In Economia

DI REDAZIONE

“Se avessimo trader che fanno trading di Bitcoin li licenzierei per stupidità”, aveva dichiarato meno di due mesi fa il ceo di JP Morgan, Jamie Dimon. Come non detto. Anche la grande banca statunitense sta considerando di fornire servizi per lo scambio di future CME Group basati sul Bitcoin, che potrebbero essere lanciati entro fine anno.

Un servizio per il quale la banca incasserebbe una commissione, nonostante gli ammonimenti di Dimon sul fatto che le “criptocose” siano una “frode”nonché una bolla “peggiore di quella dei tulipani”. La notizia è stata rivelata dal Wall Street Journal. Ma JP Morgan non sarebbe l’unica banca interessata nello scambio di questi future: il Wall Street Journal ha fatto anche i nomi di Goldman Sachs, Bank of America Merrill Lynch, Morgan Stanley e “dozzine di altri”.

Pur con tutta la diffidenza di Dimon, se il trading di Bitcoin diventa mainstream, come alcuni osservatori ritengono, la scelta “stupida”, parafrasando Dimon, potrebbe essere quella di lasciare alla concorrenza terreno libero. In ogni caso, fa sapere sempre il Wall Street Journal, non è ancora detto che JP Morgan confermi la clamorosa retromarcia: al momento sono in atto valutazioni sulla domanda potenziale da parte dei clienti.

Nel frattempo anche il capo strategist di Deutsche Bank, Ulrich Stephan, ha dissuaso gli “investitori di tutti i giorni” a trattare Bitcoin, sebbene la visione sia molto più ottimista sulla “tecnologia sottostante”.

Il rischio è che una potenziale bolla del Bitcoin scoppi sotto il peso di interventi del regolatore. Un segnale in tal senso è stato pronunciato ieri dal numero uno della Consob, Giuseppe Vegas: “I Bitcoin hanno un trend di quotazione così elevato che rappresentano una ‘bolla’ che prima o poi è destinata a scoppiare. Noi seguiamo il fenomeno perché potrebbero esserci dei risparmiatori che hanno investito in Bitcoin, oppure che li hanno utilizzati per comperare dei prodotti, che potrebbero essere seriamente danneggiati. In ogni caso bisogna intervenire senza perdere ulteriore tempo”, ha dichiarato durante una ‘lectio magistralis’ nell’aula magna del Dipartimento di studi per l’economia e l’impresa dell’Università del Piemonte orientale.

TRATTO DA QUI

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  • Max

    Se sia possibile una società libertaria per il futuro?

    Alcuni filosofi (magari col farfallino rossonero) indicano come dovrebbe o potrebbe essere, ma sono i romanzieri che ci dicono come sarà. I primi fanno progetti e modelli che poi però si scontrano col mondo reale. Consideriamo che i primi stanno ai secondi come i matematici stanno ai numerologi. I matematici sono persone serie (a parte quelli marxisti impenitenti che scrivono pamphlet noiosi su argomenti religiosi di cui non sanno una beneamata fava per raggranellare qualche spicciolo con la siae e le conferenze), ma non sono in grado di indovinare i numeri al lotto, mentre i fantasiosi numerologi spesso hanno buone intuizioni e ci prendono (il lotto ovviamente sta in piedi solo perchè paga in base a rapporti da usura, sennò chiuderebbe domani).

    E consideriamo che gli scrittori (che appunto hanno una marcia in più, pensiamo a Huxley, Orwell, Wells) non hanno mai immaginato un futuro libertario, bensì opprimente. L’assenza di stato è riservata a qualche B-movie hollywoodiano (o peggio australiano, come gli orrendi Interceptor o Mad Max) sempre nell’ottica di un ipotetico post confitto atomico in cui i superstiti sono ridotti a bestie che si nutrono di cibo per cani e si scannano per un bidone di benzina.

