In Anti & Politica, Libertarismo

DI GIOVANNI BIRINDELLI*

Mi ricollego all’articolo di Leonardo Facco sugli statali per discutere alcune implicazioni politiche del problema. Il voto di uno statale e, più in generale, di chiunque a qualsiasi titolo riceva direttamente denaro “pubblico”, e cioè denaro privato sottratto ai legittimi proprietari dallo Stato con l’uso della forza, non ha la stessa valenza del voto di una persona che non riceve denaro “pubblico”.

Nel primo caso, infatti, a differenza di quanto accade nel secondo, c’è un conflitto d’interessi. Se una coalizione politica si candidasse alle elezioni con un programma di privatizzazioni, il voto dello statale potrebbe esprimere non la sua opinione sul programma di quella coalizione ma il suo interesse particolare e immediato. Per esempio, se quella coalizione proponesse la privatizzazione delle Poste Italiane l’impiegato delle poste (e più in generale una buona parte degli impiegati pubblici, in quanto se venissero privatizzate le poste potrebbero essere privatizzate anche altre società pubbliche) sarebbe nella posizione di poter esprimere, con il suo voto, il suo interesse di non rischiare di essere licenziato. L’impiegato di Prada, invece, non potrebbe essere in questa posizione.

In altre parole, le forze politiche che propongono un allargamento dello Stato o anche il mantenimento delle sue attuali esorbitanti dimensioni e funzioni, sono nella posizione di proporre, per esempio nei loro manifesti elettorali, un voto di scambio legalizzato. Viceversa, le forze politiche che propongono una riduzione delle dimensioni e delle funzioni dello Stato non sono in questa posizione. Questa è una delle ragioni principali per cui oggi in occidente è così difficile ridurre le dimensioni del Leviatano e anzi invariabilmente queste tendono a diventare sempre maggiori. I sistemi politici attuali (erroneamente chiamati “democrazie”) sono così diventati una specie di mercato delle vacche e lo Stato è diventato, nelle parole di Bastiat, “la grande finzione nella quale tutti si sforzano di vivere alle spalle di tutti gli altri”.

C’è una certa rassegnazione a vedere questo problema come inscindibilmente legato alla democrazia. Perfino coloro che sono in grado di vederlo e che non sono parassiti che vivono di denaro “pubblico” alzano spesso le braccia citando Churchill: “La democrazia è il peggiore dei sistemi politici, fatta eccezione per tutti gli altri”. Non è vero. Questo problema può essere risolto: il motore che alimenta il circolo vizioso che produce il continuo e progressivo allargamento dello Stato (e quindi la continua e progressiva riduzione della libertà) può essere trasformato in un motore che alimenta il circolo virtuoso che produce la continua e progressiva riduzione dello Stato, e quindi il continuo e progressivo aumento della libertà.

La risoluzione di questo problema richiede, in ultima istanza, un cambiamento di idea astratta di legge e quindi la distinzione fra leggi e misure. Le leggi sono i principi generali e astratti, cioè regole di comportamento valide per tutti, Stato per primo, ovunque e sempre allo stesso modo (un principio è per esempio quello in base al quale non si deve rubare, ergo non si deve aggredire la persona e la proprietà altrui). Questi principi, che, come la lingua italiana, per esempio, sono il risultato di un processo spontaneo e disperso di selezione culturale di usi e convenzioni, sono indipendenti dalla volontà dell’autorità legislativa che può solo scoprirli, custodirli e difenderli ma non può “farli” allo stesso modo in cui l’Accademia della Crusca non può “fare” la lingua italiana e le sue regole ma solo custodirle.

Viceversa le misure sono il provvedimento particolare (come ad esempio la manovra fiscale) che esiste solo in quanto espressione della volontà di chi detiene il potere politico e che questo può fare allo stesso modo in cui un costruttore può fare un palazzo. Le leggi, che non hanno uno scopo particolare, sono un limite al potere. Le misure, che invece hanno uno scopo particolare, sono uno strumento di potere.

Cosa c’entra tutto questo con il problema del conflitto d’interessi dello statale-elettore da cui eravamo partiti?

