DI RIVO CORTONESI
Ho appena terminato di leggere il romanzo di Leonardo “Il conte di Montecrypto”, che da domani non troverà più posto sul comodino della mia camera da letto perché lo riporrò in biblioteca, nella sezione che ospita gli autori libertari. Chiudo con la mia recensione, doverosa nei confronti di un amico che tanto ha dedicato alla causa della Libertà fino ad improvvisarsi “romanziere” per aggiungere un altro modo di difenderla a quelli, e non sono pochi, già da lui sperimentati.
Ancora prima di leggerlo, basandomi solo su alcune rivelazioni inedite dello stesso Leonardo in occasione dell’annuncio della presentazione del libro a Bologna, mi ero fatto l’idea che dovesse trattarsi di un romanzo che ben si sarebbe prestato ad essere “tradotto” in un film.
La sua lettura, attenta e rigorosa, mi ha confermato questa mia prima impressione epidermica. Le “scene” corrono veloci, ma ognuna corredata di una descrizione ambientale e, quando occorre, culinaria o enologica maniacali, quasi che l’autore avesse voluto dare indicazioni precise a chi ne vorrà curare la futura “sceneggiatura”. Anche i diversi personaggi del libro, così come gli accadimenti che si snodano in rapida successione, sono tutti ben caratterizzati e descritti con crudezza cinematografica e, aggiungerei, giornalistica.
Un elogio solenne per la parte “didattica”. Alla fine questo libro riesce a far “innamorare della Libertà”.
Tutti, meno uno, quell’insipido detective, gigolò da quattro soldi, personaggio senz’anima, che risponde al nome di Gildo Bacci (nome indovinatissimo commisurato alla pochezza del personaggio).
Gildo pare impermeabile alla passione ideale che anima gli altri personaggi del libro. Anche il colloquio finale con l’inventore dei Bitcoin lo mostra emotivamente, meglio “idealmente”, poco coinvolto. Non basta, ad assolverlo, un presunto “distacco professionale”.
Se Leonardo l’ha fatto apposta perché meglio risaltasse la grandezza di certi uomini al cospetto di chi convive con il sistema senza farsi troppi crucci, allora c’è riuscito in pieno.
Concludendo: nel libro c’è tutto per un film di sicuro successo, avventura, attualità politica, didattica libertaria, scontri a fuoco, violenze subite e vendette eseguite, i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, come nei film western, e scene esplicite di sesso esplicito descritto con vocaboli espliciti, meno l’episodio finale dell’avance della baronessa all’evanescente Gildo (come si dice: Dio li fa e poi li accoppia), il cui epilogo sessuale è lasciato all’immaginazione del lettore.
Sono dunque dell’idea che più che un romanzo “Il conte di Montecrypto” sia il copione già scritto di un film che sarebbe bello venisse portato nelle sale di mezzo mondo da un produttore libertario o intellettualmente incamminato sulla via della libertà.
Se c’è batta un colpo!
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fantastico comunque il logo del sito, due mano che si stringono a vicenda e una diventa una pistola. avrei preferito un uzi o un ak 47, ma va bene anche la pistola dai!
E io che credevo fosse un saggio sulle crypto… fiction, eh? in tal caso, come a poker, “passo”.