    Concludendo: è possibile una società libertaria per il futuro?
    A me sembra che ridotta ad un puro modello ideale per pochi e volonterosi adepti che stenta a decollare, senza che neppure ci sia bisogno di un moderno Sant’Uffizio per metterla all’indice e vietarne la diffusione.

    Io quindi la vedo grigia, però sono in buona compagnia.

  • Alessandro Colla

    L’autoregolamentazione è una cosa, un’altra l’ordine professionale istituito per legge. Il corporativismo può esistere solo grazie alla legislazione che impedisce il libero esercizio delle attività umane attraverso gli ordini professionali. Si può “derivare” da qualsiasi cultura ma un conto è credere nel diritto ad associarsi (“corporation” in inglese ha un significato leggermente diverso) e un conto è formare il cartello con l’aiuto del sovrano. I liberi muratori possono decidere di associarsi tra di loro e impedire l’accesso a chiunque. Ma non possono impedire la nascita di un’altra loggia. Se invece il re decreta che la prima loggia possa decidere il formarsi o il non formarsi di logge alternative, siamo nel corporativismo inibitore. Non sono contrario all’esistenza dei sindacati ma al sindacalismo come imposizione nei confronti degli altri. Non so come possano essere compatibili con pensieri anarchici le propensioni personali a favore di Catilina o della “guerra igiene del mondo”. Se sia possibile una società libertaria per il futuro, non lo sappiamo. In passato qualcosa c’è stato e poi si è interrotto? Certo la colpa non è del libertarismo che non funziona ma la voglia degli antilibertari di prevalere sugli altri illegittimamente. L’unico tallone d’Achille del libertarismo, ma forse anche del semplice liberalismo, è la difesa. Un giorno potrebbe essere risolto quest’unico problema. Non è detto che il pendolo della storia debba per forza oscillare dalla parte dei giustizialisti.

  • winston diaz

    Ecco qua, mi piace perche’ mostra con un concreto esempio storico l’irredimibile tendenza dell’uomo (che e’ pazzo, sia come singolo che come essere sociale) a costruirsi da solo sempre e comunque la sua gabbia, salvo poi lamentarsene, e salvo rinforzarne sempre piu’ le sbarre anche quando dice e crede di lavorare per liberarsene.
    Le due figure umane di cui parla il breve paragrafo, il fuorilegge e lo sceriffo, in realta’ sono presenti in modo incancellabile in ognuno di noi, a seconda di cosa ci torna comodo, o semplicemente crediamo tale.

    Da “australian cargo” di alex roggero, feltrinelli.

    Sembrava proprio di attraversare un eden, un giardino celeste miracolosamente scampato all’aggressione degli uomini. Questa era l’Australia che aveva dato il benvenuto al nonno e a tanti altri uomini che, come lui, erano venuti qui a cacciare, a respirare e guardare orizzonti liberi.

    In questi immensi silenzi avevano ritrovato la loro voce, capito che l’Australia era un paese dove si poteva ancora essere uomini.

    Tornare a esserlo, forse.

    E’ il grande paradosso del rapporto irreale che l’uomo occidentale ha con la natura: solo quando è circondato dalla wilderness (credo sia la più bella parola del vocabolario inglese) egli recupera la propria identità. Ma la sua e’ una conquista fugace, che si consuma in una generazione.

    Anni fa avevo letto un articolo, pubblicato da una nota rivista di antropologia americana, dove si ipotizzava la presenza di due diverse figure umane: il fuorilegge e lo sceriffo. Il primo era l’esploratore, l’uomo libero che apriva nuove frontiere e senza volerlo spianava la strada al secondo, che lo inseguiva trasformando ogni cosa con le sue
    regole, i suoi divieti, la sua infinita mania di controllo.
    L’articolo si concludeva con una riflessione semplicissima, ma piuttosto acuta: forse le leggi dello sceriffo erano, semplicemente, leggi sbagliate.

    Affacciato al finestrino della mia cabina, mi sono immaginato questi due personaggi che si contendevano il mondo, e mi sono chiesto a quale squadra potessi appartenere.
    A nessuna delle due, ovviamente.

