In Economia

DI REDAZIONE

Dall’Iva alle tasse di registrazione, dal bollo ai pedaggi alle accise, l’Italia è ai primi posti nell’Ue a 15 paesi per carico fiscale sull’auto con 73 mld nel 2016, preceduta dalla Francia (73,5 mld) e dalla Germania che sta in cima al podio con 90,5 mld. E’ quanto emerge dall’ultima Tax Guide 2018 pubblicata dall’Acea, l’associazione dell’industria automobilista europea. In totale la tassazione sulle auto nei paesi europei esaminati ammonta a 413 mld di euro, tre volte il bilancio comunitario, e in salita del 4% rispetto all’anno precedente.

Nel caso italiano la voce più pesante nella galassia della tassazione sulle auto sono le accise, per un gettito pari a 35,8 mld nel 2016, in Francia si attestano a 36,4 mld; in Germania a poco più di 42 mld. Livelli alti per i tre paesi, in netto contrasto con i 3,2 mld del Portogallo; i 5,2 dell’Austria ma anche con i 18, 7 mld della Spagna. Ma nel Belpaese risulta elevato anche il gettito Iva per acquisto, riparazioni ecc. a 17,3 mld; più alto della Francia a 15,6 mld, ma più basso della Germania a 29,7 mld. Tra i più alti dell’Ue-15 anche il gettito da bollo auto italiano a 6,6 mld nel 2016; contro gli 860 mln circa della Francia, anche se ai primi posti per gettito in arrivo da questa ‘voce’ fiscale troviamo la Germania (seconda in classifica) con 8,9 mld e la Danimarca con 10,6 mld (primo posto).

“La tassazione degli autoveicoli vale centinaia di miliardi di euro all’anno per i governi europei, contribuendo in modo significativo a progetti finanziati pubblicamente e alla salute generale dell’economia”, ha affermato il segretario generale Acea, Erik Jonnaert.

La gran parete dei paesi sta adottando una tassazione basata sulle emissioni di CO2 e dallo scorso settembre queste emissioni verranno misurate usando un nuovo, e più rigoroso, test di laboratorio, il Wltp. “I governi devono garantire che la transizione a Wltp – aggiunge Jonnaert – non impatti negativamente la tassazione dei veicoli. Un fallimento in tal senso potrebbe aumentare l’onere finanziario per i consumatori e portare a confusione generale”.

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Showing 4 comments
  • Gio

    Da molti anni ho rinunciato all’automobile, quando mi serve la noleggio (pochissime volte). In effetti ho una Fiat 500 del 1970, ma questa é solo un hobby. Con quello che ho risparmiato negli ultimi dieci anni ho messo da parte un bel gruzzoletto che contribuisce a farmi vivere bene, non certo nel lusso, senza lavorare.

  • Max

    Ma chi scrive questi articoli, Lambrenedetto VI?

    La Germania in cima al podio, ma che popolazione ha? Il doppio della nostra. E che stipendi vi sono ? +/- idem con patate. E poi bisogna paragonare la popolazione o il parco circolante? Credo il secondo dato. e qui mi risulta che gli italioti siano i primi pro capite.

    E poi la Francia ha abolito il bollo da un decennio circa; resta solo per chi proprio si ostina a tenere un mammozzone inquinante.

    Come possibile accozzare dati così a capocchia senza una certa anche minima disamina?

    • firmato winston diaz

      @max

      Giuste osservazioni.

      La motivazione forse e’ che l’articolo, oltre che riportato da questo sito con le sue note posizioni, e’ ricavato da:

      “l’ultima Tax Guide 2018 pubblicata dall’Acea, l’associazione dell’industria automobilista europea”

      il cui fine primario e’ senz’altro dimostrare che la tassazione sui loro prodotti e’ troppo alta, ma a cui, scommetto, andrebbe ancora piu’ bene un ulteriore appesantimento della tassazione green che incentivi l’acquisto di nuove e piu’ costosamente fatturabili autovetture, obbligando a gettare le vecchie. Scommettiamo? ;) A spingere verso rottamazioni e tassazioni punitive verso gli automobilisti renitenti ad acquistare sempre nuovi veicoli, e’ stata soprattutto l’industria automobilistica con tutto il suo potente budget pubblicitario sui mezzi di informazione, i verdi sono serviti solo da utili idioti da sfruttare per la copertura ideologica, e su cui riversare eventualmente le colpe.

      Tranello ben funzionante, come testimonia la chiusa “E poi la Francia ha abolito il bollo da un decennio circa; resta solo per chi proprio si ostina a tenere un mammozzone inquinante.” Nel nostro paese, non so la Francia, il bollo lo si paga indipendentemente dal fatto che il “mammozzone” circoli e da quanti chilometri faccia, e’ tassa sulla proprieta’. Non sanno piu’ su cosa attaccarsi, come arrampicarsi, non teniamogli bordone… Oltretutto salvo scoprire dopo un po’ che cio’ che sostituisce il mammozzone magari inquina ancora di piu’ (micropolveri impercettibili perche’ piu’ sottili ma piu’ dannose, per non parlare del canceroso benzene che e’ stato immesso in sostituzione del piombo tetraetile nelle arie cittadine per oltre un decennio dalle prime auto mal catalizzate a benzine verdi, che potrebbe da solo giustificare l’aumento attuale dei tumori ma di cui nessuno, omertosamente perche’ corresponsabile, parla), e a parte che fa comodo dimenticare che la gran parte delle polveri e’ sollevata dallo spostamento d’aria dato dal movimento dei mezzi. Le polveri sono lo spauracchio d’ordinanza su cui si alimentano le bufale informative di ogni provenienza. D’altra parte per la vulgata il CO2 e’ un gas venefico…

      Basta che suoni pauroso e tutto fa brodo per assurgersi a salvatori dell’umanita’ attraverso nuove leggi e tasse.

      E’ tutto e solo business: mediatico, economico, sociale, politico, ideologico.

      L’interazione sociale della contemporaneita’ post moderna funziona ormai cosi’, viviamo nell’era del volatile, non sappiamo piu’ come passare il tempo se non pestandoci i calli a vicenda, basta che “suoni bene”.

  • Alessandro Colla

    “Contribuendo a progetti finanziati pubblicamente”, sì. “Alla salute generale dell’economia”, no. Un progetto finanziato pubblicamente nuoce sempre all’economia, per legge fisica. E’ come se io per giovare alla mia salute fisica, finanziassi i violenti della mia zona. Magari attraverso un progetto che prevede l’acquisto di armi da fuoco. Magari, per accrescere la mia formazione culturale, potrei mettermi a finanziare Novella 2000 o la casa editrice che pubblica i “romanzi” di Liala.

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