In Anti & Politica, Libertarismo

di FABIO MASSIMO NICOSIA

Lo Stato moderno come lo conosciamo vive di giustificazioni etiche, ma anche e soprattutto pratiche.

Quella più in voga è che lo Stato è lo strumento che garantisce la realizzazione dei beni pubblici, oltre che del bene pubblico inteso in un senso più generale e generico.

Il più importante dei beni considerati pubblici è la legge, il diritto. Si tratta di un bene pubblico immateriale, fatto di parole (le norme), e materiale, costituito da polizie e tribunali.

Sotto lo Stato, “la legge è uguale per tutti”, come si legge in tribunale, anche se sappiamo che si tratta di un’utopia, dato che esistono categorie di cittadini che riescono a sottrarsi alla legge, anche perché questa è spesso contraddittoria e incoerente, e quindi comunica l’idea di una disuguaglianza di trattamento con riferimento a superiori ideali di giustizia.

In effetti, un bene, per essere definito pubblico deve avere i caratteri dell’inescludibilità e della non rivalità nel consumo, deve essere in altri termini un monopolio naturale.

Ma siamo sicuri che questi siano caratteri intrinseci al diritto, e non piuttosto caratteri che è lo Stato monopolista a imprimere al diritto?

La storia ha infatti conosciuto momenti in cui la legge non era eguale per tutti, non per deroga, ma per scelta precisa. Ad esempio, ci sono stati momenti in cui la legge era in un modo per i romani e in un altro per i barbari, e ognuno aveva diritto di essere giudicato in base alla propria legge e non a quella altrui.

Oppure, come ricorda Erich Fromm, abbiamo avuto i Caraiti, una setta ebraica, caratterizzata dal fatto che ogni suo aderente fosse libero di scegliersi le regole di vita preferite, il che, in termini più attuali, significa che anche le norme giuridiche possano essere oggetto di esercizio di una libera preferenza da parte dell’attore.

Tutto ciò potrà sembrarci oggi stravagante, ma ciò deriva dalla tracimazione del diritto pubblico sul  diritto privato, dato che il diritto pubblico si impone, mentre il diritto privato si sceglie.

In questo senso, fa parte del diritto privato oggetto di opzione volontaria anche lo stile di vita del singolo, il che ha molto a che fare con il concetto di tolleranza e di coesistenza pacifica tra diverse culture ed etnie insistenti sul medesimo territorio.

Naturalmente, anche una comunità non statuale può pretendere di imporre un diritto monopolistico su tutti gli aderenti alla comunità, il che ci suggerisce prudenza sul fatto che una comunità sia davvero uno spazio giuridico più liberale dello Stato stesso, nella misura in cui lo Stato abbia fatto propri almeno alcuni elementi di liberalismo e di tolleranza tra i diversi individui.

Per un liberale, il punto di riferimento deve essere sempre l’individuo contro tutti i suoi possibili avversari, sia di volta in volta lo Stato o una comunità intollerante.

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Comments
  • CARLO BUTTI

    Perfettamente d’accordo:l’individuo come unico faro. Il che esclude ogni indulgenza verso qualsivoglia forma di comunità che intenda configurarsi come organismo vivente, i cui componenti sono subordinati al tutto, come le membra al corpo. Lo Stato liberal-democratico ha allentato la sua presa sulle persone dei sudditi riconoscendo all’individuo molte libertà un tempo negate, ma si sta pericolosamente involvendo verso altre forme di schiavitù, di cui l’elevata fiscalità è solo l’aspetto più appariscente. Rimangono le Chiese, ma per fortuna oggi si può uscirne rimanendo a casa propria, senza rischiare di finire sul rogo. Mi fanno invece paura certe proposte di fondazione, o rifondazione, di comunità politiche su basi etniche(in gran parte inventate di sana pianta: gli Insubri, i Padani, i Celti e via vaneggiando): si comincia col folklore(fasullo) e si finisce non si sa dove. Che cos’abbia che fare tutto questo col pensiero libertario qualcuno me lo deve ancora spiegare.

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