendogli una tavola imbandita di prodotti biologici per farli sentire a proprio agio?

  • Faber

    @Winston Diaz. Certo che da un libertario non mi aspetto la morale. L’odio, il disprezzo sono sentimenti che non ledono la persona o la proprietà altrui. Non pensate che una società libertaria sia priva di conflitti, se lo pensate siete utopici come gli altri, non libertari. So che lei non proporrebbe mai una legge che vieti di odiare, ma il suo ragionamento è in linea con le élite globaliste di oggi che vorrebbero legiferare anche sui sentimenti.
    L’odio e l’amore sono fatte della stessa energia, negate l’uno e negate anche l’altro.

    • winston diaz

      “L’odio, il disprezzo sono sentimenti che non ledono la persona o la proprietà altrui.”

      Quello che intendo dire e’ che i quattro gatti libertari dovrebbero cercare di non odiare e disprezzare troppo perche’ l’odio genera sempre altro odio di ritorno, che non e’ la strategia migliore per diffondere e cercare di far condividere da altri, senza coercizioni, le proprie idee.
      Mi pareva di aver capito che qui dentro non si ama molto la coercizione, o si intende solo la coercizione dagli altri verso se stessi? Questa non la ama nessuno, non solo i libertari, salvo i mascochisti.

      Si tratta anche di strategia comunicativa, che se si riesce a rispettare le idee altrui pur quando le si mette in discussione e si cerca di dimostrare che sono sbagliate, e’ meglio. Io per default presuppongo sempre la buona fede del mio interlocutore, e non mi piace quando vedo invece che una discussione parte gia’ considerando un malvagio e un imbecille l’interlocutore. Anche perche’ di solito non e’ vero, perlomeno per quanto riguarda la malvagita’, la maggior parte delle persone crede in buona fede nelle proprie idee e posizioni. Sia che siano di qua che di la’ della contrapposizione ideologica. Non e’ solo una questione di civilta’, credo che in tal modo se si ottenessero dalla discussione dei risultati, sarebbero anche piu’ duraturi.

      “So che lei non proporrebbe mai una legge che vieti di odiare, ma il suo ragionamento è in linea con le élite globaliste di oggi che vorrebbero legiferare anche sui sentimenti.”

      Non credo: la morale riguarda le linee di comportamento che uno cerca di imporre a se stesso, non agli altri: la morale che si vuole imporre agli altri non e’ morale, e’ il moralismo dei bigotti, che non solo non ha nulla a che fare con la morale, ma ne e’ il contrario. Il bigotto moralista di solito tanto ci tiene ad imporre una morale agli altri, quanto se ne autoesonera personalmente. Il contrario di cio’ che iovorrei intendere.

    • Pedante
  • Alessandro Colla

    Ho vissuto anch’io la mia giovinezza negli anni settanta e ottanta del ventesimo secolo; ricordo benissimo le follie di quegli anni, anche in campo urbanistico. Le segnalazioni di Wiston Diaz non fanno altro che confermare la presenza invasiva dell’interventismo pubblico attraverso lo strumento legislativo (Ponte, Bucalossi, Nicolazzi e via dicendo). Il contrario, quindi, di quanto sostengono gli autori del libro che ho citato. Prezzolini, in un articolo su La Voce del 1912 scrisse che a Bergson doveva la guerra, la spinta, l’individuo; a Croce la pace, l’arrivo, la società. Bergson era un clericonazionalista francofilo, mi si consenta il neologismo “francolatra”. Come possa aver trasmesso a Prezzolini l’idea di individuo, quando la nazione supera esso, lo sapeva solo Prezzolini stesso. Se a Croce doveva la società, ciò conferma che il liberalismo di Croce era annacquato. Non conocsco, però, testi che testimonino l’amaro pentimento di Prezzolini per i precedenti scritti su Croce. Così come non ho capito il riferimento all’ortodosiia che non si tocca e chi vorrebbe gli eretici al rogo.

    • winston diaz

      “Il contrario, quindi, di quanto sostengono gli autori del libro che ho citato.”

