In Anti & Politica, Libertarismo

DI AURELIO MUSTACCIUOLI

Ma se, come accade, la domanda politica non trova corrispondenza in un’offerta politica adeguata, cosa dovrebbe fare un elettore?

Ad esempio, come dovrebbe comportarsi un liberale, una volta assodato che nessuna forza politica è coerente con principi di stato minimo e libero mercato e che quindi che nessuna forza politica è, nella sua interezza, in sintonia con le proprie idee? Turarsi il naso e votare la forza politica che si ritenga faccia meno danni o che abbia una o due proposte condivisibili, in mezzo ad altre non condivisibili? O non votare? E così facendo lasciare campo libero alle forze politiche (stataliste) che andranno a formare il nuovo governo?

E’ evidente che in entrambi i casi si formerebbe un governo sostenuto da un parlamento composto da forze politiche che favoriranno l’aumento di spesa e conseguentemente l’ulteriore crescita delle dimensioni dello stato.

Non votando, è anche possibile che ne traggano vantaggio i partiti più distruttivi per il paese, rispetto ad altri che magari presentano alcune parti del programma condivisibili.

Nel caso delle recenti elezioni europee del 2019 il risultato ha evidenziato una elevata astensione e la vittoria dei partiti pro spesa.

La Fig 4 descrive qualitativamente la situazione dopo il voto delle europee.

Si evince come il consenso elettorale sulle proposte politiche pro spesa è stato tale da intercettare la maggioranza della domanda politica. Le proposte portate avanti dal nuovo parlamento saranno pertanto prevalentemente di aumento di spesa determinando forze (freccia rosso scuro) che faranno slittare Pe avvicinandolo a Pr. Le proposte meno spesa, che si opporranno a tale slittamento saranno nettamente più modeste, sia perché i partiti vincitori avevano poche proposte meno spesa, sia perché le altre proposte meno spesa o fanno riferimento a partiti all’opposizione o non sono neanche arrivate in parlamento, perché relative a partiti non eletti.

Tornando sul dilemma dell’elettore, ritengo che, quando non ci sono le condizioni, sia giusto non votare.

Tuttavia, al contrario di alcuni amici libertari che non ritengono più utile partecipare alla vita politica e hanno deciso di cercare una soluzione individuale che riduca al minimo le interazioni con lo stato (anche se francamente non vedo come), il mio non votare non ha rappresentato una posizione di principio, ma è stato determinato da precise motivazioni: essere coerenti con le proprie convinzioni, esprimere dissenso alle proposte dei vari partiti, fare eventualmente emergere una forza politica in in sintonia con la domanda politica insoddisfatta, la mia inclusa.

Credo infatti che vada creata una alternativa politica capace di intercettare gli insoddisfatti per evitare che questi incrementino le file dell’astensionismo o votino turandosi il naso, non consentendo in questo modo l’uscita dal loop statalista. Mises in “Human Action” in proposito scriveva: “Il fiorire della società umana dipende da due fattori; la capacità intellettuale di uomini di prim’ordine di concepire teorie sociali ed economiche valide e l’abilità di questi o di altri di rendere tali teorie appetibili alla maggioranza”.

Ma come può formarsi tale alternativa politica? Come si possono raccogliere le istanze di persone che hanno sensibilità diverse e convinzioni diverse di politica estera, interna ed economica?

Cosa accomuna queste persone? Non certo idee che possono essere sintetizzate in un programma di governo, piuttosto la consapevolezza che la burocrazia sta soffocando il paese creando sacche sempre più ampie di parassitismo. Per questi insoddisfatti la risposta giusta non è quella di un partito tradizionale con aspirazioni di governo – lì non c’è verso, non si troverebbe mai una sintesi in grado di intercettare gran parte dell’astensionismo -, ma un partito che agisca come un guardiano della spesa. E un partito di tale fatta può essere ispirato e può essere coerente con gli ideali Lib- illustrati al paragrafo 2.

