In Libertarismo, Varie

DI LEONARDO FACCO

Apprendo, da poco, della morte di Antonio Martino e non posso – a nome del Movimento Libertario – non solo augurare le condoglianze alla famiglia, ma anche ricordare i momenti piacevoli che ho personalmente passato in compagnia dell’ex ministro, col quale la casa editrice che porta il mio nome ha avuto il piacere, seppur estemporaneo di collaborare.

Il professor Martino era sicuramente un liberale tutto d’un pezzo, nulla a che vedere con i nani politici con cui ha avuto a che fare, soprattutto nel partito di cui è stato co-fondatore. Del resto, l’abolizione dell’obbligo di leva lo si deve a lui, quando ricoprì il ruolo di ministro della difesa.

In diverse occasioni, soprattutto grazie ai rapporti col Cidas degli indimenticabili Natale Molari e Sergio Ricossa, il Movimento Libertario e/o la Leonardo Facco Editore hanno avuto occasione di rapportarsi con il professore di economia, che peraltro ha pubblicato una biografia di Milton Friedman, curata dall’IBL, e coedita dal sottoscritto con Rubbettino.

In altre occasioni ho avuto modo di interloquire con Antonio Martino (spesso stando solo ad ascoltare quel che diceva), col quale – l’ultima volta a Venezia, in occasione di un evento organizzato dal Tea-party –  ebbi modo di esprimergli tutte le mie preoccupazioni per le “condizioni di salute” della libertà in Italia. Su molti aspetti, pur non essendo lui un libertario (anche se mi ricordava sempre che sua figlia, invece, lo era eccome), conveniva con me.

Durante quest’ultimo anno di follia, causata dalla tragica farsa pandemica, la sua voce è stata forse l’unica nel suo ex-partito a difendere chiaramente la libertà di scelta individuale, laddove i governi italiani insistevano con obbligi sanitari e restrizioni degni di una tirannia novecentesca. Indimenticabili queste parole: “Noi siamo per la libertà di scelta: ti vuoi vaccinare, ti vaccini; non ti vuoi vaccinare, non ti vaccini. Questa è l’essenza del liberalismo. Esistono il vizio e la virtù perché siamo liberi di scegliere. Il Padreterno è il più grande liberale”.

Caro professore, grazie per avermi dedicato una parte del suo tempo prezioso e per gli insegnamenti concessimi.

Riposi in pace.

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  • firmato winston

    “Peccato che il nano di Arcore non gli abbia mai permesso di occuparsi di economia, preferendogli una mediocre sanguisuga di Sondrio. R.I.P.”

    Avendolo seguito fin dall’epoca, anzi da prima, credo di poter dire che non fu proprio cosi’: Antonio Martino dichiaro’ pubblicamente piu’ volte e senza possibilita’ di equivoco che fu lui stesso a escludere la sua candidatura per il dicastero dell’economia (o posizioni ad esso collegate) in quanto consapevole del fatto che, in Italia, non avrebbe mai potuto mettere in pratica le sue idee e si sarebbe rovinato la reputazione di liberale duro e puro.
    Se non erro, disse anche di essere stato cosi’ consigliato, vista la situazione, dal suo maestro Milton Fridman.
    Infatti fu prima ministro degli esteri nel brevissimo, semestrale, fallimentare per la defezione di Bossi governo Berlusconi I del 1994, e poi ministro della difesa nel Berlusconi II del 2001-2006 dove, disse poi, si diverti’ moltissimo (ma chi confidava in lui come economista liberale non si diverti’ neanche un po’).
    Ognuno giudichi questo atteggiamento secondo il suo metro: personalmente, nell suo simpatico blog, se non ricordo male, ebbi modo di rimproverarglielo anni fa.
    Eppure, in qualche audio-video, disse esplicitamente di essere stato lui a redigere interamente il programma della “rivoluzione liberale” con cui Berlusconi presento’ all’elettorato la prima “Forza Italia” del ’94.
    Secondo me, agendo cosi’, lavandosene poi le mani, ebbe la sua parte di responsabilita’ nel fallimento dei governi Berlusconi dal punto di vista liberale (e, peggio, nel turlupinamento dell’elettore): quando gli si presento’ l’opportunita’, enorme e unica, non cerco’ nemmeno di passare dalle chiacchere ai fatti, penso’ a “divertirsi” in altri dicasteri a lui tanto congeniali quanto deresponsabilizzanti.
    Nel coro delle peraltro meritate condoglianze per la sua simpatia e brillantezza, anche questo andrebbe ricordato. Se le cose vanno come vanno forse un sacco di responsabilita’ ce l’hanno i liberali e libertari che preferiscono vivere nel loro perfetto e astratto mondo immaginario piuttosto che sporcarsi le mani nel cercare di ottenere quel po’ che e’ ragionevolmente possibile nei limiti dell’interazione con le altre parti politiche.