      Esatto, il risultato di quella legislazione, che ha oggi raggiunto livelli di vero parossismo (credo che la nostra edilizia sia di gran lunga la piu’ regolamentata in assoluto al mondo, e di certo lo e’ nel mondo occidentale, figuriamoci percio’ rispetto ai paesi piu’ arretrati) e’ stato di produrre sempre piu’ speculazione e corruzione (perche’ la iperegolamentazione, intralciando, ha fatto lievitare i costi e ha reso impossibile fare alcunche’, in casa propria, senza l’interessamento, oneroso (non necessariamente corruttivo, e’ gente che deve comunque essere pagata), di mille responsabili pubblici e professionisti privati.

      Pensate che siamo arrivati al punto di OBBLIGARE per legge a far spendere almeno il 5 per cento per la sicurezza di cantiere (mi pare sia quello l’importo, non ricordo esattamente), perche’ si e’ supposto che se si spende meno allora la sicurezza sia messa a repentaglio – hai capito, l’importante e’ che spendi). In realta’ poi sono tutti stratagemmi per aumentare il fatturato “in chiaro” e quindi la tassazione e l’introito fiscale, cio’ che fa approvare queste leggi alla fine, che fa tagliare la testa al toro, e’ la constatazione che cosi’ si fa aumentare la spesa, il pil formale, e dunque le tasse incassate, e il governo, riempendo le sue casse col tesoretto da redistribuire ai suoi clientes, fa bella figura e resta al potere.

      Ma purtroppo accade questo anche perche’ la mentalita’ italiana e’ cosi’, in ogni settore, non solo nell’edilizia. In ogni settore e quindi anche nella burocrazia. La burocrazia e la legislazione folli non sono la causa, sono l’effetto di una mentalita’ puntigliosa e perfezionistica, che punta al controllo totale, ed e’ ubiquitaria.

      In qualsiasi campo, se parlate con gli esperti, scoprite che abbiamo le leggi e le regolamentazioni di gran lunga piu’ dettagliate e pretenziose di qualunque altro paese europeo (in agricoltura, in igiene, in sicurezza, in industria, in edilizia) da ben prima della unione europea, ma questo purtroppo lo sanno solo gli esperti piu’ consapevoli di ognuno dei vari settori, in grado di fare confronti.

      Ma a sentire i regolamentatori dei vari settori (gli urbanisti sono fra i peggiori, anche perche’ la regolamentazione e’ l’essenza del loro lavoro, oltre a regolamentare non fanno altro), secondo loro siamo sempre il paese dell’anarchia dove ognuno puo’ fare il cazzo che gli pare.

      Gli italiani odierni sono dei pignoli e dei vessatori patologici, molto peggio dei tedeschi e di qualsiasi altro popolo europeo. Se parlate con l’indignato quadratico medio, con lo scandalizzato medio, che trovate per strada, o che potete vedere nei talk show, che imperversi questa mentalita’ e’ la prima cosa che viene fuori.

      Peccato che il risultato finale di tanta pignoleria sia il caos normativo (e tassatorio) totale, nonche’ la camicia di forza generale.

      C’e’ un interessante video su come funziona IN PRATICA qualunque struttura di potere in una societa’ organizzata qui (e le societa’ umane oltre la caccia e raccolta sono per definizione TUTTE organizzate, e che arrivino all’organizzazione in modo spontaneo o pianificato alla fine il prodotto finale dal punto di vista individuale non e’ che cambi poi molto, c’e’ una serie di regole che vanno ubbidite e basta):
      https://www.youtube.com/watch?v=rStL7niR7gs

  • winston diaz

    Le parole di critica piu’ belle che ho letto su Croce sono quelle di Prezzolini, allo scoppio della guerra mondiale. Parole pero’ di cui lo stesso Prezzolini dovette poi, maturando ed esperendo, pentirsi amaramente.