    Perché oggi il mondo è dominato da un’altra tribù: la nostra. Osservatori passivi, turisti, cittadini alienati e confusi che di fronte alla wilderness non sanno bene cosa fare.

    La guardiamo imbambolati, la fotografiamo e poi, tristemente, ce ne torniamo nei nostri appartamenti.

    Per questo mi sarebbe piaciuto vedere l’Australia con gli occhi del nonno: da attore, piuttosto che da semplice spettatore.

    Dopo cena, in cabina, ho pensato al treno come a un’astronave piena di alieni che attraversavano un pianeta, bellissimo, che non era il loro. Ho letto un po’. Poi ho spento la luce, mi sono raggomitolato in quella cuccetta larga poco più delle mie spalle e mi sono addormentato.

    Di botto.

  • Alessandro Colla

    Massimo Fini può autoconsiderarsi come gli pare. Per me socialismo e anarchia sono incompatibili sia in salsa americana che europea. Ritengo difficile parlare di un anarchismo di marca economicista perché senza libertà economica non c’è libertà di alcun tipo e viceversa. Se per economicismo si vuole intendere qualcosa che assomigli all’utilitarismo, allora possiamo anche diversificare Thoreau da David Firedman ma non da Rothbard. Il comunitarismo può attuarsi spontaneamente anche in un contesto anarchico e in alternativa filosofica all’individualismo. Però deve essere spontaneo, non forzato e garantire che la proprietà comune abbia la stessa valenza giuridica della proprietà privata. Tornando a Massimo Fini, mi sembra vano definirsi anarchici quando poi si auspica che la magistratura debba essere una casta, che i diritti della difesa in giudizio debbano avere un peso minore dell’accusa, che Catilina era dalla parte buona e che la guerra sia qualcosa di bello e giusto. Strano, però, che neghi all’occidente il diritto di difendersi dalle guerre sante. Altrettanto strano che a pretenderlo sia chi auspica che il pubblico ministero ignori l’eccesso colposo nei casi di autodifesa personale. Attenzione: non chiede al legislatore di intervenire per evitare che il cittadino sia impossibilitato a difendersi; vuole mantenere lo status quo ma chi dovrebbe applicare la legge non deve intervenire! Lui, il legalista che non vuole la depenalizzazione del falso in bilancio! A me, più che un generico socialista, sembra il teorico di Forza Nuova. Proviamo a chiedergli se è favorevole all’abolizione dell’ordine dei giornalisti o degli ordini professionali in genere, vedremo che bella risposta libertaria verrà fuori.

    • winston diaz

      In effetti m. fini ha una carica di odio giustizialista non da poco, che non piace per niente neanche a me. Nessuno e’ perfetto :) Proprio per questo pero’ piace molto ai 5 stelle (i gusti sono gusti).

      Per il resto non sarei cosi’ tranchant, le altre posizioni che sostiene, considerate nel loro contesto, non sono per niente incompatibili con l’anarco socialismo, e diciamo che sono realiste e ciniche, ma oneste, rispetto a cio’ che auspicano: non promette il natale tutti i giorni ne’ il paradiso in terra (cosa che in pochi si trattengono dal fare), e’ solo molto critico nei confronti dell’attuale societa’ tecnologico-mercantilistica. Prima o poi il pendolo della storia pendera’ dalla sua parte, del resto.

      In questo si accompagna sia ai movimenti ambientalisti delle comuni tendenzialmente hippy-libertarie, sia a quelli “del sangue e della terra” vicini invece alle posizioni di estrema destra.