    • Alessandro Colla

      Condivisibile gran parte dell’intervento di Wiston. Difficile commentare il finale, difficilissimo condividerlo ma anche contestarlo. Personalmente non sarei così sicuro di ottenere qualcosa con l’esercizio della scarsa igiene delle mani; potrebbe esserci il rischio di ottenere il nulla, rovinarsi la reputazione nonché gratificare i parassiti e i nemici della libertà in genere. Dando loro l’occasione di affermare che in fondo la democrazia serve sempre, il voto popolare anche. Personalmente, sarei anche disposto a rinunciare alla realizzazione immediata di una parte delle mie convinzioni se ci fosse un’autentica possibilità di ottenere il “ragionevolmente possibile” ma prima occorrerebbe stabilire cosa esso realmente sia. Le altri parti politiche non vogliono interagire con i libertari e se decidessero di volerlo annacquerebbero l’intera posta. Accadde, come peraltro ricordato nell’intervento, nel 1994. La legge Tremonti poteva essere un inizio, abbattimento del peso fiscale a chi assume. Ma non venne accompagnata da una significativa riduzione della spesa e fu quindi sconfessata da Tremonti stesso nei successivi governi dove ricoprì il ruolo di ministro. Il governo del 1994 durò pochissimo perché la Lega preferì interagire con l’opposizione. Così come oggi interagisce con i peggiori nemici della libertà. Che dovrebbero fare i libertari? Candidare alcuni di loro all’interno delle altre forze politiche? I risultati sarebbero gli stessi di Antonio Martino senza neanche il divertimento personale. Lui si sporcò le mani per ottenere il nulla. Tale scelta fu in passato praticata dai radicali; il risultato? Altrettanto nulla. Il divorzio passò con la legge Baslini – Fortuna quando il Partito Radicale non aveva ancora rappresentanza parlamentare e per l’aborto gli stessi Baslini e Fortuna avrebbero avuto una maggioranza sufficiente in Parlamento. Le vittorie radicali sono state tutte referendarie, i parlamentari si sono dimostrati refrattari a ogni allargamento delle libertà. Oggi quale sarebbe la soluzione? Presentare la lista Forza Evasori, magari chiamata in un altro modo altrimenti non sarebbe ammessa? Se ottenesse fantascientificamente una maggioranza superiore ai due terzi sia alla Camera che al Senato, rimarrebbe comunque vincolata a un dettato costituzionale definito bellissimo solo dai babbei e dai disonesti. Avrebbe indubbiamente la possibilità di modificare le parti peggiori del nostro squallido statuto e di convocare un’Assemblea Costituente al fine di cambiarlo completamente. Purché anche nell’Assemblea riesca a ottenere la maggioranza, si sa che dopo tre mesi di governo gli elettori sono già impazienti e vorrebbero il miracolo laico. Rimarrebbero problemi con gli apparati burocratici, con le forze armate, con la magistratura, con gli enti locali, con la Corte Costituzionale ancora composta dai nominati del regime, con un ulteriore settennato di una persona su un non meglio definito colle romano che produrrebbe un effetto boicottante. Anche ammesso che burocrati, militari e sostituti procuratori si lasciassero impressionare da tale imprevisto successo elettorale; ammesso anche che contestualmente le liste libertarie abbiano trionfato in ogni contesto regionale, provinciale, comunale, magari in tutti gli organismi decentrati e decentrabili; gli ultimi due istituti citati avrebbero comunque interesse al mantenimento dello status attuale. Tornando sulla terra, immaginiamo una rappresentanza parlamentare libertaria che potrebbe condizionare la formazione di un esecutivo. Sono sicuro che le forze politiche troverebbero i “responsabili” sufficienti per coalizzarsi ed essere maggioranza sia pure litigiosa. Cosa si potrebbe comunque chiedere alla altre forze interagenti? Poniamo il caso si chieda una sola cosa, l’abolizione del proibizionismo sul narcotraffico con conseguente riduzione degli sprechi del Ministero dell’Interno, delle ristrettezze della condizione carceraria unitamente allo snellimento dei processi penali e al contenimento delle pubbliche aggressioni. Passerebbe una richiesta del genere anche se i libertari non volessero in cambio poltrone ministeriali, viceministeriali e sottosegretariali? Se invece si chiedessero significative privatizzazioni con conseguenti riduzioni della spesa pubblica, quali sarebbero le forze politiche disponibili ad attuarne almeno una in campo previdenziale o scolastico o nel settore dei trasporti? O anche solamente nei settori non considerati “sociali” come le aziende partecipate o la Cassa Depositi e Prestiti? Forza Italia voterebbe a favore? La Lega o Fratelli d’Italia sarebbero disponibili? Italia Viva e Azione si troverebbero d’accordo? Le correnti “di destra” del Partito Democratico o i demaiani del Movimento Cinque Stelle parteciperebbero all’operazione della privatizzazione anche di una sola azienda o di un solo settore tra quelli citati? Immaginiamo Forza Italia che decide sulla privatizzazione della RAI: quest’ultima diventerebbe un’azienda efficiente, quindi pericolosa concorrente di Mediaset. Varrebbe poi la pena di votare la fiducia a un governo in cambio della sola privatizzazione di un’azienda? Con l’ex radicale Francesco Rutelli nel ruolo di sindaco di Roma, si ottenne la privatizzazione della Centrale del Latte? E’ forse cambiata l’impostazione generale della politica italiana, o anche solo romana, in campo fiscale? Abbiamo forse ampliato i nostri spazi di libertà personale dopo tale operazione? Si potrebbe chiedere di smetterla con le restrizioni idiote dell’ultimo biennio, certo. Ma le forze citate hanno dimostrato di volerle mantenere o comunque di volerle subire pur di non andare al voto anticipato. L’unica forza di apparente opposizione, dovunque abbia responsabilità amministrative negli enti locali, si è rivelata peggiore della maggioranza nazionale. A Trieste si è arrivati a definire “disertore” chi rifiuta i trattamenti sanitari imposti con il ricatto dal regime, un chiaro segnale di come si possa essere più intolleranti di Salandra che bollava come disfattista chi era contrario all’intervento bellico iniziato nel 1915. Alla fine per non sporcarsi le mani si finirebbe all’opposizione. Strada non esclusa dai libertari che non vivono affatto in un mondo perfetto, astratto e immaginario. Vivono come tutti in un mondo tra i peggiori possibili e se ne rendono ampiamente conto. Due domande, però, si impongono. La prima è come reperire le risorse per tentare l’avventura e rappresentare il libertarismo nelle istituzioni. Quali sarebbero i generosi finanziatori e cosa chiederebbero in cambio? Qualcosa di mercantilistico? Si rischia di essere dei pessimi imitatori di coloro che si vorrebbero combattere. La seconda domanda è più semplice, tra l’altro già implicitamente formulata all’inizio. Quali sono concretamente i contenuti relativi a “quel po’ di ragionevolmente possibile” da ottenere? Lo ritengo importante perché altrimenti ci si chiude proprio in un astratto mondo immaginario che si afferma di contestare. Se invece non è importante in quanto costituisce solo una mia personale mania di concretezza, allora ogni problema è risolto. Ma ci si tiene il regime, oltre a rimanere in un’evidente contraddizione: si contesta a Martino di essersi sporcato le mani chiedendo al contempo agli altri libertari di sporcarsele anche loro. Senza peraltro chiarire il fine dell’insudiciamento.

