In Anti & Politica, Economia

DI VERCINGETORIX*

Gli eventi più rilevanti sulla stabilità dell’ Economia Mondiale del nuovo millennio fin’ora vissuto, oltre al fallimento della Lehman Brothers e il ridimensionamento della Goldmann Sachs e della Morgan Stanley, con le conseguenze attuali, risulta essere il problema della Grecia; dove si sta consumando la più grande ristrutturazione della storia, con una cancellazione di debito pubblico per un valore pari a oltre 104 miliardi di euro, e con una perdita per i creditori intorno al 75% del valore reale dei loro titoli.

Tale cancellazione ha coinvolto anche i piccoli risparmiatori e i fondi pensione, colpiti dalle cosiddette “clausole di azione collettiva”, per effetto delle quali è stato esteso a tutti i creditori il trattamento accettato “volontariamente” dalle banche creditrici.

In altre parole, la Grecia, malgrado appartenga all’Eurozona e agli altri organismi europei, è di fatto fallita, dimostrando che persino un Paese europeo con la moneta unica può essere insolvente, tanto da far scattare le assicurazioni sui titoli ellenici.

Per evitare che questo “trigger event”, questo fallimento pilotato, si traducesse in una pericolosissima ondata di panico generalizzato, l’Europa ha deciso, sia pur tra mille cautele e vari rimandi, di deliberare i piani di aiuto, subordinati proprio alla “riuscita” dell’operazione di ristrutturazione del debito greco.

La successione degli interventi concepiti dalla troika composta da Commissione europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea è apparsa in tal senso paradossale: il salvataggio è infatti avvenuto dopo che la ristrutturazione aveva bruciato 104 miliardi di euro e la recessione greca aveva assunto contorni drammatici. Nonostante tutto ciò, è risultato ugualmente costosissimo.

Per l’Italia il conto dovrebbe oscillare fra i 31 e i 47 miliardi di euro, una cifra ”preoccupante” destinata a gravare sul nostro debito pubblico e quindi a minacciare la tenuta dei sensibili spread.

Salvare la Grecia costa al nostro Paese quanto una corposa manovra finanziaria, che di fatto si somma in buona misura agli 82 miliardi di euro di sacrifici imposti al Paese dalle manovre finanziare varate già nel 2011. Scendendo ancora più nel dettaglio, emerge che ogni cittadino italiano sottoposto all’Irpef “presta” alla Grecia 850 euro, a cui si devono aggiungere almeno altri 150 euro derivanti dalla quota parte italiana versata al Fondo monetario internazionale e alla Bce e indirizzata al sostegno dei disastrati conti greci.

Certo, la speranza concreta è quella di evitare che il panico diffuso sui mercati ostacoli la riduzione del costo del finanziamento del debito italiano con un forte risparmio sugli interessi, in procinto di avvicinarsi nel 2012 ai 100 miliardi di euro. Le stime più accreditate fanno riferimento ad un risparmio di circa 8 miliardi di euro se lo spread scenderà sotto i 300 punti rispetto ai 500 sulla base dei quali il Tesoro aveva steso il bilancio “post manovra Monti”. Il crollo dei rendimenti dei Bot è in tal senso assai benaugurale.

Intanto però, il fabbisogno di cassa deve registrare in termini contabili gli esborsi citati prima e ciò rende indubbiamente molto più complesso trovare i due/due miliardi e mezzo di euro necessari per coprire la piattaforma già ampiamente allargata degli ammortizzatori sociali e spingere il governo a patrocinare soluzioni a “costo zero” anche in relazione al complesso fenomeno dei lavoratori rimasti senza occupazione.

Senza peraltro dimenticare la gravosa consistenza degli aiuti finanziari che affiancano poi le tensioni innescate dai debiti sovrani e che moltiplicano gli effetti speculativi legati alla nuova esplosione del prezzo del petrolio.

In un mercato reso molto liquido dagli interventi della Bce, la paura di default degli Stati, divenuti ancora più materia d’attualità e possibile dopo la vicenda di Atene, induce gli speculatori a puntare su scommesse “sicure” come appunto l’impennata del greggio, sospinta dalla crisi iraniana, dalle tensioni libiche e siriane, senza dimenticare la perdurante instabilità nigeriana e sudanese, tutti scenari che purtroppo minano tutta situazione.

La ricaduta più tangibile e immediata per un’economia “energivora” come quella italiana è rintracciabile nell’esplosione delle bollette per le imprese e famiglie e in un pesante passivo della bilancia commerciale.

