In Anti & Politica, Economia, Libertarismo

DI ANTONHY DE JASAY

Gli scandali sui finanziamenti illeciti dei partiti, e annesse corruzioni, sembrano destinati ad essere la nuova piaga italiana ed anche europea, venendo alla luce qua e là con sempre maggiore frequenza, senza accennare ad alcuna diminuzione.

Ma tutto ciò è in fondo cosa nuova?

Per i partiti politici non è una novità quella di raccogliere mezzi economici attraverso tecniche dubbie e di mantenere così lo stile cui da tempo sono abituati.

L’ex primo ministro inglese Lloyd George era solito vendere titoli nobiliari e di baronetto nella stessa misura in cui un droghiere vende pacchi di zucchero; al di là dell’Atlantico, il “boss” Richard Daley di Chicago assieme ai leggendari capi della “Tammany Hall” di New York erano maestri nel rafforzare il proprio potere attraverso una spesa pubblica “giudiziosamente direzionata”.

In gran parte dell’Europa continentale, raramente i politici si sono lasciati sfuggire l’occasione di arricchire se stessi e i propri partiti. Non appena la democrazia si diffuse e i mandati governativi diventarono soggetti alle ondate elettorali, la competizione nella caccia al voto si trovò a dipendere da tattiche di raccolta di fondi spesso spietate, dalle fonti legali fino a non troppo precisate “alternative illegali”.

Se così stanno le cose, perché mai occuparsi della incarnazione corrente di questo fenomeno? La differenza, questa volta, è che la vecchia e abituale pratica genera indignazione e disgusto tra la popolazione. Gli scandali, riportati minuziosamente dai media, stanno producendo costernazione verso i politici e un crescente rifiuto popolare nell’essere governati da una “classe di truffatori”. Il recente rifiuto danese dell’Euro, nonostante il forte appoggio della classe politica e dei media, non è stato altro che un esempio di cittadini non più desiderosi di esser guidati dalla classe politica. L’Europa sembra essere stufa della vecchia politica.

Improvviso rimbalzo

Sarebbe bello credere che quest’ondata di indignazione sia sorta da un improvviso aumento dei nostri standard di pubblica morale, ma in assenza di una qualsiasi evidenza empirica che sia effettivamente così, dobbiamo cercare una spiegazione altrove.

Suggerirei piuttosto che l’improvviso rimbalzo abbia a che fare con la dimensione della corruzione piuttosto che con la sua natura. Crescendo in continuazione il governo, così è cresciuto il margine di manovra della politica, e automaticamente la corruzione.

Per comprendere il perché dobbiamo analizzare i tre più diffusi generi di finanziamento dei partiti.

Il primo è quello angloamericano. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, nonostante sostanziali differenze, individui, aziende, sindacati ed altre associazioni possono liberamente fare donazioni a partiti e candidati. L’ammontare e le procedure possono essere regolamentate, ma finché il sistema rimane trasparente, sembra essere abbastanza onesto. Di certo non condiziona nessun furto di soldi pubblici, il donatore utilizza semplicemente i suoi. Se di facciata questo sistema può sembrare onesto, tuttavia dietro le quinte non lo è sempre. Mentre molti donatori agiscono certamente con un senso di dovere pubblico, altri si aspettano che il candidato sostenuto se ne accorga e soprattutto che si ricordi di loro. Una volta eletto, il candidato dovrebbe ripagarli in un modo o nell’altro, pena la non rielezione nel periodo successivo. Non c’è sistema migliore per ringraziare qualcuno se non l’indirizzamento della spesa pubblica o della regolamentazione in suo favore. Lo scambio può spesso avvenire tacitamente, ma non per questo esser considerato meno immorale.

Nei paesi in cui le donazioni volontarie non sono la regola, le “alternative illegali” sono la sgradevole alternativa.

In questi casi, il partito che controlla un budget cittadino, regionale o nazionale, potrebbe approfittando dei lavori pubblici o offrendo contratti, sottoscrivendo permessi di costruzione o licenze per nuovi supermercati, premiare proprio quelle ditte che danno la spinta giusta e nel modo migliore. I libri paga verrebbero riempiti di sostenitori del partito: questa sarebbe la carota; il bastone sarebbero al contrario i controlli fiscali. L’opinione pubblica ha da sempre sospettato che questi traffici esistessero, ma li ha visti raramente venire alla luce per via della complicità tra i politici e dell’assoggettamento dei magistrati e della stampa ai poteri costituiti.

Le cose cominciarono a cambiare negli anni ’90, quando in Italia e poi in Francia i giudici letteralmente cominciarono ad insorgere. Le loro profonde ricerche svelarono scandali di inaudita complessità. Ironicamente gli imputati erano spesso innocenti, avendo rubato milioni per i loro partiti senza tenere molto, a volte niente, di quel denaro nelle proprie tasche.

Il terzo genere (che sta guadagnando accettazione politica nel Vecchio Continente) cerca di superare i dilemmi morale dei primi due. L’unico metodo per evitare che i partiti si accordino tacitamente o esplicitamente con i propri donatori con lo scopo di raccogliere i necessari fondi, è di darglieli direttamente, in modo pubblico e aperto.

Si sussidiano così i partiti per il supporto elettorale, si rimborsano le spese delle campagne elettorali, fissati magari dei tetti massimi, e così via.