Immagino già le critiche bipartisan, da un lato i libertari nudi e crudi che vedranno in tale partito un attore che si adeguerà all’odiato sistema statalista, dall’altro tutti gli altri che lo bolleranno come partito contro lo stato e le istituzioni.

Ma non è così. Ai primi dico che senza partecipare al gioco politico non ci può essere alcun cambiamento sociale che possa avvenire in modo non violento, per rispondere ai secondi uso una metafora: se sei un obeso di 300 chili inchiodato al letto e sofferente, è inutile che fai programmi per il futuro, devi invece chiamare urgentemente un dietologo per dimagrire. Solo così potrai stare meglio e ricominciare a fare progetti.

Non propongo la creazione di un partito neoliberale che presenti un programma politico costituito da specifiche azioni di governo. Un tale partito, sebbene legittimo, non sarebbe in grado di raccogliere in modo significativo la domanda politica insoddisfatta di cui al paragrafo precedente. Questo perché quel gruppo di elettori non è omogeneo e sarebbe pertanto impossibile individuare un programma di interventi politici che possa raccogliere gran parte di quella domanda. Ne risulterebbe un coacervo di proposte incongruente e contraddittorie (vedi +europa). Il risultato sarebbe quello di un partito socialdemocratico come gli altri. Tali tentativi sono già stati fatti e non hanno avuto successo.

Quello che propongo è invece la creazione di una forza politica “guardiana” che si ispiri a principi liberali coerenti del liberalismo allargato Lib- e il cui unico scopo sia quello di intercettare la domanda insoddisfatta di chi auspica una riduzione delle dimensioni dello stato. Una forza politica che avrebbe senso proprio nella situazione attuale di iperstatalismo e che in condizioni di stato minimo potrebbe entrare in uno stato di sospensione vigile da una posizione di opposizione. Perché quando la casa brucia, non si discute sull’arredamento, si spegne il fuoco. E il fuoco da spegnere in questo momento è l’ipertrofia statale.

La Fig 5, descrive qualitativamente come tale forza politica intercettando l’ampio dissenso potrebbe avere la massa critica per operare un’inversione alla continua espansione dello stato  (la freccia verde chiaro rimanda al fatto che essa vuole intercettare la globalità della domanda insoddisfatta, non singole proposte politiche).

Quali sarebbero pertanto le azioni politiche di tale partito guardiano qualora avesse una rappresentanza parlamentare?

Poche, semplici e non ideologiche:

  1. Ostacolare qualunque aumento di spesa e fare proposte per la sua riduzione;
  2. Ostacolare qualunque aumento di tassazione e fare proposte per la sua riduzione;
  3. Ostacolare qualunque aumento del debito e fare proposte per la sua riduzione;
  4. Ostacolare qualunque contrazione delle libertà individuali;
  5. Ostacolare qualunque aggressione alla proprietà privata;
  6. Ostacolare qualunque forma di interventismo statale (in economia, sul lavoro, in politica estera,..);
  7. Ostacolare qualunque forma di inflazione monetaria;
  8. Ostacolare qualunque forma di regolamentazione e favorire qualunque deregolamentazione;
  9. Ostacolare qualunque forma di restrizione delle libertà individuali e fare proposte per una loro estensione;
  10. Favorire le liberalizzazioni;
  11. Favorire la semplificazione legislativa.

Un tale partito dovrà inoltre cercare di far riacquistare legittimità allo stato democratico proponendo  una modifica costituzionale che introduca il diritto di secessione.

Più in generale tale partito dovrà promuovere il massimo decentramento, sia interno che esterno.

Dovrà inoltre cercare di bloccare il progetto di superstato europeo a favore di una federazione leggera di stati fortemente autonomi. O, se non fosse in grado di farlo, promuovere l’uscita dall’Europa.

Concludo con la seguente considerazione. Un partito siffatto deve poter conquistare il consenso popolare. Deve pertanto essere percepito come uno strumento di protezione dei cittadini, non di aggressione. E’ quindi opportuno lo sviluppo di un piano strategico di comunicazione volto alla conquista del consenso popolare, che faccia uso anche di messaggi popolari e eventualmente populisti, purché coerenti con i valori Lib-.

