In Anti & Politica, Primo Piano, Varie

“Dice un vecchio adagio: “Non votare, serve solo a incoraggiarli”. Vero, ma molte nazioni hanno reso ora obbligatorio il voto, e quelli che non lo danno assumono i colori della “maggioranza” quando meno di un quarto della popolazione si suppone abbia conferito loro una mandato. Dico “si suppone”, perché spesso la bilancia viene fatta pendere più dalla parte di quelli che votano contro qualcuno, piuttosto che da quelli che votano per qualcuno. Molti di quelli che oggi non votano, lo fanno (o non lo fanno) a causa del disgusto per tutta la sciarada, ma il sistema li conta semplicemente come apatici, ignorando il loro non-voto. Intanto il sistema va avanti come se tutto andasse secondo i piani, e un partito viene messo al lavoro per trovare il modo di far sì che più persone apprezzino il valore del voto.

Gran parte della nuova genia degli attivisti morbidi, in Gran Bretagna, ha trovato il modo di irretire e confondere lo Stato nelle sue stesse leggi e regolamenti contorti, che deve regolarmente infrangere per poter avere a che fare con i contestatori. Notate quanto spesso le accuse vengono lasciate cadere poco dopo l’arresto. Forse c’e un modo per usare il sacro “diritto” di voto come uno strumento per togliere potere allo Stato. Forse c’e un modo per ritrattare del tutto il mandato del popolo. Che cosa succederebbe se ci fosse un modo per votare contro i politici stessi, invece che per sceglierne uno dalla selezione offerta?

Ebbene, ne ebbi un’idea alcuni anni fa, il cui ricordo mi è tornato in mente scrivendo questo libro. Fu il risultato di un impegno che mi assunsi con il mio eccentrico amico Rainbow George una notte. In qualche modo convinse me, un apolitico convinto, ad accettare di lanciare un partito politico di qualche genere alla prossima conferenza stampa della sua “Rainbow Alliance”. Erano coinvolte le elezioni politiche locali, e George continuò a telefonarmi per ricordarmi la mia promessa.

Mentre la data fissata si avvicinava, mi concentrai sul problema una sera e schizzai l’abbozzo di un programma che sembrasse meritare il voto. In seguito fu chiamato il “Partito Nessun Candidato” (No-Candidate Party) e io divenni “Gregory Sams, non aspirante al parlamento”. Stampai un comunicato stampa e dei biglietti da visita con la dicitura “De-attivista politico” stampato sotto il mio nome. La cosa fu menzionata in alcuni giornali e ci fu un’intervista radiofonica, ma all’epoca non si andò oltre.

Questo partito potrebbe essere ribattezzato come il “Partito dei Posti Vuoti” (Bare Seat Party) oppure “Partito NOTA” (None Of The Above) [“Nessuno di quelli sopra”, N.d.T.]. La sede del partito avrebbe contratti standard impegnativi firmati da ogni aspirante candidato. Questo contratto di una sola pagina dovrebbe essere qualcosa del genere: “Io mi impegno, qualora fossi eletto, a non partecipare mai ad alcuna sessione del parlamento, a non votare mai su alcuna proposta e a non svolgere alcuna delle mansioni attinenti a questa carica. Mi impegno a non incassare alcuna forma di pagamento per questo lavoro sotto forma di stipendio, salario o remunerazione dallo Stato, a non reclamare diritti di trasferta, spese o lavori per parenti, amici ed estranei”.

Ogni voto per il Partito dei Posti Vuoti sarebbe un voto per un politico in meno, spedito con un brivido giù per i corridoi del potere, seguito da un fremito fastidioso se anche un solo posto in parlamento dovesse essere liberato in questo modo. È un voto contro tutti i partiti usualmente in competizione per il potere. Impedisce anche a chiunque di sostenere che non votate solo perché siete troppo pigri o apatici per prendere parte all’eccitante processo di scegliere un sacco di nuovi volti per creare ancora più leggi e infrangere tutte le promesse impossibili per i prossimi anni, per quanti siano.

“Quello che la “politica è in realtà è un gioco di specchi e fumo blu. Le persone hanno potere quando gli altri pensano che abbiano potere. Se non lo pensano, allora sei un vascello vuoto” (Whych Fowler, politico americano, 1978).

