DI AYN RAND*

L’uomo dello scompartimento letto A, carrozza n.1, era un professore di sociologia. Insegnava che l’abilità individuale non ha importanza, che lo sforzo individuale è futile, che la coscienza individuale è un lusso inutile, che non esistono mente, carattere o conquiste individuali. Che tutto viene raggiunto collettivamente, che sono le masse che contano, non gli uomini.
L’uomo della cuccetta 7, carrozza n. 2, era un giornalista abituato a scrivere che usare la costrizione per « una buona causa » è giusto e morale, che era convinto fosse suo diritto usare la forza fisica sugli altri – distruggere vite, soffocare ambizioni, uccidere desideri, violare convenzioni, imprigionare, rubare, assassinare – per la prima cosa gli saltasse in testa di considerare suo personale concetto di « buona causa ». Concetto, però, che non doveva essere tale, sia perchè egli non aveva mai definito che cosa considerasse « buono », ma aveva sempre dichiarato di andare avanti a « sensazioni », sensazioni non disciplinate dalla conoscenza, sia perchè considerava la conoscenza un’emozione superiore, ma credeva esclusivamente nelle « buone intenzioni » e nel potere di un fucile.
La donna della cuccetta 10, carrozza n. 3, era una professoressa anziana, che aveva passato la vita insegnando a classi su classi di bambini indifesi a diventare dei vigliacchi, affermando che l’unica misura del bene e del male è la volontà della maggioranza, che la maggioranza può fare quello che vuole, che l’individuo non deve far valere la propria personalità, ma deve fare quello che vogliono gli altri.
L’uomo del vagone salotto B, carrozza n. 4, era un direttore di giornale che pensava che gli uomini sono cattivi per natura e quindi inadatti alla libertà, che i loro istinti, se lasciati senza controllo, li portano a mentire, a rubare e a uccidere… e che perciò l’uomo deve essere comandato per mezzo della menzogna, del furto e del delitto, i quali devono essere privilegi esclusivi di coloro che comandano, allo scopo di costringere gli uomini a lavorare, di insegnare loro a essere morali e di tenerli nei limiti della giustizia.
L’uomo della cuccetta H, carrozza n. 5, era un industriale che si era comprato una miniera per mezzo di un prestito governativo, sotto la Legge per la parificazione delle possibilità.
L’uomo del vagone salotto A, carrozza n. 6, era un finanziere che si era arricchito comprando obbligazioni ferroviarie « congelate » e ottenendo dai suoi amici di Washington che venissero «decongelate».
L’uomo del posto 5, carrozza n. 7, era un operaio convinto di aver diritto a un lavoro, sia che il suo padrone lo volesse o no.
La donna della cuccetta 6, carrozza n. 8, era una predicatrice che credeva, come consumatore, di aver « diritto ai trasporti », sia che i padroni delle ferrovie lo desiderassero o no.
L’uomo della cuccetta 2, carrozza n. 9, era un professore di economia che sosteneva l’abolizione della proprietà privata, spiegando che l’intelligenza non ha importanza nella produzione industriale, che la mente dell’uomo è sottoposta alla materia, che chiunque può dirigere una fabbrica o una ferrovia, che è solo questione di riuscire a impossessarsi dei macchinari necessari.
La donna del vagone letto D, carrozza n. 10, era una madre che aveva messo a dormire i suoi due bambini nella cuccetta sopra di lei, coprendoli con cura, e proteggendoli dalle correnti d’aria e dalle scosse; una madre il cui marito aveva un impiego governativo per l’esecuzione delle direttive, che lei difendeva dicendo: « Non me ne importa, è solo i ricchi che vengono colpiti. Dopo tutto, devo pensare ai miei figli. »
L’uomo della cuccetta 3, carrozza n. 11, era un povero neurótico che scriveva commedie da due soldi, nelle quali, come messaggio speciale, inseriva vigliaccamente piccole oscenità per dimostrare che tutti gli uomini d’affari erano degli sporcaccioni.
La donna della cuccetta 9, carrozza n. 12, era una casalinga che credeva di avere il diritto di voto alle elezioni politiche, delle quali non sapeva niente, per controllare le industrie giganti, delle quali non capiva niente.
L’uomo del vagone letto F, carrozza n. 13, era un avvocato che aveva detto: « Io troverò il modo di cavarmela sotto qualsiasi sistema politico. »
L’uomo nel vagone letto A, carrozza n. 14, era un professore di filosofia che insegnava che non esiste la mente: « Come facciamo a sapere che il tunnel è pericoloso? Non si può. Come si può provare che il tunnel esiste? Non è logico. Come posso affermare che ì treni non si muovono senza forza motrice? Non esistono principi. Perchè volete essere legati alla legge della causa e dell’effetto? Niente diritti. Perchè gli uomini non dovrebbero essere legati al loro lavoro per forza? Non esiste moralità. Che cosa c’è di morale nel dirigere una ferrovia? Niente è assoluto. Che importa se si vive o se si muore, comunque? ». Insegnava che non sappiamo niente: « Perchè opporsi agli ordini dei superiori? Non possiamo essere certi di nulla. Come facciamo a sapere di aver ragione? Dobbiamo agire secondo le necessità del momento. Non vorrete certo arrischiare il vostro lavoro? »
L’uomo del vagone salotto B, carrozza n. 15, era un tipo che aveva ereditato una fortuna e che continuava a ripetere: « Perchè Rearden dovrebbe essere l’unico a poter fabbricare il metallo Rearden? »
L’uomo del vagone letto A, carrozza n. 16, era un filantropo che diceva: « Gli uomini abili? Che m’importa se soffrono? Devono essere penalizzati in modo da poter mantenere gli incompetenti. Francamente, non m’importa che questo sia giusto o no. Sono orgoglioso di non accordare nessuna giustizia all’abile, bisogna sentire pietà per coloro che hanno bisogno. »
Tutti i passeggeri erano svegli; non vi era un solo uomo sul treno che non dividesse una o più delle loro idee. Quando il treno entrò nel tunnel, la Torcia di Wyatt** fu l’ultima cosa che videro sulla faccia della terra.

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*da LA RIVOLTA DI ATLANTE

**Torcia di Wyatt = Wyatt uomo con la schiEna diritta che piuttosto che subire il sequestro governativo dei pozzi petroliferi da lui trovati e sfruttati con metodi innovativi, li ha incendiati, un incendio perenne, e poi sparito nel nulla.