      Il problema pero’ e’ se l’anarco socialismo sia possibile in qualsiasi tipo di societa’, e lo stesso vale per qualsiasi tipo di anarchismo/libertarismo. A volte si ha la impressione di vederne delle incarnazioni all’inizio di un nuovo settlement geopolitico, quando i giochi sono ancora in corso e le posizioni non sono ancora congelate in un rigido assetto istituzionale, ma e’ un momento che dura comunque poco (vedi appunto l’occupazione delle vaste, ricche e pressocche’ disabitate terre nordamericane da parte dei primi coloni, fregandosene di chi ci stava gia’ da prima, che pero’ era anche l’epoca della “lettera scarlatta” degli ipocritissimi puritani).

      Oppure lo si riconosce in societa’ elementari, di tipo tribale, dove i gruppi sono molto piccoli e le gerarchie inesistenti o quasi. Ma se le gerarchie sono inesistenti, e’ solo per mancanza di qualcuno da comandare (gruppi troppo piccoli), non facciamoci illusioni.

      Per quanto riguarda l’ordine e gli ordini credo m.fini sia contrario, cosi’ almeno trovo in rete ed e’ congruente col suo aver cantato sempre fuori dal coro, ma teniamo ben presente che la tradizione anarchica, o almeno una sua parte, crede nelle corporazioni (ho studiato abbastanza il fascismo – se vuoi combattere il tuo nemico devi conoscerlo – e mi sono fatto l’idea che la sua tentata organizzazione corporativistica della societa’, peraltro incompiuta, derivasse dalla cultura originariamente anarchica, di cui era permeato il duce in gioventu’ (era anarchico anche suo padre). Dall’anarchismo e’ passato al socialismo, e poi al fascismo…

      Se ascolti il Popper che c’e’ su youtube, icona del liberismo, che parla della “cattiva maestra televisione” (bel video), dice che i giornalisti dovrebbero smetterla di spararla sempre piu’ grossa e mostrare solo cio’ che vi e’ di piu’ malvagio nel mondo, se serve inventando, e invece autoregolamentarsi attraverso la loro corporazione.

      Il problema delle corporazioni comunque, e’ quando diventano monopolistiche, quando assumono un potere assoluto sui loro membri. Ma tendenzialmente, con una scusa o l’altra, per quanto in partenza promettano piu’ vantaggi e liberta’ per tutti, finisce sempre cosi’…

      Tutto va bene e tutti d’accordo finche’ si resta sul generale, si sta all’opposizione e si parla solo in linea teorica, ma appena si scava un po’ salta fuori il diavolo, quello dei dettagli…

      Qui sotto riporto un brano che mi e’ caro, tratto da un libretto che lessi per caso anni fa. (scusate se mi ripeto, devo averlo gia’ fatto anni fa)

  • winston diaz

    “In questo panorama, i liberali autentici a votare non ci vanno.”

    I partiti sono davvero delle piccole macchine da guerra fatte per vincere le elezioni, e sanno bene, e se non lo sanno lo imparano presto, che precondizione per vincere in italia e’ rinunciare al voto dei liberali, che se va bene sono l’uno per cento dell’elettorato: perdendo il voto dei liberali guadagnano quello di molti altri.

    I partiti “nuovi” riescono a prendere molti voti alla prima tornata elettorale, in qualche caso sia dei liberali che degli antiliberali, perche’ per loro e’ piu’ facile convincere l’elettorato che gli sara’ dato tutto e il contrario di tutto (vedi berlusca e grillo, ma vale anche prima e soprattutto per i comunisti): e’ solo una volta al governo che risulta nella sua evidenza l’impossibilita’ di dare una cosa e il suo contrario, e regolarmente deludono, si’ da perdere alla successiva tornata. Il sistema democratico funziona cosi’, l’unica anomalia all’alternanza si e’ avuta nella democrazia bloccata italiana del primo mezzo secolo di repubblica, quando il grosso partito di alternativa era quello comunista, che essendo antisistema, sebbene seguisse la via democratica di presa del potere, difficilmente avrebbe potuto raggiungerlo (e gli e’ anche convenuto, non raggiungerlo, solo cosi’ per 50 anni ha potuto continuare ad illudere i propri elettori).

    Questa e’ la tendenza storica in tutto il mondo, occidentale e non.