C’entra moltissimo, perché laddove le leggi e le misure sono confuse le une con le altre e quindi chiamate allo stesso modo (e cioè “leggi”, basti pensare alla cosiddetta “legge finanziaria”) e affidate alla stessa istituzione (il parlamento), laddove cioè il potere legislativo è confuso con quello politico e quindi laddove c’è il conflitto d’interessi del parlamento, il conflitto d’interessi dello statale non può essere risolto. Più precisamente, esso può essere risolto solo privando del diritto di voto lo statale, e più in generale chiunque riceva a qualsiasi titolo denaro “pubblico”, ma questo avrebbe un costo in termini democratici troppo elevato: sarebbe equivalente a uccidere il paziente per eliminare il tumore. Tuttavia, come mette in evidenza F. V. Hayek nella sua proposta costituzionale, laddove le leggi sono distinte dalle misure e quindi il potere legislativo è separato da quello politico, il problema del conflitto d’interessi degli elettori che ricevono denaro “pubblico” può essere risolto senza nessun costo in termini democratici ma anzi con un grande guadagno su questo fronte.

Nella sua proposta, infatti, Hayek prevede due assemblee: l’assemblea legislativa (alla quale i partiti politici e chiunque sia mai appartenuto a un partito politico non potrebbero avere accesso) che si occuperebbe di leggi e quindi che deterrebbe il potere legislativo; e poi l’assemblea governativa che, subordinata alla prima, si interfaccerebbe col governo e si occuperebbe di misure, e cioè, nel rispetto della legge difesa dalla prima assemblea, si occuperebbe (per esempio dando la fiducia al governo e approvando i suoi provvedimenti) delle questioni inerenti l’amministrazione dello Stato. In questa situazione, resa possibile dalla distinzione fra leggi e misure, il problema del conflitto d’interessi degli elettori che ricevono denaro pubblico può essere facilmente risolto privando loro del diritto di voto (per un certo numero di tornate elettorali o per sempre) per la sola assemblea governativa. Evidentemente questo non solo non sarebbe un costo in termini democratici ma anzi un guadagno in quanto, in primo luogo, sarebbe la risoluzione di un conflitto d’interessi e, in secondo luogo, in quanto chi riceve denaro “pubblico” manterrebbe intatto il suo diritto di voto per l’assemblea legislativa che si occupa della difesa dei principi generali e astratti, e cioè della legge intesa come limite al potere e quindi nel suo significato originario.

Con questa soluzione, chi si candida all’assemblea governativa non potrebbe più proporre il voto di scambio con altrettanta facilità di quanto fa oggi in quanto fra i suoi elettori sarebbero esclusi tutti coloro che ricevono o hanno ricevuto denaro “pubblico”: dal presidente della repubblica all’ultimo netturbino, dal parlamentare all’usciere, dall’imprenditore che ha ricevuto un sussidio al disoccupato che ha ricevuto un sussidio di disoccupazione, e così via. Chi si candida all’assemblea governativa potrebbe proporre un voto di scambio a chi non ha ancora ricevuto denaro “pubblico” ma, nel momento in cui lo fa, aggiunge i suoi elettori alla lista di coloro che non potranno votare in futuro.

Nel tempo, quindi, il voto di scambio legalizzato che oggi sta alla base dei nostri processi politici e che è uno dei fattori che stanno alla base della continua espansione dello stato, verrebbe sensibilmente limitato. Esso tuttavia non verrebbe eliminato in quanto il voto di scambio (vedi articolo 18 per esempio) può esserci anche senza denaro “pubblico” ma solo attraverso regolamentazione. In altri termini, sarebbe un sensibile miglioramento della situazione anche se non la cura definitiva.

 

* Link all’originale: http://www.lindipendenza.com/voto-statali/

 

Recommended Posts
Showing 9 comments
  • walter

    @ michele lombardi :

    di professione faccio il vigile del fuoco, quindi, sono un dipendente pubblico e le scrivo per tranquillizzarla: io non vado più a votare da quasi 17 anni. E per votare intendo che non ho partecipato nemmeno alle amministrative del mio comune, nonostante mio cugino fosse candidato.
    Il discorso impiegato pubblico appare sempre più una comoda via di fuga, quando le idee e le proposte languono e le facili battute sembrano risolvere il discorso. Provi ad informarsi, se lo ritiene necessario, qual è lo stipendio di un vigile del fuoco con 15 anni di servizio ( e soli 6 – sei – giorni di malattia in 15 anni) rispetto ad altri enti statali. Quello che personalmente conosco sono le trattenute in busta paga, poi l’irpef regionale e l’irpef comunale, i vari ticket sanitari, l’iva, le accise sui carburanti e via dicendo. Egregio Sig. Lombardi, io le tasse le pago tutte, sono un servitore dello Stato, cerco di fare al meglio il mio lavoro, ma sono amareggiato quando si parla di impiegati pubblici utilizzando toni e termini nei quali, francamente, non mi riconosco.