  • Alessandro Colla

    E’ probabile che il “rettile” commentatore si sia ispirato a Croce. Che io considero un liberale solo a parole e a gruppo politico scelto in parlamento. Ma vale anche per Malagodi, Zanone, Altisssimo e tanti altri. Vale pure per Cavour, sedicente favorevole al mercato ma centralista nella gestione dello stato ed espropriatore dei possedimenti degli ordini religiosi. Il liberale autentico, o è libertario o non è autentico. Con buona pace del professor Dario Antiseri. Le contraddizioni di Croce erano insite proprio nelle ipotesi di un pensiero liberale che trovasse spazio in una società dove la proprietà diventi interamente pubblica. Utopia, come avevano teorizzato le menti più lucide e come purtroppo ha dimostrato la storia. Ma anche se mi viene garantita la libertà di pensiero (per forza: nel pensiero non si può leggere) e quella di parola, non vedo perché dovrei essere considerato uno che “sporca” il libertarismo con la pretesa di libertà materiali. La libertà è tale quando posso accrescere il mio benessere, se posso riuscire a stare meglio in salute, se in casa non soffro il freddo e il caldo. La libertà di guarire da una patologia è forse cosa sporca? E allora diciamolo a tutti i malati, aspettiamo la risposta. Ma perché i socialisti non si liberano del loro materialismo rinunciando alle lotte salariali e all’affrancamento del proletariato? Non gli basta la libertà spirituale? Perché sporcano così i loro ideali? O forse il rettile di cui sopra non è un socialista ma un veteroclericale? E anche chi crede che noi ci sentiamo la verità in tasca: non è forse convinto anche lui di essere nel giusto quando afferma una cosa del genere? Tutti dovrebbero tacere le proprie convinzioni perché altrimenti vengono considerati intolleranti? E allora perché, i non libertari, le loro convinzioni le manifestano? Perché ritengono dogmatico il dover essere una volta liberali e un’altra socialisti? E’ proprio perché quando si interagisce occorre la flessibilità che i libertari propugnano il loro pensiero. Perché occorre combattere l’infessibilità di troppi altri. Perché non sono così flessibili da interagire con chi vuole essere lasciato in pace? All’occorrenza, in nome della flessibilità ci pieghiamo e come! Per evitare spargimenti di sangue rinunciamo tante volte anche a difenderci. Gli altri non mi sembrano altrettanto disponibili. Neanche nella teoria. A questo proposito sto leggendo un testo di sedicenti urbanisti che sostengono che l’eccessivo consumo di suolo sia imputabile alle “politiche liberiste”. Certo, è noto che stato ed enti locali non intervengono in materia di piani regolatori, non tassano gli immobili, non utilizzano il suolo per l’edilizia economico – popolare. Se queste sono le premesse teoriche, figuriamoci quelle pratiche. E la presunta mancanza di flessibilità sarebbe la nostra coerenza?

    • winston diaz

      Urbanisticamente parlando, ti raccomando la lettura veloce di queste dispense, che descrivono il passaggio dello jus edificandi, a “titolo oneroso”, dal proprietario del terreno alle rappresentanze politiche “democraticamente elette”, nel corso degli anni ’60 e ’70.

      Quando venne approvata questa legge (me lo ricordo benissimo, io c’ero e sono testimone in prima persona), parti’ la corsa alla vera speculazione edilizia, nonche’ il lievitare esponenziale dei prezzi del terreno edificabile, perche’ il diritto di edificare venne di fatto centellinato e demandato alle mille professioni corporative ad esso connesse, con spartimento del malloppo con le amministrazioni comunali (con epifania nella prima ICI-IMU de 1992, che e’ dovuta dal proprietario del fondo edificabile dal momento in cui il comune dichiara “edificabile” il fondo, per cui i comuni, furbamente, designano come edificabili porzioni del proprio territorio al solo fine di aumentare gli introiti e coprire i loro sfondi – lo sanno tutti, ma vige secretazione omertosa sul fatto).