    Personalmente pero’ dubito che un pianeta straripante di uomini che vivono condominialmente gomito a gomito organizzati in una societa’ ipercomplessa che somiglia sempre di piu’ a una (mega)macchina, implicitamente privati della possibilita’ dell’autonomia, possa conoscere alternative, se non illusoriamente.
    Senza nessuna possibilita’ materiale di secessione individuale, l’autonomia e percio’ la liberta’ sono impossibili.

  • Alessandro Colla

    Il qualcosa di peggio era la macchina da guerra di Achille Occhetto. Sul piano pratico sarebbe stata leggermente peggiore perché l’unico semiprovvedimento liberaloide del primo “Governo Emittente” fu lo sgravio fiscale per chi assumeva. Si crearono 250.000 nuovi posti di lavoro, ben poco rispetto agli altri tre milioni e mezzo di disoccupati ma meglio che niente. Nei successivi governi presieduti dall’antennino non c’è mai stata traccia di una riproposta di quel provvedimento, forse pensavano di apparire poco originali. Lo sono stati ancor meno nel ruolo dei repubblicani che imitano i democratici (tipo Hoover che imita Wilson). Fu evitato il peggio per poco nei contenuti e per altrettanto poco nel tempo. Dieci mesi dopo c’era già il governo del neodirigista Lamberto Dini. Poi abbiamo avuto Prodi, D’Alema e Amato. L’unico “esplicito” che non abbiamo avuto è Bertinotti. L’aspetto apparentemente positivo della cosa fu che la sinistra non si considerava vincitrice a prescindere. E quindi doveva moderarsi nelle politiche palesemente aggressive che avrebbe voluto attuare. E’ stato semplicemente rimandato il problema con artifici tipo “cuneo fiscale” (dove Totò prestò sevizio militare), “lenzuolate bersaniane”, “armonizzazioni” (perché sopra c’era la melodia) e altre fanfaronate keynesiane. La sinistra, così, può governare sempre; anche quando apparentemente sta all’opposizione. Oggi, agitare lo spauraracchio del comunismo serve a ben poco. Idem per quello dell’islamizzazione. Se vogliono contare quanti sono i liberali, presentino un programma autenticamente liberale. Che non è quello protezionista della Lega, né quello nazionalista di Fratelli d’Italia, né quello confessionalista dei cadaveri imbalsamati all’olio di… balena. Ma non è nemmeno quello dei neosocialisti di Forza Italia o dei “moderati” lagnosi che continuano a proporre il nulla centrista. In questo panorama, i liberali autentici a votare non ci vanno.

    • Dino

      Assolutamente d’accordo Alessandro.

  • Alessandro Colla

    Probabilmente, Martino rifiutò il ministero dell’economia perché la politica della maggioranza non sarebbe stata in linea con i suoi prncipii. Infatti, durante i mandati del suo presidente con la “pi” minuscola, non è stato privatizzato nulla. Neanche la RAI. Non si sa mai, in mani private avrebbe potuto essere pericolosamente concorrenziale vero sun altro gruppo radiotelevisivo del quale non ricordo il nome.

    • winston diaz

      Infatti, lo disse esplicitamente e chiaramente piu’ volte. E disse anche che altrimenti si sarebbe rovinato la sua reputazione di liberal-liberista faticosamente costruita in un’intera vita.
      Allora pensai che si fosse comportato da pusillanime, adesso tendo a pensare che abbia avuto ragione.
      Resta da capire perche’ si sia prestato alla presa in giro di qualche elettore, forse per evitare qualcosa di ancora peggio, ma non lo sapremo mai, non potendosi mai riavvolgere indietro il nastro della storia per sperimentare le altre alternative, e scoprire cosi’ se sarebbero state, anche sul lungo termine, migliori o peggiori. Si vive una volta sola.