    • MICHELE

      Le altre parti politiche non esistono c’è solo una parte politica, quella collettivista occupata esclusivamente, per logica conseguenza, da gabellieri dello stato. I partiti politici sono semplicemente delle piattaforme e sono tanto buoni quanto la gente che ci partecipa, e tale gente è tanto libera quanto vuole essere libera. Come giudicare la gente e la propria volontà di essere liberi? Semplice, ci sono quasi 23 milioni di pensionati, dichiarati 3,2 milioni di dipendenti pubblici (se aggiungessimo i non pervenuti quella cifra aumenterebbe di qualche milione), dipendenti delle società partecipate dichiarati 800000 nella realtà molti di più, ed infine il settore “privato” in cui le prime 100 aziende per fatturato hanno nella stragrande maggioranza salvaguardie dello stato. Protezionismo, sussidi e ricapitalizzazioni con soldi pubblici, concessioni a commettere attività illecite che se le facesse uno che non beneficia delle grazie dei politici verrebbe arrestato entro la fine della giornata. Basta questo ritratto a capire la determinazione individuale e quindi politica di questo popolo. Certo come no, tutto questo lo togli con l’azione politica ragionevole e nei limiti dell’interazione con le alte parti politiche. Riuscire a scardinare il d.n.a. culturale che ha edificato le strutture di potere e di conseguenza tutti i profittatori di queste ultime non avverrà grazie all’azione politica parlamentare. Molto meglio rimanere perfetti e fare una battaglia culturale che formi menti migliori che perdere l’orientamento per cercare la luna all’altro polo, con chi da queste parti merita solo due cose: disprezzo e denigrazione. La campagna elettorale per racimolare X voti che non si sa mai potrebbero fare la differenza la puoi andare a fare tranquillamente da qualche altra parte.

  • Giovanopoulos

    Un grande del pensiero ma anche della parola.
    Ricordo sempre sempre un’espressione molto efficace per definire la distanza tra liberali e statalisti di ogni risma:

    “Abbiamo in comune solo l’abisso che ci divide”.

  • Duca Conte Piermatteo Barambani

    Peccato che il nano di Arcore non gli abbia mai permesso di occuparsi di economia, preferendogli una mediocre sanguisuga di Sondrio. R.I.P.

    • Duca Conte Piermatteo Barambani

      Bravo Diaz, quale seduta spiritica ti ha evocato?
      In effetti questa voleva essere una provocazione: sapevo bene che Martino non aveva voluto LUI occuparsi di economia. E in effetti non posso dargli torto: le sue idee da Chicago Boy erano e sono difficilmente proponibili da queste parti, perlomeno senza il supporto di un improbabile tanquerazo. Per me nessun tradimento, solo saggezza e realpolitik.

      • Duca Conte Piermatteo Barambani

        EC tanqueTazo

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