      In fretta!

      http://www.dic.unipi.it/l.santini/edilearchitettura/AA2015-2016/lezioni/lezio8.2dallaSullo_alla%20457_13-10.pdf

      Risoluzione della illegittimità dei vincoli
      a seguito della sentenza che dichiara
      illegittimi i vincoli di indeficabilità le
      amministrazioni si trovarono con strumenti
      urbanistici delegittimati

      La legge tampone 1187/68 stabilisce che i vincoli debbano
      avere durata di 5 anni

      LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA VENIVA
      DALLA STESSA CORTE COSTITUZIONALE CHE
      SUGGERIVA DI SEPARARE LO IUS
      AEDIFICANDI DAL DIRITTO DI PROPRIETÀ

      IUS AEDIFICANDI E PROPRIETÀ

      Per risolvere il problema era necessario
      SEPARARE IL DIRITTO DI EDIFICARE (IUS
      AEDIFICANDI) DAL DIRITTO DI PROPRIETÀ
      ASSEGNANDO IL DIRITTO DI EDIFICARE ALLA
      COLLETTIVITÀ

      ogni vincolo alla edificabilità dei suoli non
      lede pertanto alcun diritto dei proprietari
      l’apposizione di vincoli su terreni che non
      siano per il proprietario “naturalmente
      edificabili” non comporta la necessità di
      alcun indennizzo

      LA LEGGE 10/1977

      Nel 1977 scade la proroga di validità dei
      vincoli, viene emanata

      LA LEGGE 10/1977 LEGGE “BUCALOSSI” CHE
      SEPARA DEFINITIVAMENTE LO IUS
      AEDIFICANDI DAL DIRITTO DI PROPRIETÀ

      il Comune è titolare del diritto di
      trasformare il territorio mediante
      interventi sul patrimonio immobiliare

      DIRITTO DI EDIFICARE
      MENTRE AL PRIVATO RIMANE LA
      PROPRIETÀ DEL TERRENO

      LA LEGGE 10/1977 E LA CONCESSIONE
      EDILIZIA

      Il Comune, qualora ravvisi la conformità delle
      richieste di un intervento con le previsioni
      degli strumenti urbanistici vigenti, concede
      tale diritto al singolo, per interventi conformi
      agli strumenti urbanistici

      LA CONCESSIONE EDILIZIA

      È onerosa, così da ripagare in parte alla
      collettività del plusvalore che genera il
      guadagno del privato

  • christian

    Si nome scientifico Bendedictus Bifurcum. Colla (grande commento come sempre) si riferiva al nick del “commentatore” di questo sito.
    Bentornato, il vizio di sparare ogni volta che i Libertari di questo sito sono questo…, i Libertari di questo sito fanno quest’altro…, i Libertari di questo sito pensano così…, i Libertari di questo sito ritengono pomì… (battuta pubblicitaria molto vecchia, chi la ricorda?).
    Se non ricordo male ti avevano rimandato e settembre proprio sul Libertarismo. Siamo a settembre ma sembra che durante la pausa estiva tu non abbia studiato.
    Poi ci sarebbe anche l’altra materia, quella relativa alla Cryptomonete ma su questa meglio fare finta di niente.

    • winston diaz

      L’ortodossia non si tocca!
      Al rogo l’eretico!

