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GAUDIDI RIVO CORTONESI

Uno dei consigli che avrei voluto mi fossero stati dati prima di andare a Barcellona sarebbe stato quello di entrare nella casa Milà, detta la Predera, prima di entrare nella Sagrada Familia.
È infatti lì, nel sottotetto-terrazzo della Pedrera, tra la successione ritmica dei semplici archi in laterizio a vista che lo sostengono, che le fonti “naturali” da cui trae ispirazione l’opera del grande architetto catalano sono sapientemente esposte, accompagnate da plastici esplicativi di grande efficacia didattica. Quando si esce dalla Pedrera si può entrare scientemente nella Sagrada Familia. Consiglio vivamente di non fare il contrario, come purtroppo ho fatto io, travolto dal tumulto emozionale della Sagrada per non essere passato prima attraverso il “vestibolo propedeutico” della Pedrera.

L’audio guida della Pedrera vi spiegherà che Gaudí, nato nel 1852 in Terragona, Catalogna meridionale, si diplomò alla Scuola Superiore di Architettura di Barcellona nel 1878. Singolare la frase con cui la commissione di esame salutò il giovane architetto: «Non sappiamo se stiamo dando la laurea a un matto o ad un genio».
Era un genio.

Non starò qui a descrivere le sue opere, che neppure conosco in maniera approfondita. Non è questo che mi ha colpito di Gaudí.
Quello che me lo ha fatto amare da subito è quello che ho visto con i miei occhi e quello che ho letto della fase conclusiva della sua vita.
Dopo la sua convinta conversione al cristianesimo in versione cattolica, quest’uomo, a soli 31 anni, viene nominato architetto capo del tempio in costruzione della Sagrada Familia.
Ad esso dedicherà il resto della sua vita conciliando questo prestigioso incarico con la sua brillante carriera professionale e poi dedicandovisi interamente nell’ultima decade della sua esistenza.

La Sagrada Familia è, ancora oggi, un cantiere aperto e il progetto è così grande che nessuno sa dire con certezza quando la costruzione terminerà. Ma si sta andando avanti, ispirandosi ai modelli di Gaudi sopravvissuti fortunatamente agli accidenti del tempo dopo che sfortunatamente, a causa di un incendio, andarono perduti i suoi disegni originali. Al momento della mia visita alla Sagrada si vedevano all’esterno operai con le loro imbracature di sicurezza sospesi in alto sulle pareti del tempio a fare non so che cosa. L’ho capito dopo, quando all’interno del tempio una musica melodiosa veniva continuamente disturbata dallo stridore delle mole elettriche azionate da quegli operai sulla pietra viva.
«A parte l’audacia e il genio architettonico di questo luogo, ciò che più sorprende è poter effettuare delle visite turistiche in un tempio in costruzione. Non si è mai visto niente di simile nel mondo dei monumenti! Immaginatevi nei panni di un turista del XII secolo che visita il cantiere della cattedrale di Notre-Dame di Parigi mentre centinaia di operai e muratori all’interno lavorano come formichine».

È bene sapere che «il finanziamento di questo cantiere titanico, secondo il volere di Gaudí, proviene interamente da offerte private (individuali, associazioni religiose o imprese), beneficenze, eredità. Una cosa è certa: neanche un soldo è stato sborsato dal governo catalano, nessuna sovvenzione pubblica è stata concessa dallo Stato o dall’Unione Europea».
Quando nel 1915, forse a causa della guerra, l’abbondanza delle donazioni internazionali (che toccarono il loro apice nel 1893) cessò, Gaudí rinunciò al proprio compenso e «fino alla morte, nel 1926, si lanciò in un’autentica fuga in avanti. L’artista trascorse gli ultimi dodici anni di vita nel tempio: dormiva nel seminterrato, si nutriva di frutta secca e talvolta chiedeva l’elemosina a piedi nudi per strada. Un asceta squattrinato ma geniale».

Il 7 giugno (citazione Wikipedia) fu investito da un tram (singolare il fatto che fosse stato il primo tram messo in circolazione nella città). Il suo miserevole aspetto ingannò i soccorritori, i quali lo credettero un povero vagabondo e lo trasportarono all’Ospedale della Santa Croce, un ospizio per i mendicanti fondato dai ricchi borghesi della Catalogna. Fu riconosciuto soltanto il giorno successivo dal cappellano della Sagrada Família e morì il 10 giugno. Nonostante questa fine quasi miserabile, al suo funerale parteciparono migliaia di persone. I barcellonesi lo soprannominarono da quel momento “l’architetto di Dio”. È sepolto nella cripta della Sagrada Família. Mia moglie è riuscita a fotografare la sua tomba, che allego in copia, da una finestrella del piano terreno principale della Sagrada.

Con lo stesso spirito di Gaudí ci accingiamo ad affrontare le elezioni federali 2015.
Siamo, come lui, squattrinati, ma abbiamo la pretesa di essere, come lui, “geniali”, nei temi che intendiamo rimettere in discussione: modello di rappresentanza politica e sistema monetario.
Gaudí ha dimostrato che là dove ci sono “idee buone” ogni utopia è possibile.
A chi vi dice che il modo migliore per realizzare qualcosa è pagare dei parassiti per far loro passare allo scanner i vostri redditi e trasferirli nelle mani porose dello Stato alla mercé di politici costruttivisti, illusionisti e demagoghi, dite che la vera “utopia” è pensare che questo sistema possa continuare a sopravvivere senza alimentarsi delle periodiche crisi, incertezze e devastazioni economiche sulle quali si regge.
Invitateli ad andare a Barcellona a guardare cosa ha fatto Gaudí, chiedendo l’elemosina per strada, ma mai allo Stato, come ha lasciato scritto, da buon cristiano aggiungo, se è vero come è vero che il decimo comandamento impone di non desiderare cosa alcuna del nostro prossimo, né in forza della nostra violenza privata, né in forza di quella esercitata per legge, a maggioranza “democratica”.

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Showing 4 comments
  • Alessandro COLLA

    Per forza deve essere tutto rettilineo, altrimenti come si creano i quartieri dormitorio con i loro problemi di violenza nella quale sguazzano demagogicamente i sedicenti difensori delle “classi popolari”?

  • Pedante

    Bellissima testimonianza. Del finanziamento della Sagrada Familia non sapevo nulla. In quanto a Casa Milà manca la progettata statua della Vergine del Rosario per volere del proprietario Milà i Camps, preoccupato per la possibilità di atti di violenza da parte degli anarchici anticlericali.

    Va da sé che l’urbanistica italiana non tollerebbe mai una simile fantasiosità. Tutto deve essere rettilineo, stile URSS.

  • Mauro Gargaglione

    Quando sa guardare, ecco cosa vede, e quando sa sentire ecco cosa scrive.
    Grazie Rivo.

  • Alessandro COLLA

    Appunto: non desiderare la roba d’altri. Quest’insistenza di Santa Romana Chiesa sul presunto dovere fiscale da parte del cittadino suona un po’ a metà tra la beffa e la blasfemia.

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