Mi limito ad elencare alcuni temi sensibili:

  1. Condannare l’immigrazione selvaggia;
  2. Condannare l’interventismo in politica estera;
  3. Polemizzare con le élite dominanti;
  4. Opporsi alle restrizioni sul contante e ai controlli liberticidi;
  5. Condannare le caste e gli sprechi;
  6. Promuovere la solidarietà individuale;
  7. Condannare il relativismo e il politically correct;
  8. Rivolgersi ai giovani e condannare tutti gli interventi che trasferiscono oneri nel futuro;
  9. Promuovere il risparmio e condannare la spesa come farebbe un buon padre di famiglia;
  10. Promuovere l’investimento personale in cultura e formazione e combattere il desiderio di gratificazione immediata;
  11. Stigmatizzare i tax receiver e ricordare sempre che sono al servizio di tutti ma pagati dai tax payer;
  12. Combattere tutti i proibizionismi, ma prendere le distanze da comportamenti controversi;
  13. Promuovere i valori della famiglia e delle piccole comunità.

QUI LE PARTI PRECEDENTI

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Showing 5 comments
  • Fabio

    Secondo me lo scoglio principale sta nella legge fondamentale dello Stato, la costituzione_più_bella_del_mondo.
    Ci sono due parti che rendono socialista fin dalle fondamenta lo Stato Italiano e cioè dove vieta il vincolo di mandato e i referendum sulle tasse.

    Da una parte il politico che mente spudoratamente all’elettorato promettendo di tutto e di più prendendo in giro peggio di vanna marchi (che sarebbe abuso di credulità popolare) lo fa in modo assolutamente e perfettamente legale… di più, viene premiato con l’elezione e tutelato dalla legge messa a FONDAMENTA della società.

    Dall’altra il volere del popolo è talmente importante per la democrazia che GUAI a farlo esprimere su cose importanti come le tasse. Perché? Se lo Stato siamo noi che senso ha? dove sarebbe la nostra sovranità?

    Quindi il sistema non è che Non funziona o Funziona male e noi non riusciamo a cambiarlo: funziona benissimo per la casta perché è fatto proprio così per tenerci bloccati nella condizione di servitori della casta e dei suoi privilegi.

    Quale risposta dare? Secondo me, da leone da tastiera che sono, Emigrare.
    Per quanto doloroso e difficile sia nel breve termine, andarsene dove la collettività locale, per un qualche motivo,abbia raggiunto un grado di rispetto dell’individuo e della proprietà che consenta -almeno in un ragionevole orizzonte temporale- di vivere lavorando, guadagnando, accumulando e spendendo come pare e piace, quindi con tassazione modesta ed il più vicino possibile a quello che può essere il prezzo reale dei servizi (quindi col costo dell’intermediazione del pubblico più basso possibile)

    E se resti in italia, tirare a campare. Perché tanto qui le cose non cambiano se non in peggio.

  • Antonio

    Egr. Dott. Mustacciuoli,
    un liberale/libertario come il sottoscritto come può non condividere quello che lei egregiamente scrive, ma mi resta un dubbio. Molti anni fa ho creduto in Berlusconi, ingenuamente ho pensato: un imprenditore di successo già molto ricco non potrà che operare per una società liberale…..errore, stupido errore. Se lei prende un passante che casualmente incontra e lo fa eleggere ad una qualsiasi carica pubblica. Dopi tre quattro mesi, diverrà come gli altri eletti si dedicherà nel migliore dei casi al compromesso delle idee che gli anno fatto vincere le elezioni pur di mantenere i privilegi ottenuti. Ovviamente qualsiasi uomo “forte” sarebbe il peggiore di tutti i mali meglio tanti furbetti come ora. Pertanto un eletto con e per merito delle nostre idee dovrà garantire l’assoluta fedeltà alle stesse. Ma come?
    Cordiali saluti.