    Cordialità.

    Un pubblico dipendente

    • Antonino Trunfio

      leggo solo adesso il suo intervento. Lei rappresenta una categoria apprezzata e stimata. Questo è fuori discussione. E la polizia, i Carabinieri e tutto il resto dell’armata brancaleone, prima di difendere noi cittadini, pensa a difendere i potenti. Questo distingue i VV.FF. dagli altri dipendenti publici, forze dell’ordine comprese.
      Lei continui a non votare e ad aspirare insieme a noi, che dipendenti pubblici non siamo, che arrivi presto il giorno in cui lei apre una bella società di Protezione Antincendio e fornisce i suoi servizi liberamente a chi liberamente ne vorrà usufruire. Stia certo che tutti, lei compreso, staremmo molto meglio sia per il grado di protezione antincendio ricevuto dai vigili del fuoco privati, sia lei che comunque non vedrebbe rapinati i frutti del suo sacrificio nonchè pericolo di vita che corre ogni giorno per un misero stipendio al soldo di una torma di predoni che depreda tutti, indistintamente.

  • michele lombardi

    a tutti i dipendenti pubblici e pensionati pubblici andrebbe tolto il diritto di voto

    • carletto

      Credo che ogni cittaadino che riceva e dia denaro allo stato è in conflitto di interesse economico con lo stato, ops nessuno allora dovrebbe votare?

      O non facciamo votare solo gli evasori (e come li individuiamo?);
      o no faacciamo votare gli scudati (e come li individuiamo?);
      non facciamo votare i finanzieri, i concessionari, gli immobiliaristi, i banchier,i gli assicuratori, i farmacisti, i notai, i tassisti, gli avvocari, i medici, gli industriali, i malati.

      Mi sa che ci sono ben altri conflitti di interessi e più pericolosi, ad esempio ci sarebbe un berlusca concessionario, concorrente di attività dello stato (rai), banchiere finanziere avvocato speculatore immobiliarista, evasore?, corruttore?, inquisito?, spergiuro e falso testimone ecc.

      Non credo che i pubblici dipendenti abbiano avuto interesse a votare berlusca con i suoi brunetta e vari quindi la cattiva infuenza sul voto lahanno i delinquenti gli evasori i corrotti e corruttori gli scudati e i condonati e non i pubblici dipendenti che anzi (almeno quelli non di casta) hanno tutto l’interesse intrinseco al buon funzionamento dello stato, della giustizzia, della sanità della scuola e dell’università.

      Le caste invece hanno gli stessi interessi degli evasori, scudati, condonati e delinquenti ecc. (quindi hanno votato berlusca e perciò berlusca non li ha danneggiati minimamente). Infatti in parlamento non ci sono dipendenti pubblici contrattualizzati ma solo caste. Medici, avvocati, notai, farmacisti, imprenditori, professori universitari, giudici, commercialisti, fiscalisti, finanzieri, immobiliaristi ecc.