  • Alessandro Colla

    Sì, io sono uno di quelli che ritiene che la libertà sia buona e che la mancanza di libertà sia sterco del diavolo. La differenza è che noi riteniamo che sia da eliminare la mancanza di libertà, non da eliminare coloro che non ne sono convinti. Se alcuni vogliono chiudersi in convento io rimarrò laico e favorevole ai rapporti di coppia ma non andrò a distruggere il convento. Se un gruppo vuole formare la comune, il sottoscritto non andrà a impedire agli aspiranti comunardi di formarla. Rimango convinto che la ditta individuale funzioni meglio ma ciò non mi impedisce di rispettare le scelte altrui. Nei paesi comunisti gli intellettuali sono soggetti agli umori di qualcun altro tanto è vero che Stalin non ha fatto fuori solo gli anticomunisti. Pertanto non esercitano benissimo la loro libertà di pensiero, ammesso che l’idea comunista possa essere annoverata all’interno della libertà di pensiero; ossia un ossimoro filosofico. Nei paesi fascisti non sono quelli di destra ad essere liberi. Per me il fascismo è una delle tante varianti del socialismo, in questo caso in salsa corporativa, pertanto va annoverato a sinistra. A destra io pongo il liberalismo che non mi risulta sia una dottrina che limiti la libertà di pensiero. Salvo a voler definire liberali quei regimi che in realtà non lo sono. Il bigotto Savonarola non ha esercitato liberamente il suo pensiero, stessa cosa dicasi per il successivo bigotto e fanaticamente antigiudaico Giordano Bruno. L’altra differenza è che comunisti, fascisti e bigotti, al contrario dei libertari, puntano a distruggere la libertà e i libertari mentre questi ultimii non si comportano come loro. Solo che sono coerenti e non vogliono essere costretti a provare un po’ di socialismo ogni tanto e un po’ di liberalismo annacquato con lo statalismo ogni altro tanto. Non vietano le religioni ma non le impongono e in questo sono convinti che non ci sia via di mezzo. Non parlo solo dei libertari come me che seguono il pensiero libertario senza produrre idee che possano rimanere nella storia: Parlo anche degli illustri pensatori del passato e del presente che ci hanno fornito opere meritorie in campo saggistico – letterario e che ci spronano a non demordere, a non rinunciare, a non rassegnarci. Gli stessi pensatori che vengono derisi dagli altri, ogni tanto anche dai disturbatori semianalfabeti di questo sito. Come uno di loro, dal soprannome di un rettile, che tempo fa sosteneva che noi libertari saremmo bravi ma roviniamo tutto perché la vera libertà non è quella materiale ma solo quella spirituale. Sciocchezza grande come una casa. Perché se anche ci accointentiamo di poter pensare liberamente senza esprimerci ufficialmente, respiriamo comunque un benessere psicofisico. Quindi mettiamo in moto un meccanismo materiale. Se il nostro cuore accelera al pensiero della libertà, è un muscolo a muoversi e non il mondo astratto delle idee. La tendenza a pensare che le propre idee siano buone è nella natura umana. Un po’ meno naturale è pretendere che gli altri siano costretti a sottostare al proprio pensiero. In un sistema libertario chi vuole vivere obbedendo a qualcuno è libero di farlo. O dobbiamo considerare gli abolizionisti della schiavitù come persone intolleranti nei confornti del “pensiero schiavista”? Forse questo pensava l’uccisore di Lincoln. Dobbiamo avere cinque anni di abolizionismo e cinque di schiavitù in nome dell’alternanza?

    • winston diaz

      Benedetto Croce aveva il soprannome di un rettile?

  • Faber

    Vorrei aggiungere al commento di Alessandro Colla, che gli intellettuali di sinistra spesso e volentieri criticano il sistema capitalistico, proprio quello che li fa campare. Non ho mai visto uno di questi, (Vattimo, Fusaro…) esercitare la loro libertà di pensiero in un paese comunista. A questo proposito ricordo il pregevole articolo di Nozick, Why Do Intellectuals Oppose Capitalism?.
    https://www.libertarianism.org/publications/essays/why-do-intellectuals-oppose-capitalism

    • winston diaz

      Gli intellettuali di sinistra, purche’ comunisti, esercitano benissimo la loro liberta’ di pensiero nei paesi comunisti, cosi’ come quelli di destra la esercitano nei paesi fascisti, quelli bigotti nei paesi clericali, eccetera. Sono tutti gli altri che possono avere dei problemi.

      In ogni caso, quasi tutti, anche i libertari, perlomeno quelli qui dentro, hanno la tendenza a pensare che il loro sistema sia l’unico buono e tutto il resto sia merda che rovina la vita e quindi sia da eliminare.

      O no?

      • Antonio Abate

        I liberali non propongono “sistemi” questo si chiama “the fatal conceit”. Il liberale è agnostico sul sistema. Il liberale vuole semplicemente che gli individui possano interagire liberamente tra loro e organizzarsi su base volontaria come meglio credono. Su base volontaria possono rimettere in piedi l’URSS se vogliono, basta che all’individuo sia consentita la libertà di farne parte o meno.