I difensori di questo approccio affermano che cancelli la necessità di peccare. Ma non si accorgono della ancor maggiore immoralità che costringe i contribuenti a sussidiare il costo di conquistare e mantenere il potere. I contribuenti non solo devono finanziare partiti che hanno programmi potrebbero anche aborrire, ma per giunta devono mantenere l’intera classe politica – non solo i politici eletti, ma anche i candidati non eletti, i consulenti durante la campagna,… – ora totalmente alle dipendenze dello stato. 

Sono tutti immorali

Chiunque consideri le tre soluzioni per finanziare i partiti affermerebbe giustamente che tutte sono immorali, e che difficilmente si potrebbe stilare una classifica tre di esse. La disperazione stessa suggerisce comunque una soluzione.

Tutte e tre le formule proposte sarebbero tollerabili, e tollerate alla stessa stregua di altre inezie e fatti meno irritanti, se solo la politica non avesse assunto un ruolo così dominante e sovraproporzionato nelle ultime decadi.

Grosso modo la metà di quanto prodotto in Europa è consumato come i governi nazionali o locali decidono. Un governo sovranazionale sta pure iniziando a prendere piede. A nulla serve osservare che tutti questi governi sono stati eletti da coloro che partecipano attivamente alla produzione del PIL. Questa costrizione, già tenue un tempo, oggi non gioca più. La quota di PIL oggigiorno rubata dagli “stewards” della collettività è semplicemente divenuta troppo grande, mentre l’influenza del singolo individuo sulla scelta collettiva troppo piccola, remota, ipotetica. Il problema della politica non è che questa sia corrotta, bensì che è troppo grande. La sua natura essenzialmente competitiva la spinge ad espandersi, a soggiogare in suo favore sempre più spazio individuale finché non raggiunga i limiti di tolleranza fissati dalla storia e dai princìpi di qualunque società.

Nella maggior parte dell’Europa stiamo ormai superando questi limiti. Il disgusto nei confronti della politica è un simbolo palese di dove siamo arrivati. Il rimedio, ammesso che ce ne sia uno, dovrebbe stare nel ribaltare la tendenza espansionistica dello stato democratico.

Il governo deve essere rimesso al suo posto. Stiamo pagando troppo per i benefici “collettivi” che lo stato moderno pretende di offrirci.

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Showing 2 comments
  • Eric

    Giancarlo, condivido quasi ogni cosa di qleulo che ho letto.Mi e8 capitato di stupirmi per non essermi sentito abbastanza straziato dalla morte di mio padre, parecchio tempo fa, nel momento in cui appresi la notizia e non me ne facevo una ragione, ma penso a lui tantissimo in ogni occasione si presenti che me lo ricorda, e gli occhi mi si riempiono di lacrime. Parimenti mi capita di sentirmi trafitto dalla morte o dalla sofferenza di persone a me totalmente estranee o sconosciute, come immerso in quella che suppongo sia la loro condizione.Questo non solo conferma la soggettivite0 a cui fai cenno, ma addirittura la situazione del momento in cui certi messaggi ti pervengono.La sincerite0 e8 un sentimento talmente personale e interiore che visto in altri al di fuori di te stesso e8 naturalmente e per forza destinato al fraintendimento.Certo l’ipocrisia a cui siamo abituati modifica il nostro metro di giudizio, costringendoci a giocare sempre in difesa tanto per non sbagliare.E’ una cosa pessima per i rapporti umani, ma tant’e8 e8 una conquista del grande occulto che ci ha plasmato a dovere per il suo volere dividi e impera.A margine di queste considerazioni, ti ringrazio per il tuo lavoro ogni volta che parte una tua canzone alla radio mentre lavoro, mi fermo ad acoltarne le parole, e non mi succede pif9 tanto spesso (anche la musica, sebbene essenziale, e8 divenuta da un po di tempo, ridondante).Un augurio sincero e un saluto, Mario.

  • Fabrizio Dalla Villa

    Questo articolo conferma ciò che sostengo da tempo. Innanzitutto, i problemi cosiddetti interpersonali, sono in realtà intrapersonali. Se una persona è in pace con se stessa, non può evitare di esserlo con i suoi simili. I politici sono essenzialmente dei falliti, che tentano di emergere grazie al consenso popolare di cui non possono fare assolutamente a meno, pena la morte del proprio ego. Non si arricchiscono per il gusto, bensì perché il fatto stesso di arricchirsi li fa sembrare grandi, importanti, agli occhi dei propri elettori. Anziché preoccuparci di come limitare gli altri (anche se ciò può essere a fine di bene) preoccupiamoci di formare una nuova classe politica, i cui esponenti siano ministri, deputati, senatori, membri delle segreterie, ecc… per vocazione, invece che per nutrire il proprio ego. Se poi, dessimo a tutti i contribuenti la possibilità di detrarre dal proprio reddito, ogni spesa documentata sostenuta, non ci sarebbe più alcun finanziamento illecito, anche perché sfido chiunque, a “regalare” dei soldi, senza una fattura, quando questa gli consentisse di recuperare una parte di ciò che spende. E’ vero, occorre stabilire dei paletti per le persone che hanno già una certa età e vogliono entrare in politica, però il discorso inizia molto tempo prima: da bambini. Noi crediamo che i nostri figli debbano seguire le nostre tracce, ma….come può un’utilitaria percorrere le orme lasciate da un camion (e viceversa)? Pensate agli uccelli, ognuno dei quali vola senza lasciar tracce, in un modo completamente suo…. magari ha imparato vedendo altri farlo, ma non ha la necessità/possibilità di seguire tracce altrui.

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