In Anti & Politica, Economia

BANCOMATDI MATTEO CORSINI

“La contabilizzazione a valori di mercato di titoli detenuti fino a scadenza si fonda su un ossimoro concettuale: valutare a oggi ciò che invece si è deciso che serve domani”. (G. Salerno Aletta)

Non condivido una sola parola di questa affermazione di Guido Salerno Aletta. I principi contabili dovrebbero consentire (imporre) a chi redige un bilancio di fornire una rappresentazione “veritiera e corretta” della situazione economica e patrimoniale di un’azienda, per usare i termini del codice civile. Tale rappresentazione dovrebbe essere ispirata anche alla prudenza.

Nello specifico, Salerno Aletta si riferisce ai bilanci delle banche, nel qual caso credo sia a maggior ragione necessario fornire una rappresentazione veritiera della situazione (soprattutto) patrimoniale, data la loro strutturale sottocapitalizzazione. Quando i mezzi propri rappresentano nella migliore delle ipotesi il 10% del passivo di bilancio, è evidente che sia (ancor più) necessario valorizzare adeguatamente le poste dell’attivo, perché è sufficiente una perdita di valore di lieve entità per rendere negativo il patrimonio netto.

Ritenere che basti la sola intenzione di mantenere un titolo (obbligazionario in questo caso) fino a scadenza perché lo si possa (debba) iscrivere a bilancio al costo invece che a valore di mercato comporta seri rischi di far apparire solida una società di fatto insolvente.

Prudenza vorrebbe che la valorizzazione avvenisse al minore tra il costo e il prezzo di mercato, perché in quel modo si eviterebbe sia di gonfiare il patrimonio, sia di distribuire utili non realizzati. Se un titolo sul mercato è scambiato a 100, chi lo ha in carico a 90 può decidere di venderlo e realizzare un utile, che può incrementare il patrimonio e/o può essere distribuito ai soci; se, però, non vende quel titolo, non ha senso che la plusvalenza incrementi l’utile d’esercizio, né il patrimonio, perché potrebbe successivamente essere ridotta o sostituita da una minusvalenza.

Viceversa, chi ha un titolo in carico a 110 ha una certezza: se cerca sul mercato fonti di finanziamento per quell’attività, non troverà nessuno che la valorizzi oltre 100. Si dà il caso che le banche, proprio perché scarsamente dotate di mezzi propri, debbano finanziare spesso oltre il 90% dell’attivo mediante debito, il che, a mio parere, rende appropriata una valorizzazione delle poste dell’attivo al minore tra il costo e il prezzo di mercato.

L’ossimoro concettuale è credere che basti scrivere che quel titolo vale 110 per cambiare la realtà.

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Showing 9 comments
  • Christian

    Pienamente d’accordo, grazie per aver chiarito il suo pensiero che mi era completamente sfuggito nel primo lungo post.

    distinti saluti

  • eridanio

    Christian,
    la natura umana è quella di fottere il prossimo solo se lo stato ti ha abituato al suo potere di metterti il prossimo contro in un gioco dove la rappresentazione delle tue potenzialità ha la forma di una torta di dimensioni finite e se non ne approfitti il tuo prossimo lo farà al tuo posto. NON E’COSI’.
    Per l’evoluzione che abbiamo sotto gli occhi nella natura umana gli incentivi sarebbero diretti a servire il prossimo perchè è il prossimo che ti aiuta a campare meglio. (E’ una convenienza naturale scoperta dall’intelligenza). In ogni caso uno che ti tira una fregatura è in ogni caso e con ogni regime una cosa assolutamente possibile e quasi inevitabile come evento isolato. La torta si allarga tutte le volte che più gente entra in cucina per impastarla. Le risorse si sono sempre moltiplicate grazie alla cooperazione sociale volontaria.

  • Christian

    Rosa post sbagliato
    o forse posto giusto ma è il cervello che è al contrario visto il concetto che hai della libertà completamente distorto.

    eridanio scusa ma non ho capito se per te è giusto o meno avere un bilancio chiaro e veritiero quando va sul mercato a chiedere capitale?

    Se uno compra un vestito dove non è scritto chiaramente che stinge se lavato in lavatrice e di conseguenza ti rovina tutti i vestiti al primo lavaggio, è il commerciante un truffatore (o chi ha fatto il vestito) o sei tu un idiota che ti sei fidato senza tenere conto che la natura umana è fotter il prossimo?

    distinti saluti

  • Rosa

    Questo è per te, che ai perso la scommessa, di mettere il mio commento ieri sera.. La libertà di quel agricoltore che vuole seminare OGM .
    La liberta di quanti milioni di persone , distruggerà ? compreso quella dei tuoi pronipoti , ti auguro di campare così tanto da poterglielo chiedere !

  • Rosa

    102- 4/6/1963 ordine 11110. Bob Kennedy.
    Contro il signoraggio
    Sei mesi dopo fu ucciso. ……..?…. …….
    Ora le condizioni dell’economia mondiale sono nel caos
    Le nazioni hanno perso la loro sovranità
    Ti piace questo liberalismo ?
    Come vedi la libertà creativa di pochi ha affamato l’intero pianeta
    È questa la libertà che vuoi ?
    Questo per i bravi baciapile italiani
    Ci fu un avviso in una Enciclica papale di cento anni fa
    Ma nemmeno un cattolico se lo ricorda . O meglio fingono di non ricordare.