        • winston diaz

          So bene la teoria, ma la prenderei solo come indirizzo generale, in una certa misura e’ antinomica in se’: un individuo puo’ interagire liberamente solo con se stesso, non con altri individui. Nel momento in cui si interagisce bisogna essere flessibili e piegarsi all’occorenza, sempre, salvo che per i pazzi asociali, che non vivono a lungo, ne’ da soli ne’ in compagnia.

          Se poi consideriamo che nella societa’ ipertecnologica e quindi iperspecialistica di oggi la interdipendenza sociale e’ e deve essere per forza enorme, e l’autonomia quindi tendente a zero (gia’, l’autonomia e’ impossibile, e senza autonomia niente liberta’), tenderei ad essere realista, e accontentarmi gia’ di un peggioramento che non procedesse troppo in fretta :)

          • Antonio Abate

            Verissimo, ma non intendo mica la libertà in termini astratti. Libertà è inseparabile da responsabilità come la luce dall’ombra. Questo, congiunto alla presenza di altri individui liberi, pone limiti orizzontali e circostanziali alla libertà consentendo alla società e al mercato di trovare le proprie regole e il proprio equilibrio. Equilibrio sempre instabile, certo, ma non programmato da nessuno nè implementato con la coercizione e la violenza.

          • winston diaz

            Comunque, dovremmo porci obiettivi realisticamente raggiungibili, e soprattutto condivisibili, senza violenza di alcun genere, dagli altri: il “tutto o niente” di sessantottina (e precedentemente squadristica) memoria l’abbiamo gia’ sperimentato, a josa.
            I cattivi maestri che giocano si questo equivoco per dominare nel loro miserabile intorno di piccoli plagiati, di cui la rete e’ colma, in tutte le sfumature ideologiche ed economiche, sono le vere merde di oggi.
            Va detto chiaro e forte.

    • Antonio Abate

      @faber innanzitutto grazie perchè, colpevolmente, non conoscevo questo sito molto ben fatto. Sul tema degli intellettuali che osteggiano il capitalismo son d’accordo, ma non era la tesi dell’articolo in questione (che ricordo è: il mito dell’intellettuale nullafacente inventato dalla sinistra). Come postilla aggiungo che questa tendenza a volere l’intellettuale che si sporchi le mani col lavoro (Spinoza costretto da un destino e ambiente ostile, i monaci benedettini che non sono certo un modello economico capitalista) finisce col convergere con i desiderata di tanti marxisti e decrescisti felici, che partono da motivazioni opposte: il mito del poeta contadino, Erri De Luca l’intellettuale operaio edile, l’idillio tratteggiato da Marx dell’uomo nuovo che al mattino lavora a sera dipinge o compone musica ecc.
      Per carità ci stanno anche queste figure di intellettuali-lavoratori, ma non possono essere proposte a modello da un liberale, per il quale la divisione del lavoro e il vantaggio comparativo sono valori non disvalori o “alienazione” come per i marxisti.

      • Faber

        Antonio Abate il mio commento non intendeva avere un carattere prescrittivo, notavo solo con disprezzo che alcuni cattedratici si candidano con rifondazione comunista prendendo lo stipendio pagato da coloro che fanno parte dello sporco sistema capitalista. Lo reputo indegno. Fanno i comunisti con la pelle degli altri.

        • Antonio Abate

          Ripeto, è un disprezzo che condivido. Non mi convincevano le premesse e l’argomentazione dell’articolo.

          • winston diaz

            Io penso invece che non dovremmo disprezzare nessuno, se non vogliamo a nostra volta essere disprezzati in un circolo vizioso senza fine, che non portera’ a nulla du buono.
            Primum riconoscere la buona fede altrui qualsivoglia opinione egli esprima.