      Premettendo che, scusami, dalle tue risposte ritengo che anche tu sia in conflitto di interessi (con coda di paglia, forse evasore o scudato?), poichè proprio non mi pare di aver evidenziare come male dell’Italia l’evasione, ma che effettivamente esistono proprio posizioni conflittuali di interessi che portano verso l’illegalità (o immoralità delle leggi), questo si è il male italico, ovvero i più evasori, parassiti, malaffaristi e delinquenti appoggiati dal branco dei parassiti delinquenti italici e avvantaggiati dal loro potere economico finiscono inevitabilmente in parlamento a legiferare a favore di tutti i parassiti italici di tutti i peccati italici di tutti gli evasori e scudati e di tutti gli sperperi, portando alle stelle la tassazione per i contribuenti con volontà di onestà e spingendo a convertirsi i pochi onesti per non sentirsi dei fessi.
      Non mi pare ad esempio che berlusca fosse proprio l’idolo dei dipendenti pubblici ne che li favorisse particolarmente col suo governo (forse chi lo a votato gradiva il suo appoggio illegalità e all’evasione il che forse da solo può dar dimostrazione del peso degli evasori scudati e dei delinquenti in Italia, minoranza grande, che con legge elettorale appositamente fatta da delinquenti ha ottenuto la maggioranza del parlamento a danno della maggioranza degli italiani.
      Per quanto riguarda i dipendenti pubblici saresti sorpreso spulciando nei bilancio dello stato (la cosa non ti è impossibile, vai sui siti istituzionale ), nello scoprire che al netto delle spese per i dipendenti di caste e loro pensioni “prof universitari, giudici, ufficiali dei corpi, dirigenti, manager, boiardi di stato, banchieri di stato, politici tutti, medici, notai ecc. e degli appalti, grandi opere, piccole opere, interessi, cassa integrazione e disoccupazione e mobilità a privati per privatizzare i guadagni delle imprese e pubblicizzarne le perdite, interessi sul debito pubblico da pagare ai fortunati privati e società e banche che vivono di rendita sui titoli di stato (di solito proprio i parassiti, evasori, scudati, imprenditori, notai, caste in genere concessionari, finanzieri speculatori banchieri ecc.), spese dirette e indirette per il servizio sanitario nazionale e farmaci ai cittadini (escluso stipendi dipendenti non medici o dirigenti o manager), forniture di servizi attrezzature merci alle pubbliche amministrazioni o ai cittadini a carico dei conti pubblici, i finanziamenti alle banche a quasi gratis, ecc..
      Ebbene si, rimarresti stupito dallo scoprire che la spesa per la maggioranza dei dipendenti pubblici non di casta (i contrattualizzati con contratto di diritto privato e con stipendi da 900 a 1700€ mese netti, la quasi totalità, per intenderci), in stipendi o pensioni, pesa sul debito pubblico complessivo in ragione di meno del 10% e che anche eliminando del tutto i servizi pubblici al cittadino forniti da questi e quindi l’unico denaro pubblico delle tasse che viene ridistribuito in toto al territorio, poichè con questi stipendi non certo si può speculare o metter da parte ma si può solo sopravvivere con la famiglia più o meno decentemente, non si farebbe gran che contro lo sperpero, (l’esperienza invece insegna che quando nei bilanci delle pubbliche amministrazioni e venuto meno l’obbligo di mantenere una riserva bloccata per gli stipendi e non a disposizione di manager e politici l’ente lungi dal diventare più economico ha usato questa disponibilità buttandola anche essa nel calderone del malaffare ed aumentandone i giretti viziosi della spartizione, vedi ad esempio la totale autonomia delle università “autonomia di bilancio e contabilità, didattica, di gestione, di pianta organica e di legislazione interna”, cosa a portato con la totale gestione della cosa pubblica del personale e dei soldi pubblici in mano ai prof. come monti).
      In quanto alla quantificazione dell’evasione valgono i generali principi dell’indagine statistica che è una scienza esatta e nei grandi numeri da indicazioni corrette anche e se come il pollo di Trilussa, in due, uno ne mangia due ed un altro resta digiuno pur se per la statistica ognuno ha avuto il suo pollo, ed e per questo che un berlusca compra le ville ad Antigua e i finanzieri a sua insaputa con colpa dei suoi dirigenti ed chi non paga una multa stradale si vede messa all’asta la casa. Del resto le leggi le fanno per i berlusca non per chi dimentica di pagare una multa e le fanno gli avvocati che assicurano le prescrizioni al berlusca.

  • CARLO BUTTI

    Caro Porcù, il suo ragionamento non fa una grinza e temo proprio che si debba arrivare al fallimento perchè si possa sperare in un cambiamento radicale.Purtroppo però la vecchiaia mi rende pessimista:tutte le rivoluzioni sono scoppiate per motivi di acuto disagio sociale, per il fallimento del sistema politico-economico in vigore, ma non ne trovo una che non sia a sua volta fallita miseramente, cumulando macerie sopra macerie. Manzoni ha creduto di salvare il Risorgimento italiano paragonandone l’esito a suo dire positivo con quello-negativo- della Rivoluzione Fancese. Sbagliava:la conquista del Sud ha innescato una vera e propria guerra civile, di italiani contro italiani, con episodi di barbarica crudeltà da una parte e dall’altra, che pesano ancora sulla nostra coscienza collettiva. N’è uscito un gran brutto paese, tenutro insieme col mastice del sistema prefettizio, ma intimamemte disunito, ribelle e litigioso. Lei dice bene, il Cristo ha dovuto morire per risorgere:nessuno più di me lo crede, ma non mi pare che la stirpe umana sia di molto migliorata a duemila anni dalla sua predicazione. Se guardiamo alle chiese cristiane d’oggi, nessuna esclusa, c’è solo da mettersi le mani nei capelli.Anche la rivoluzione del figlio di Dio è fallita! E allora, che fare? Devo essere sincero:per ora non so dare una risposta, ma di concreto vedo in giro poco: è tutto un oscillare fra eleganti astrazioni e grossolane velleità. Chiedo scusa a Lei e a tutti gli amici libertari per l’umor nero… Spero vivamente di essere nel torto!