  • eridanio

    La frase che non è uscita tra le virgolette é:
    “meglio comandare che fottere”
    l’editor deve aver reso commento non visibile ciò che avevo messo trà
    < >

  • Dom

    Intuisco bene come mai in economia ci siano tanti ciarlatani… il rigore del metodo scientifico che prevede sempre una certo essere cautelativi nelle proprie azioni e ragionamenti è uno sconosciuto per questi “economisti”.

  • eridanio

    La prudenza è negli occhi di chi legge e non negli occhi di chi, redigendo un bilancio, si deve mettere ad interpretare per conto terzi i valori storici degli assets acquistati e contabilizzati. La cosa assurda è chiedere al redattore di bilancio di fornire un documento chiaro, predigerito ed autoesplicante. Ha! Ha! Ogni intelletto è servito.
    Limitiamoci ai fatti e si sa che ognuno, nel tempo e nel luogo in cui si trova, applicherà tutte le tecniche prudenziali prima di investire. L’alternativa ad un’azione è un’altra azione o astenersi di agire. Redigere il bilancio di un’impresa è operazione tutt’altro che diretta alla pubblicità ed alla prudenza per chi leggerà il documento. In fondo il contenuto non è affare del guardone pubblico o privato che sia.
    Se poi l’imprudenza amministrativa generasse un danno all’imprenditore non c’è nulla di male. Perirà l’imprenditore. Il comportamento porta direttamente alla sanzione. La giustizia divina ha un nome: libero arbitrio. Molti temono il libero arbitrio, ma non lo ringraziano abbastanza quando, operando cieco, sistema cose che nessuno saprebbe aggiustare.
    Sta logica della trasparenza sui fatti imprenditoriali privati poi non mi torna. Anche la trasparenza nelle imprese private dovrebbe essere una opportunità di scambio di informazioni soggetto alla volontà e non all’imperio dei codici.
    Sono privati anche i fatti amministrativi di una società quotata in borsa.
    Se vengono imposte alle società regole da casinò e voi volete giocare a queste regole non è colpa di chi rischiando giorno per giorno cerca di stare sul mercato.
    La presenza di regole formali poi ha un perverso utilizzo da parte dei più maramaldi. L’effetto è che dietro formalità si nascondano utilizzi strumentali delle norme. Esistono modalità sofisticate atte a creare una impunibilità tecnica o una irresponsabilità legale non tutelabile in giudizio nemmeno su istanza motivata. Esempi di utilizzo sapiente delle formalità sono i pareri sul bilancio da parte delle società di revisione. Di fatto con questi strumenti la prudenza trova nella maggioranza dei casi il suo ultimo umano e giuridico limite. Quindi ogni prudente comportamento ha un limite oltre il quale l’investitore è comunque lasciato a se stesso. Come del resto è naturale che sia, in naturale spregio di ogni inutilissima e legale promessa regolamentare originaria.
    Il discorso si tronca ancor più a monte se gli affari riguardano mono/oligopoli frutto del privilegio e non del mercato. (Non sono che propaggini del potere, tentacoli politici che ghermiscono il mercato e sono basati sull’esclusione degli altri).
    Se qualcuno crede di fare bene ad investire in settori di economia fondata sul privilegio… fatti suoi. Se dato che investe il proprio patrimonio ritiene di aver diritto ad una reportistica chiara, fedele, rappresentativa, ancora (dato che è materialmente impossibile pretenderla) è giusto che patisca il duro ritorno di realtà che riceve. E’ pura illusione pensare che qualcuno ti metta in condizione di limitare o di essere esente da rischi.
    Non è che manchino regole o ne servano di diverse. E’ che è inutile pretendere che abbiano efficacia delle regole tese ad invertire il verso di attrazione della forza di gravità. E’ illusorio votare qualcuno perchè nel suo programma c’è questa o quella disciplina rigoristica. Sveglia! L’unico vostro voto efficace ($$) lo tenete in tasca. Ecco perchè ci sono sempre più regole che vi impongono di non portare voti ($$) in tasca.
    Inoltre, la famiglia di regole più perniciose fatte per la trasparenza (che guarda caso fanno comodo anche al fisco) tendono a far sviluppare le economie degli imprenditori più spregiudicati e meno rispettosi dell’altrui patrimonio.
    Ho anche trovato un modo sintetico efficace nella maggior parte dei casi per riconoscere tra il prossimo sta feccia di persone persa tra socialismo incrostato e violenta pretesa. Provate a chiedere loro cosa pensano di questa frase: <>.
    Chi strizza l’occhio a questo concetto ci sta dicendo che imperare sugli altri è più gratificate che scambiarsi volontari servigi (con tutti i rischi del caso). Tenetevi alla larga da loro – e dalle loro imprese.
    Il tutto è in totale affinità e consonanza con gli effetti e le pratiche della politica che tende a far emergere dalla società gli elementi tendenzialmente più spregiudicati.
    Per quanto riguarda le banche ogni speculazione intellettuale mi fredda già in premessa. Infatti, se un costituendo nuovo istituto non riuscisse a dimostrare alla vigilanza , tra molte altre cose, di essere stabilmente entrato in uno stato di insolvenza controllata secondo i parametri previsti, la direzione trepidante non potrebbe sperare nel rilascio dell’indispensabile licenza bancaria. Il bilancio conseguentemente ed indipendentemente dai principi contabili in uso, dovrebbe riflettere il controllo sullo stato continuato e cogente di insolvenza. Se vogliamo chiamare bilancio una pubblica ammissione di appropriazione indebita legalizzata. Fate voi.
    Investite e moltiplicatevi

  • fabio

    la contabilità creativa a libera interpretazione di ministri e ragionieri complici.

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