  • Alessandro Colla

    Non confondiamo l’intellettuale con la persona di cultura. Il primo accumula ricchezze servendo il tiranno, il secondo divulga il sapere autentico. Il mito lo ha inventato eccome la sinistra: Platone, il primo teorico collettivista e filospartano. Non esiste la professione di intellettuale ma professioni di tipo intellettuale. I nostri Ricotta, Infantino e Lottieri vanno benissimo. Ma non sono pennivendoli al servizio del potere prepotentemente costituito. Se uno insegna, svolge una mansione didattica; non “fa l’intellettuale”. Stessa cosa per chi scrive e riesce a pubblicare. In un sistema libero, gli intellettuali di sinistra esisterebbero lo stesso ma le università sarebbero tutte private. Di conseguenza il loro operato sarebbe pagato solo dagli allocchi che non vogliono conoscere la verità. Se qualcuno dei nostri citati insegna in un’università pubblica, il motivo va ricondotto alla mancanza di un sistema autenticamente libero. Non si può chiedere loro di diventare indigenti. Se tutti i lavoratori della Corea del Nord presentassero le dimissioni dal posto di lavoro, non avremmo più milioni di nordcoreani poveri ma milioni di nordcoreani deceduti per indigenza. O forse no, avremmo la rivoluzione con deposizione del despota ma la riuscita dell’operazione è un’incognita. L’unica soluzione è proprio quella dell’imprenditorialità del divulgatore culturale. Qualcuno avrebbe la qualità di un Fusaro, altri quella di un Mises. Nel primo caso le contraddizioni emergerebberro immediatamente: proviamo a pensare a una scuola marxista… privata!

    • Antonio Abate

      @colla il mio intento era mostrare l’inconsistenza della tesi dell’articolo anche se è talmente inconsistente da non averne bisogno. Il mito dell’intellettuale nullafacente creato dalla sinistra. Non sta in piedi e basta. Ho citato Platone (che era totalitario come giustamente ha detto) ma potevo citare Aristotele, l’Anonimo della Costituzione degli Ateniesi o pressocchè chiunque. Ma queste cose lei le sa già perciò non mi dilungo. Mi fido della sua onestà intellettuale. Sugli altri punti che lei chiama in causa, monopolio statale dell’istruzione pubblica e dell’università, necessità di una concorrenza tra libere istituzioni culturali, sono completamente d’accordo. Ma non erano questi i punti e gli argomenti utilizzati nell’articolo che stiamo commentando.

  • Antonio Abate

    In conclusione: l’intellettuale non è per definizione nè nullafacente (leggetevi prima Human Action o la trilogia della McCloskey e giudicate. Non dimenticando il principio del vantaggio comparativo e della divisione del lavoro) nè di sinistra. Nè, a fortiori, questo mito l’ha inventato la sinistra.

  • Antonio Abate

    Come sfogo è comprensibile e in parte anche condivisibile. Gli intellettuali sono spesso antipatici e quelli di sinistra di più. Ma l’analisi è inconsistente. È uno sfogo personale e poco più.
    – Il disprezzo delle attività manuali e commerciali risale alla Grecia classica e si trascina almeno fino alla caduta delle aquile a inizio novecento. All’uomo libero nell’antica Grecia e al nobile in seguito, il lavoro e le attività commerciali non si addicevano: baunasoi li chiamava Platone e bottegai Mussolini definiva gli inglesi, cioè il meglio del capitalismo e liberalismo moderno. Le uniche attività confacenti erano quella militare e quella ecclesiastica (il chierico è appunto quel che recentemente si è preso a chiamare intellettuale). Persino esercitare una libera professione: medico, architetto, ingegnere, pittore, musicista non era tanto appropriato a una persona di rango. Tutto questo non l’ha inventato la sinistra.
    – Anche intellettuali di destra campavano di stipendi fissi, rendite soldi dei genitori. Di cosa campavano Mises, Rothbard, Hayek ecc.? Adam Smith, fautore del libero commercio tra le nazioni, accettò persino un posto statale come ispettore delle dogane. E i nostri Ricossa, Martino, Infantino, Lottieri?
    – Quella dell’intellettuale è una professione come le altre e fra tutte forse la meno redditizia. Ma essendo una professione richiede dedizione, impegno e fatica comunque, non può essere un hobby. Teniamo presente che un intellettuale, che magari ha una cattedra, guadagna bene per fare una vita agiata, ma incomparabilmente meno di un professionista affermato, a parità di formazione, di studi, di impegno ed ingegnosità.
    – Si potrebbe pensare alla figura di un intellettuale imprenditore che viva mettendo sul mercato il prodotto del suo lavoro intellettuale. Ma l’unico esempio che mi viene in mente è Diego Fusaro. Potrebbe esserci un Fusaro libertario (full disclosure: ce n’è più di uno), ma la qualità sarebbe, presumibilmente, quella di un Fusaro (full disclosure: anche peggio) e io se permettete preferisco Ricossa.