  • Fidenato Giorgio

    IO aggiungo che anche i giudici, in una causa come quella da noi sollevata sul sostituto d’imposta, hanno conflitti di interessi perché il loro lauto stipendio e senza rottura di coglioni è garantito proprio dal meccanismo del sostituto d’imposta. Bisognerebbe sollevare questa eccezione.

  • Roberto Porcù

    Potrebbe … sarebbe … diverrebbe … questa è una utopia, una bella utopia, ma sempre un’utopia.
    Questo cambiamento dovrebbero legiferarlo … chi? Quelli che si darebbero la zappa sui piedi? E’ una vita che invito la gente a venire con me per impedire il saccheggio della cosa pubblica, ma altri invitano ad andare a saccheggiare ed ottengono molto più seguito, anche se, facendo i conti, moltissimi di quelli che credono di guadagnarci nel saccheggio, in realtà ci perdono e sono essi stessi saccheggiati.
    Abbiamo visto le province, le auto blu ed un’infinità di cose. Non c’è nulla da fare, ormai è stato fatto il giro di boa e la maggioranza dei Cittadini sono intenti ad arraffare quanto più nel saccheggio.
    Il cambiamento avverrà violentemente quando non ci sarà più nulla da saccheggiare ed i saccheggiatori di oggi entreranno in conflitto fra loro. La proprietà si acquisisce anche per usocaione ed una infinità di persone sono convinte di aver diritto ad una casa non acquistata e rimediata nel saccheggio, ad uno stipendio per un lavoro inutile, magari mai fatto in realtà tra assenze e malattie varie, a pensioni “donate”, … ho letto la difesa della on. Carlucci della retribuzione dei parlamentari e vorrei incollarvela qui sotto.
    Ripeto, il giro di boa ormai è stato fatto e c’è solo da attendere il default e che non ci sia più nulla da saccheggiare. Il chicco di grano deve essere sepolto per divenire spiga rigogliosa, il Cristo ha dovuto morire per risorgere e l’Italia dovrà arrivare al default.

    • Giovanni Birindelli

      Grazie per questo commento. Lei scrive “Questo cambiamento dovrebbero legiferarlo … chi? Quelli che si darebbero la zappa sui piedi?”. Quando ho letto questa proposta di Hayek io mi sono fatto la stessa identica domanda. Trovo che il limite maggiore di questa proposta di Hayek sia quello di non aver risposto alla domanda che lei pone. Questo secondo me non significa necessariamente che la proposta sia utopica, ma che manca di un componente: il modo per arrivarci partendo dalla situazione attuale di potere politico illimitato e quindi da una struttura di incentivi che è incompatibile con quella proposta. A questo proposito a me è venuta un’idea, dalla quale è nato un libro: quando sarà pubblicato gliene invierò una copia e, se lei avrà voglia e tempo di leggere l’ultimo capitolo che cerca di dare una risposta alla domanda che lei pone, sarei onorato di avere un suo parere. Allo stesso tempo, tuttavia, credo che sia utile discutere anche il “punto di arrivo” (la proposta di Hayek, che a sua volta è solo un punto di partenza), non solo per sapere che (ammesso che si trovi il modo per arrivarci, e cioè di rispondere alla domanda che lei pone) c’è la luce alla fine del tunnel, ma anche perché attraverso questa discussione emergono le ragioni filosofiche che stanno alla base del pensiero liberale, che dopotutto sono la cosa più importante.

      • Giovanni Birindelli

        PS. Un’altra ragione per cui credo sia utile discutere la proposta di Hayek ha a che vedere con lo scenario che prospetta lei (il default) e sul quale io concordo pienamente se non si cambia rotta, cioè idea di legge. Se o quando ci sarà la catastrofe e sulle macerie dovrà essere necessario ricostruire, se si ricostruisse sulla base della ‘legge’ intesa come provvedimento e quindi sulla confusione fra potere legislativo e potere politico, fra leggi e misure, saremmo da capo e quarantotto, tutto si ripeterebbe allo stesso modo, e non avremmo imparato dai nostri errori.

Start typing and press Enter to search