In Anti & Politica

DI MATTEO CORSINI

“Uno dei problemi di oggi è il problema della classe dirigente. Problema del problema è la legge elettorale. Per quale motivo un parlamentare oggi dovrebbe ascoltare la società, le parti sociali, la Confindustria, i sindacati, gli elettori se non è ricandidato per il consenso che riceve ma solo per il grado di simpatia che ha o non ha verso di lui chi stila la lista dei candidati? Oggi il parlamentare è una monade che ha un’unica stella Polare per tornare in Parlamento che è il non disturbare il manovratore, cioè colui che fa le liste.” (G. Fini)

La legge elettorale in vigore, ideata da un fine giurista come Roberto Calderoli, è spesso oggetto di forti critiche anche da parte di coloro che all’epoca ne appoggiarono l’introduzione. Lo stesso Calderoli non esitò a definirla una “porcata” poco dopo l’entrata in vigore.

Non è certo mia intenzione difendere quella legge, ma ho la sensazione che le venga attribuita la responsabilità di molti più problemi di quelli che effettivamente ha creato. A sentire certi commenti, diventati ormai luoghi comuni, pare quasi che le cose nella politica italiana vadano male per colpa della legge elettorale, che se avessimo un’altra norma tutto funzionerebbe alla grande e i cittadini non proverebbero alcun disgusto per i rappresentanti del “popolo sovrano”.

Prendiamo Fini, ad esempio. Sostiene che il problema è la classe dirigente, senza sentire il bisogno di fare nemmeno la minima autocritica.

Indubbiamente i parlamentari di secondo e terzo livello sono oggi più nominati che eletti, ma che dire delle persone ai vertici dei vari partiti?

A me risulta che siano le stesse facce da almeno 15 anni (a volte molti di più). Lo stesso Fini non è certo un novellino.

Costoro non hanno nemmeno una parte di responsabilità? Non sono loro a stabilire chi viene messo in lista e in quale posizione? Fini ha forse delegato alla dea bendata la compilazione delle liste del suo partito (nel caso specifico, la quota ex AN del Pdl alle elezioni del 2008)?

E ancora, siamo davvero sicuri che la lealtà nei confronti del capo sia diventato il principale requisito per entrare/restare in Parlamento solo da quando esiste questa legge elettorale? A me pare proprio di no. Anzi, ho motivo di credere che funzioni così non solo in Parlamento, ma anche alle elezioni regionali, provinciali e comunali, che si voti a Milano o in un paese abitato da poche anime. E in quei casi la legge elettorale è diversa.

Detto ciò, che cambino pure questa legge elettorale. Ma non credano che sia quello ciò che più serve per far uscire l’Italia dal baratro.

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Showing 6 comments
  • Fabrizio Dalla Villa

    Border, non affermo che la legge elettorale sia l’unico problema. E’ comunque un problema, insieme a tanti altri. Non contesto nemmeno la validità del voto, con questo sistema (o qualunque altro tu voglia citare). Contesto semplicemente l’affermazione “…. abbiamo il consenso della maggioranza degli italiani”. Balle! Se si ricalcola il tutto, sugli aventi diritto al voto, si scopre che la maggioranza non c’è più. Personalmente sono favorevole al proporzionale…. vogliamo usare il maggioritario? ok, però diamo a tutti la possibilità di esprimersi, scegliendo i propri rappresentanti e non, viceversa, ratificando le decisioni altrui! Invece, il voler considerare quello della legge elettorale un falso problema, mi suona un po’ in maniera stonata. Alla fine si arriva ad un governo e ad un premier che dal 1994 vogliono attuare delle riforme che io non ho ancora visto. A parte i bla bla bla, non ho notato nient’altro. Sono io distratto?

    • Borderline Keroro

      Fab, assolutamente. Ho capito che tu non parlavi unicamente di legge elettorale.
      Mi sono tenuto io, e provocatoriamente se vogliamo, al tema. Non esiste alcuna legge che possa far cambiare questi caproni. Non esiste nessun esempio che gli possa schiarire le idee. Capiranno di essere nella merda solo quando sarà troppo tardi. Non sono nemmeno abbastanza uomini da prendersi le proprie responsabilità. Non sono abbastanza uomini per rispettare la parola data. Insomma, non sono abbastanza uomini in sanso lato.
      Solo chiacchiere, distintivo e vitalizio.
      Per quanto riguarda il tuo essere un distrattone: io non so dove avevi la testa dal 1994 in poi, ma ti faccio presente che Silvio ha risolto egregiamente il problema delle eRezioni.
      Io ho risolto quello delle elezioni: annullo la scheda, ci incarto una fetta di salame, la infilo nell’urna.
      E gli va già bene che non mi ci pulisca il culo: non ce n’è uno degno del mio voto.

  • Al-Capone

    Classe Dirigente sta a significare elite intellettuale e professionale, ossia coloro che per istruzione, cultura, capacità, sono in grado di comprendere l’esistente nei suoi molteplici aspetti e gestirlo. Ma questa è teoria: nella pratica è tutto falso e malamente edulcorato, tant’è che si può tranquillamente definirlo STRONZATE!!!