Questo nuovo partito non viene presentato come una specie di tecnica estrema per sradicare lo Stato, ma come una parte semplice ed efficace per fare in modo che il processo vada avanti – un catalizzatore e uno stimolo per altre azioni più importanti e rilevanti che non si possono determinare in questo momento. Potrebbe anche spingere il mondo degli affari e la comunità generale a iniziare a costruire alternative funzionanti a quel 20% del lavoro dello Stato che è essenziale alla nostra società. Un politico in meno non è una gran cosa in sé, ma il fatto che venga mandato via col voto e non con una pallottola o una bomba è una cosa davvero nuova nel mondo politico, e un segnale per coloro che ne fanno parte che farebbero meglio a iniziare a cercarsi un vero lavoro per il futuro a medio termine.

I suggerimenti presentati qui trasformerebbero il vostro voto in un potente segnale allo Stato e una garanzia che non sarete mai male rappresentati dal vostro candidato. Un voto per il Partito dei Posti Vuoti invia il più forte messaggio possibile allo Stato sul fatto che ne abbiamo abbastanza delle loro pagliacciate e che il loro potere sta calando.

Non esiste alcun Partito dei Posti Vuoti nel momento in cui scrivo, e l’autore non è competente né esperto nella creazione di simili strutture. Il concetto è molto semplice e potrebbe in teoria essere applicato ovunque nel mondo. Non ho idea di come raccogliere dei fondi o qualunque cosa ci voglia, e spero che chiunque raccolga una sfida così importante trovi il modo di trarre profitto dal proprio successo.

L’idea di Gregory Sams in “FUORI DALLA NORMA: LO STATO È SUPERATO” (ultimo capitolo, Diegaro di Cesena, 2002)

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Showing 10 comments
  • bobo

    bisogna andara tutti quanti a roma buttiamoli giu dalla poltrona

  • bobo

    lo stato italiano è rovinato

  • Alessandro

    Idea geniale, bisogna vedere se si scontra con le leggi attuali vigenti.

  • LightQuantum

    Davvero ottima pensata… In teoria. In pratica la vedo difficile. Ma non impossibile.

  • Nereo Villa

    Un sogno! Vorrei che fosse realtà. Vedo se riesco a ricavarne una canzone.

  • cristina spadaro

    Anche a me sembra unídea geniale e democraticamente rivoluzionaria.

  • Caber

    ma da un punto di vista formale i parlamentari ci sono, visto che gli eletti non si dimettono, semplicemente non vanno in parlamento e rinunciano allo stipendio (i regolamenti parlamentari permettono la rinuncia allo stipendio però? altrimenti serve una soluzione alternativa)

  • Roberto Porcù

    A me l’idea pare geniale. Loro non si riducono il numero ed allora lo riducono gli elettori. Per fondare il partito è sufficiente essere in una ventina ed andare dal notaio. Poi bisogna raccogliere le firme a sostegno con banchetti per strada e presentarle con il simbolo alle elezioni. Se i media ne parlano, la gente fa la coda per fare le firme. Quando si raccolgono le firme deve essere presente un notaio (costoso), un membro del partito già eletto in una carica che lo autorizzi all’autentica. Solitamente gli attivisti le raccolgono e poi se le fanno vistare in blocco, con un tacito accordo fra tutti i partiti. Ad un partito così “rompischemi” qualcuno potrebbe fare intervenire i carabinieri per il sequestro dei moduli in un banchetto dove l’autenticatore non sia presente.
    L’apposizione di firme su moduli depositati nei Comuni, non funziona perché gli impiegati se la prendono molto comoda, accampano che manca il segretario o l’impiegato con la delega, e le code sono lunghissime.
    La grande raccolta delle firme imposta è l’imbroglio che sta a pari con il quorum nei referendum.
    Per fare anche la parte del diavolo, c’è ora un’opinione pubblica sommersa contro la Casta. Se si sfoga in questo, quelli che rimangono in parlamento non hanno più alcuna remora e possono anche aumentarsi l’appannaggio.
    Dato che l’inviolabile santa costituzione fissa il numero dei parlamentari, potrebbe succedere che dopo tanto lavoro, la corte costituzionale lo dichiari non presentabile.

  • Caber

    questo partito mi piace

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