    • Serpe

      Non si riesce a fare politica, perché la politica è consenso e il consenso lo danno a chi promette qualcosa.
      Un liberale non promette nulla, anzi materialmente toglie qualcosa, quindi diventa tutto molto difficile…
      Siamo in un pollaio, non bisogna scordarlo.

  • Alessandro Colla

    Egregio ingegner Mustacciuoli,
    il Suo articolo mi spinge a contravvenire al mio proposito di non intervenire più sul sito del Movimento Libertario dal momento che le mie considerazioni provocavano inserimenti di persone intolleranti e scarsamente preparate. Tali inserimenti finivano, oltre a limitare lo spazio per altri commentatori più qualificati, mettevano in evidenza tutti i limiti dell’umana supponenza e non apportavano alcun elemento positivo al dibattito interno al Movimento. Inoltre, le contestazioni al mio pensiero non si basavano sui contenuti ma sui pregiudizi modaioli degli interventisti o su quelli di chi si crede libertario senza comprendere l’autentico significato filosofico del libertarismo. Tra le accuse ho avuto il piacere di avere quella di essere dualista perché non concepisco vie di mezzo tra libertà e tirannia. Così come quella di essere sciocco quando considero l’area del libertarismo nella parte destra degli schieramenti politici. Il concetto mi sembra semplicissimo: se più stato significa sinistra, meno stato o assenza completa di stato non possono che stare dalla parte opposta. Altrimenti Pol Pot era un estremista di destra e Luigi Einaudi andava collocato a sinistra. Ho compreso le motivazioni dei dirigenti del Movimento di non intervenire a mio favore, motivazioni che rispetto e che infrango solo occasionalmente per Sua involontaria causa. Condivido molti dei Suoi punti programmatici, ho qualche perplessità solo sull’argomento riguardante l’immigrazione perché non lo vedo come un problema fondamentale. Ciò che a mio avviso manca in tutto il progetto è il come. Non ho mai creduto che la rete telematica sia sufficiente per creare una lista “guardiana” e per avere consensi. La gente vive in luoghi fisici e sono quelle le sedi per convincerla. Chi avrebbe l’interesse a sobbarcarsi le spese per un’impresa logistica di ampio spazio territoriale? Una sede adeguata in ogni centro abitato, in ogni quartiere metropolitano e in ogni villaggio rurale sarebbero gli elementi indispensabili solamente per partire. non basta. Gli stataloidi hanno organi di stampa, radiofonici, televisivi, editoriali. Noi cosa abbiamo? L’avversario può contare sulla propaganda subliminale della letteratura, della critica e dello spettacolo. I libertari su cosa contano? Dove sono le nostre accademie dove si parla anche di arte, di scienza, di filosofia, di musica colta, di teatro? Attenzione: non sto chiedendo implicitamente fondi per i miei spettacoli, a settembre compio sessantuno anni e mi sono rassegnato a un ruolo di saltimbanco di estrema periferia senza velleità di esercitare un ruolo da Dario Fo liberista. Ma se un giovane volesse proporsi per tale ruolo, verrebbe ascoltato da qualcuno? Ho già la risposta, anche se personale: ascoltato sì, ma solo ascoltato. Subito dopo, il dimenticatoio. E per quel giovane, come per me in attuale tarda età, solo il rimpianto.

    Alessandro Colla

    • Fabio

      non sei l’unico allora marchiabile di dualismo, Alessandro.
      o si è liberi o non lo si è. Che vuol dire ‘quasi liberi’? Perché la libertà condizionata quando non si è commesso alcun crimine.
      Spesso paragono tasse, mancanza di libertà e coercizione statale allo stupro. Essere quasi liberi sarebbe un po’ come l’essere solo mezzi stuprati? E gli utopisti sarebbero i libertari ??
      Dai, coraggio, che di imbecilli ce ne sono parecchi in giro. Faccio sempre l’esempio di una qualsiasi classe scolastica: quante eccellenze riscontri? non è mediocrità, o peggio, la maggioranza dei ragazzi? E quei ragazzi cresceranno impregnati di statalismo inculcato sui banchi, e voteranno, e scriveranno, e trolleranno…

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