  • winston diaz

    “la sinistra ha costruito il mito del nullafacente che ne sa più degli altri e che, non oberato dal lavoro, può apprezzare l’arte e raggiungere vette di pensiero precluse a chi razzola nel fango alla ricerca di denaro”

    Diceva qualcosa di simile anche Thoreau, che e’ una delle massime icone del libertarismo. Senza pero’ tirare fuori il “mito del nullafacente”, che e’ un’invenzione dell’autore dell’articolo.

  • Faber

    Vorrei a tal proposito rendere omaggio a un grande filosofo, Benedetto Spinoza che visse in Olanda nel 1600. Egli rifiutò cattedre universitarie per continuare ad esercitare la sua libertà di pensiero e per mantenersi divenne molatore di lenti. Ciò gli consentì di scrivere opere sublimi di cui oggi si appropriano i nullafacenti filosofi di sinistra. Spinoza morì a 45 anni forse proprio a causa della polvere di vetro che aveva respirato lavorando sodo…

    • leonardofaccoeditore

      Grazie del bell’esempio!

  • Alessandro Colla

    @Gran Pollo: Sì, sono sicuro. Benedetto da Norcia, in questo, ci vedeva meglio dei nostri grandi programmatori pubblici e lasciava tre ore precauzionali di scorta. I pasti, la cura della persona, l’igiene personale, gli svaghi, la conversazione, la contemplazione… Tre ore possono anche non bastare.

  • christian

    Le restanti 3 sono per navigare su internet, seguire le chat, scrivere sui forum, vedere le mail…ecc.

  • Albert Nextein

    Gli intellettuali sono ridicoli.
    Dovrebbero tener presente che esistono ottime enciclopedie che vanno al sodo e che forniscono molta più informazione pulita di loro.
    Li trovo noiosi.
    A me interessa avere a che fare con chi mi dà informazioni pratiche, dati provati, novità tecnologiche.

  • Alessandro Colla

    La sinistra sta al libero pensiero come Sparta ad Atene. Il suo non è un pensiero libero, né alla ricerca della libertà. E non è neanche alla ricerca della cultura perché per affermarsi ha bisogno di tanta ignoranza popolare e di altrettanta pseudoistruzione statale. Sono propio i “sinistri” a non capire nulla de La Gioconda perché detestano l’etica crociana, l’unica componente autenticamente liberale del filosofo di Pescasseroli. Ora et labora diceva un vecchio norcino. Sette ore di lavoro, sette di sonno e sette di preghiera erano la sua regola. Il laico può sostituire le sette di preghiera con lo studio. Ai nostri studenti lo stato impone di non studiare perché sette ore gliele fa passare sui mezzi pubblici, altre sette a non concludere niente tra i banchi davanti a docenti incapaci che li indottrinano con false notizie. Non sono né liberi né pensatori ma parassiti per nascita, vocazione e fortuna loro regalata da un destino cinico e baro; nonché infame. Sono i soli a meritare l’altrui invidia ma soprattutto il disprezzo della gente onesta. Che poi è quella che li finanzia forzatamente perché loro continuino a vivere alle spalle di chi lavora.

    • Gran Pollo

      “sette ore di lavoro, sette di sonno e sette di preghiera”
      Il totale è 21. E le altre tre?
      Sicuro che non fosse 8-8-8?

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