  • Alessandro Colla

    Vegas è stato anche viceministro dell’economia, l’ultima scienza ad avere bisogno di essere amministrata. Come al solito, per la sua pseudo rivoluzione fintoliberale, Sua Televisività si scegli sempre i centralisti preoccupati della concorrenza monetaria. Il mercantilista smascherato Giulio Tremonti era anche peggio. A Vegas va riconosciuta la capacità di trattare temi ostici in forma divulgativa, con un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Al contrario degli astrusi keynesiani di complemento. Ma vuol dire poco. Anche Massimo Fini scrive in corretto e bell’italiano. Ma il suo pensiero rimane quanto di più distante ci possa essere dalle idee libertarie.

    • winston diaz

      “mercantilista smascherato Giulio Tremonti”

      Il problema piu’ grosso di Tremonti pero’, era che il suo principale se non unico compito alla direzione dell’economia consisteva nel massimizzare le entrate dello stato con ogni mezzo possibile, lecito e illecito, e lo stesso si puo’ dire per qualsiasi ministro dell’economia degli ultimi… almeno 50 anni. Inoltre per quanto massimizzino le entrate, non basta MAI. L’unico che se ne rese conto fu Antonio Martino che, offertogli il ministero essendo l’unico vero economista in forza italia, lo rifiuto’. I tre quarti della spesa dello stato sono in pensioni e sanita’, in una societa’ che peraltro invecchia e quindi si ammala rapidamente, e solo marginalmente scuola e altre voci, tutte spese incomprimibili senza che scoppino disordini sociali, e soprattutto senza che il rimedio sia peggiore del male, nel senso che si avrebbe comunque un crollo anche dell’economia “sana” (vedi le misure di Monti, credo dagli effetti piu’ disastrosi nella intera storia economica dell’italia repubblicana).

    • Dino

      Adesso vuole i Generali……ahahahah

    • winston diaz

      “Anche Massimo Fini scrive in corretto e bell’italiano. Ma il suo pensiero rimane quanto di più distante ci possa essere dalle idee libertarie.”

      Se non erro massimo fini si considera un anarchico socialista, cioe’ un socialista della tradizione di prodhon e del socialismo libertario, che e’ contrapposta alla tradizione del marxismo leninismo comuninsta cosi’ come a quella socialista dirigista craxiana, essendo queste ultime due quelle che conosciamo meglio essendosi spesso incarnate in una qualche manifestazione concreta dello stato burocratico moderno.

      L’anarchismo a sua volta si puo’ suddividere in quello tendenzialmente socialista europeo, e quello tendenzialmente individualista americano cui si richiama in parte questo sito (dico in parte perche’ l’anarcocapitalismo di matrice economicistica, che in qualche modo sta all’anarchismo come il marxismo-leninismo sta al socialismo – cioe’, attenzione, in quanto economicista – non credo sarebbe piaciuto molto a Thoreau, che e’ l’indiscussa effige dell’anarco-individualismo americano).

      Richiamo l’attenzione su questa differenza europea / americana perche’, come detto nel commento in fondo, nell’america dell’epoca c’era TANTO spazio libero in cui ci si poteva allontanare autonomamente in cerca della liberta’. Oggi tali spazi sono disponibili solo come surrogati virtuali: il bitcoin, il blog, le tribu’ della rete. E’ un’illusione che dura solo finche’ non spegniamo i nostri computer. Meglio di niente d’accordo, l’uomo in fin dei conti e’ un essere intrinsecamente pazzo che vive di illusioni.

  • Dino

    I futures sul Cme, sono secondo me un tentativo per manipolarne il prezzo, come avviene con l’oro ed ovviamente con l’argento. Anche se l’oro fisico è sempre stato piuttosto stabile e meno volatile del “paper”. Vedremo se ci riusciranno.

  • Albert Nextein

    Dimenticano che esistono crisi di crescita.
    Dimenticano che alla base di una criptovaluta ben strutturata c’è la libertà dalle continue vessazioni pubbliche e bancarie.
    Questa rimane gente che sputa nel piatto in cui si appresta a mangiare.

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