La parziale ripresa dell’aumento dei prezzi di alcuni beni, peraltro, ha contribuito a far crollare la spesa delle famiglie italiane per i generi alimentari ai livelli di 30 anni fa. Il debito greco, i ritardi dell’azione europea, la speculazione pesano in maniera diretta sulle spalle dei contribuenti e dei consumatori rendendo impervia la ripresa dell’economia reale. Il mondo è piccolo e la crisi lo ha ristretto ulteriormente.

* Link all’originale: http://www.lindipendenza.com/grecia-il-salvataggio-costa-allitalia-dai-31-ai-47-miliardi/

 

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Showing 7 comments
  • Gino

    Concordo!

  • Roberto Porcù

    @ Gino – Quello che hai scritto ora lo condivido. Io cotestavo il fatto di una Lega che parla alla gente e la tiene nell’ignoranza affinché il bastone del comando sia sempre in sua mano. Condivido l’esempio da seguire della Svizzera dove i parlamentari chiesero di aumentarsi lo stipendio, i Cittadini risposero di no e loro se la misero via. Nel bel paese di Pulcinella i Cittadini negarono il finanziamento ai partiti (voluto al tempo per non farli più rubare) i quali continuavano a farlo. I parlamentari cambiarono la legge aumentandoselo di quel po’ ed il garante della costituzione Oscar Luigi Scalfaro avvallò la legge truffa. Con l’esempio antistorico del governo aristocratico della Serenissima intendevo dire di volere la responsabilizzazione dei vertici dello stato.
    “Ripongo in te tanta fiducia e ti pago tanto, ma se tradisci la mia fiducia e ti fai gli affari tuoi a descapito di quelli dello stato, ti faccio pagare tanto”: ipotesi oggi irrealizzabile nell’Italia dell’irresponsabilità istituzionalizzata.

  • Gino

    30 anni fa mangiavamo meno e si stava bene uguale.
    Anzi, eravamo molto meno in sovrappeso.

    • Giorgio Fidenato

      Tipica battuta di uno che non ha capito niente!!!

      • Gino

        Chissà cos’altro deve capire la gente comune come me che non ha studiato l’economia (cioè oltre il 90% della popolazione). Date per scontato tutto, allora accontentatevi di quei quattro gatti che vi vengono dietro. La Lega dice un sacco di stupidaggini però sa parlare alla gente senza credersi intellettualmente superiori.

        • Roberto Porcù

          @ Gino – Talvolta penso che i guai per l’Italia siano cominciati con il suffragio universale. Dirò un’eresia, ma è stata già detto da Robert Heinlein, sicuramente più intelligente di me, che l’opinione di tante persone che votano sia più giusta di quella di un uomo solo è un’ipotesi idiota. Penso che come si fanno gli esami per guidare un auto o mansioni meno importanti, dovrebbe esserci un test per definire le capacità elettive.
          La Repubblica di Venezia assicurò Giustizia e Buon Governo per più di 1000 anni ed era fondamentalmente una aristocrazia dove i più erano esclusi dalla guida della Serenissima. Era prevista ed attuata la pena di morte e la confisca dei beni per chi avesse approfittato della carica per suoi interessi personali e questa arrivò a sperimentarla persino un doge.
          Dire alle anime più semplici quello che loro vogliono sentirsi dire, è facile, ci riesce anche Bossi, peccato che nella repubblica dei 150 anni non sia contemplata la pena di morte come in quella dei 1000 e passa, per chi si cura del proprio arricchimento tradendo l’interesse dei Cittadini, anche se le anime più semplici non riescono ad avvertirlo.

          • Gino

            E tu credi che in Italia sia il popolo che comanda? Ma quando mai!
            Noi possiamo votare dei rappresentanti senza vincolo di mandato, dimmi tu in quale tipo di contratto il rappresentante può fare quello che vuole senza rispondere dei danni nei confronti del rappresentato.
            In Italia i politici fanno quello che vogliono e non li possiamo bloccare perché è vietato il referendum proprio nelle materie più importanti, ossia fiscali, di bilancio e di ratifica dei trattati internazionali.
            Da noi il politico può promettere di abbassare le tasse per poi aumentarle, di tagliare la spesa pubblica per poi aumentare invece il debito. Chi li ferma? Nessuno: non c’è un vincolo di mandato e non si può fare il referendum.
            In Svizzera invece il popolo conta eccome, esistono referendum sulle tasse, i cantoni si fanno concorrenza, non come da noi dove i candidati alle regionali vengono nominati spesso e volentieri dalle segreterie di partito.
            Quindi non tirarmi fuori l’aristocrazia della Serenissima che, con tutto il rispetto, non può essere preso come modello e guardiamo invece alla vera democrazia che è quella Svizzera.
            La Svizzera dimostra che le persone non sono ignoranti, è il potere politico ed economico concentrato nelle mani di pochi a generare ignoranza.

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