  • Fabrizio Dalla Villa

    Forse per qualcuno non è un problema il fatto che un italiano su 4 non abbia votato alle scorse politiche. Se poniamo 100 come numero di aventi diritto e 25 non votano, significa che a votare ci vanno 75 aventi diritto. Se calcoliamo l’attuale maggioranza di parlamentari in rapporto agli aventi diritto, ecco che non è più maggioranza, bensì minoranza. Poi, la classe dirigente? Secondo me occorre dare la possibilità a tutti, di scegliere i propri rappresentanti, di votarli, di star loro alle costole per chiedere ragione del loro operato, di denunciarli se non rispondono alle domande loro poste! La classe dirigente non può cambiare se è autorefernziale. Se dalla base arrivano dissensi continui, prima o poi la classe dirigente dovrà cambiare rotta. Per qualcuno quello della legge elettorale è un falso problema? Significa che costui è un falso politico, è uno che sta incollato allo scranno parlamentare o di ministro unicamente per le sue tasche e che non gli importa nulla di ciò che pensano gli elettori! Quindi, questo politico è da rottamare, senza alcun incentivo!

    • Borderline Keroro

      A parte il fatto che il 75% è un bell’afflusso, il discorso sulla maggioranza che è minoranza l’ho già sentito. E secondo me è un ragionamento di tipo anale. Perché andrebbe applicato a tutte le maggioranze, non solo a questa. Oh, Fab, non ce l’ho con te, ma con i soliti testoni di minchia che continuano a spostare l’attenzione dalla Luna al dito, dai veri colpevoli dello sfascio ai capri espiatori di turno.

      Sarebbe però bello introdurre una norma di questo tipo: in un collegio, uninominale, vince chi prende di più e gli altri a casa, senza scorpori né premi. Inoltre se nel collegio non si raggiunge almeno il 50% dei votanti + 1, il collegio non elegge nessuno.

      A parte tutto, repetita juvant, il metodo è sempre quello di spostare l’attenzione. La legge elettorale non c’entra.
      Qui abbiamo dei capipartito che pretendono di continuare a non fare un cazzo e vivere bene (che poi è la quadratura del cerchio, oppure, se preferite, è come avere “la botte piena, la moglie ubriaca, l’uva in vigna e la casa del cognato a Montecarlo”).
      Ed è giusto un po’ tardi anche per noi, dovevamo svegliarci prima.

  • macioz

    Scusate ma così si continua solo a grattare la superficie del problema, senza andare al cuore.
    Il fatto che tutti siamo disposti ad accettare come niente fosse il termine “classe dirigente” dimostra che siamo ben lontani dalla meta.
    Il significato di classe dirigente è appunto quello di avere la prerogativa di “dirigere”, ma che cosa esattamente dovrebbe “dirigere”? In che modo si esplica questa attività “dirigenziale”?
    Dirigere può essere letto come sinonimo di decidere, quindi diciamo che alla classe dirigente viene concesso il potere di decidere.
    Non mi viene in mente nessun aspetto o ambito in cui l’esercizio di tale potere decisionale non sia in contrasto con i diritti naturali: della proprietà privata, di sé stessi, del proprio tempo, delle proprie risorse, cioè con i più fondamentali principi di libertà.
    La prima violazione, che poi rende possibili tutte le altre, è l’appropriazione coercitiva da parte dello stato delle risorse prodotte dagli individui
    La prasseologia ci insegna che ogni tentativo di dirigere, cioè coercere l’azione umana è allo stesso tempo immorale e inefficiente, ergo ha sempre conseguenze negative siano esse volute o inintenzionali.
    Pertanto la cosiddetta classe dirigente può solo fare danni, per definizione.
    Se fossero ancora tra noi e potessimo eleggere a classe dirigente uomini che io considero di mente eccelsa, quali Mises e Rothbard, questo non cambierebbe il fatto che neppure loro potrebbero dirigere in modo intelligente ed efficace la società, anzi, sarebbero i primi a rifiutare l’incarico ben conoscendo gli assiomi della prasseologia. In ogni caso, l’unica cosa sensata che di certo farebbero è proprio quella di astenersi dal decidere alcunché, a parte decidere di smantellare pezzo per pezzo e fino alla radice tutte le strutture di coercizione e invasione dei diritti di proprietà costruite dallo stato.
    Ma voi ce la vedete una classe dirigente che smantella se stessa? E soprattutto, in un sistema cosiddetto democratico, al giorno d’oggi verrebbero mai eletti Mises e Rothbard? La risposta è logica:
    no se la maggioranza ha idee stataliste
    no se la maggioranza ha idee libertarie, dal momento che non avrebbe bisogno di classe dirigente

    Qualcuno potrebbe obiettare che, visto che per il momento l’eliminazione delle classi dirigenti è un’utopia, meglio avere uomini probi e competenti che cialtroni.
    Vero, resta il fatto che per come è concepita oggi l’elezione della classe dirigente, saranno eletti sempre e solo cialtroni. Quindi è un circolo vizioso.
    Per questo io sostengo che, per quanto utopistico, dobbiamo cominciare ad affermare forte e chiaro il principio che noi VOGLIAMO UNA SOCIETA’ SENZA CLASSE DIRIGENTE.

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