[1] Cass. sent. n. 6969/2015.
[2] Art. 51 co. 2, n. 2, d.P.R. n. 633/1972.
[3] Cass. sent. n. 9573/2007, Cass. sent. n. 1418/2013.
[4] Cass. sent. n. 21303/2013.
Se il fisco svolge una indagine bancaria nei confronti del contribuente, quest’ultimo sarà tenuto a dimostrare tutte le operazioni effettuate sul proprio conto in modo da giustificare la provenienza delle relative somme e, soprattutto, dare prova che le stesse siano state denunciate nella dichiarazione fiscale oppure che si tratti di redditi esenti.
È un aspetto molto delicato questo, che il contribuente non può sottovalutare, e ciò perché, stando a una recente sentenza della Cassazione [1] (che peraltro riprende il filo di un orientamento ormai consolidato), il soggetto accertato non può limitarsi a fornire generiche motivazioni dell’affluire di somme sul proprio conto, ma deve fornire la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni evidenziate in dichiarazione o alla loro non tassabilità.
Come noto, la legge [2] stabilisce che, nei confronti degli imprenditori, il fisco può presumere automaticamente (e, di conseguenza effettuare accertamenti fiscali) che le movimentazioni in conto costituiscanoreddito non dichiarato: spetta poi al cittadino dimostrare che tali somme sono state indicate nella dichiarazione dei redditi o che le stesse si riferiscono ad operazioni non imponibili. In pratica si tratta di una presunzione a favore del fisco che sposta l’onere della prova contraria sul contribuente [3].
Al fine, però, di superare la suddetta presunzione posta a carico del contribuente non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova specifica di ogni singolo movimento in entrata (bonifici, versamenti, ecc.) e del fatto che lo stesso sia già stato evidenziato nella dichiarazione dei redditi, oppure della loro estraneità alla sua attività lavorativa [4]. Diversamente, l’accertamento fiscale è pienamente valido.
NOTE
[1] Cass. sent. n. 6969/2015.
[2] Art. 51 co. 2, n. 2, d.P.R. n. 633/1972.
[3] Cass. sent. n. 9573/2007, Cass. sent. n. 1418/2013.
[4] Cass. sent. n. 21303/2013.
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statoladro
La gente comune non sa queste cose.
E sono tutti alla pecora.