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scuolaDI NICCOLO’ VIVIANI

Come sostiene Gustave Le Bon nel suo libro “La Psicologia delle Folle”, per comprendere le idee e le credenze che oggi fioriscono nella società, bisogna sapere come è stato preparato il terreno. L’insegnamento dato alla gioventù d’un paese permette di prevederne in gran parte il destino.

Il testo sotto, tratto da “Il regime moderno” di Hippolyte Adolphe Taine, risalente al 1894 (!), dimostra che il terreno è stato preparato molto male e che il processo è andato avanti per tanto tempo che ormai non è rimasto quasi più nessuno capace di rintracciare gli elementi fondamentali del problema, e saper quindi indicare la soluzione. Perché un’alternativa non è mai stata vista, toccata, vissuta. Si dà per scontato che non esista, perché mai ci è stata mostrata. Siamo cresciuti con l’idea che il sistema è com’è e siamo noi sbagliati se non ci piace.

Così come le persone non hanno idea di cosa sia davvero il denaro, così come hanno dimenticato la differenza tra il valore reale e la moneta fiat, così non conoscono più la differenza tra educazione e scolarizzazione. Così come accettiamo di basare le nostre transazioni su carta straccia e di sottomerci ad un sistema finanziario che ci deruba con l’inflazione, così accettiamo di basare la nostra educazione e crescita sulla mera memorizzazione di manuali e nozioni e di sottometterci ad un sistema che uccide il nostro talento, creatività, individualità ed iniziativa.

Mises, Hayek, e tutti gli altri pensatori di Scuola Austriaca identificano nell’imprenditore il ruolo centrale per il funzionamento dell’economia, del mercato, del progresso. Eppure non esiste un solo elemento nella struttura del sistema scolastico ed universitario che aiuti o inviti i giovani ad essere intraprendenti, imprenditori, innovatori.

Essere imprenditori significa creare soluzioni. Significa cambiare lo status quo. Significa trovare un modo migliore di fare una certa cosa. Essere studenti nel nostro sistema significa invece ripetere. Significa accettare lo status quo. Significa eccellere nel fare quello che ci viene detto di fare.

Questa profonda convinzione è alla base di Exosphere, e vogliamo restaurare un ambiente in cui individualità, studio, innovazione ed imprenditoria si abbraccino ad alimentino a vicenda.

Le parole di Taine, in cui sono sicuro tutti riconosciamo la nostra personale esperienza:

«Le idee non si formano che nell’ambiente naturale; ciò che alimenta il loro germe sono le innumerevoli impressioni sensibili che il giovane tutti i giorni riceve all’officina, nella miniera, al tribunale, allo studio, sul cantiere, all’ospedale, dinanzi allo spettacolo degli strumenti, dei materiali e delle operazioni, in presenza dei clienti, degli operai, dei lavoro, all’opera particolare dell’occhio, dell’orecchio, delle mani e dello stesso odorato, che, involontariamente raccolte o sordamente elaborate si organizzano in lui per suggerirgli presto o tardi combinazioni nuove, semplificazione, economia, perfezionamento o invenzione.

Di tutti questi contatti preziosi, di tutti questi elementi assimilati ed indispensabili è privato il giovane alunno, e proprio nell’età feconda: per sette od otto anni egli è sequestrato in una scuola, lontano dall’esperienza diretta e personale che gli avrebbe dato la nozione esatta e viva delle cose, degli uomini e dei diversi modi di dominarli.

[..] Almeno nove su dieci hanno perduto tempo e fatica; parecchi anni della loro vita, anni efficaci, importanti e anche decisivi. Calcolate intanto la metà o i due terzi di quelli che si presentano all’esame, voglio dire i rifiutati; poi, tra gli ammessi, graduati, brevettati e diplomati, ancora la metà o i due terzi, voglio dire gli affaticati. Si é loro domandato troppo esigendo che in un tal giorno, su una sedia o dinanzi a un tavolo, fossero per due ore e per un gruppo di scienze, repertori viventi di tutta l’umana conoscenza. Difatti lo sono stati, o quasi, quel giorno, per due ore; ma un mese dopo, non lo sono più. Non potrebbero sostenere di nuovo l’esame; le loro acquisizioni, troppo numerose e troppo pesanti, sfuggono incessantemente fuori del loro spirito, e non ne acquistano di nuove. [..]

All’ospedale, nella miniera, nella manifattura, dall’architetto, dall’uomo di legge, l’allievo, ammesso giovanissimo, fa il suo tirocinio e press’a poco come da noi uno scrivano nel suo ufficio o un allievo pittore nel suo studio. Anzitutto, prima di entrare, egli ha potuto seguire qualche corso generale e sommario, allo scopo d’avere un quadro belle e pronto in cui collocare le sue osservazioni. Tuttavia, c’è spesso qualche corso tecnico che egli potrà seguire nelle ore libere, allo scopo di coordinare di mano in mano le sue esperienze quotidiane.

Sotto un simile regime, la capacità pratica cresce e si sviluppa di per sé stessa, proprio sino al grado che le facoltà dell’allievo permettono, e nella direzione richiesta dalla sua futura necessità per l’opera particolare alla quale sin da principio vuole adattarsi.

Da venticinque anni, e anche assai prima, se la sostanza e il fondamento non gli mancano, egli è non solo un esecutore utile, ma anche un uomo di spontanea intraprendenza; non solo un meccanismo, ma anche un motore. [..]

Nei tre gradi dell’istruzione – per l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù – la preparazione teorica e scolastica sui banchi, per mezzo dei libri, s’è prolungata e aggravata, in vista dell’esame o del grado o del diploma o del brevetto, e coi mezzi peggiori: con l’applicazione di un regime anti-naturale e antisociale, col convitto, coll’eccessivo ritardo del tirocinio pratico, con l’allenamento artificiale e il riempimento meccanico, con lo strapazzo, senza considerazione del tempo in cui il ragazzo sarà adulto e delle funzioni virili che l’uomo fatto dovrà compiere, non tenendo conto del mondo reale dove il giovane dovrà vivere, della società a cui bisogna adattarlo, del conflitto umano dove per difendersi e tenersi in piedi, egli dovrà essere, anzitutto, equipaggiato, armato, esercitato e pieno di forza.

Questo necessario equipaggiamento, questi requisiti più importanti di tutti gli altri, questa solidità del buon senso, della volontà e dei nervi, le nostre scuole non glieli procurano; al contrario, ben lontane dal qualificarlo, lo squalificano per la sua condizione prossima e definitiva. La sua entrata nel mondo e i suoi primi passi nel campo dell’azione pratica, spesse volte, non sono che una serie di cadute dolorose; egli ne resta ferito, ne porta le tracce a lungo, e qualche volta per sempre. È una dura e pericolosa prova; l’equilibrio morale e mentale si altera, e corre rischio di non ristabilirsi più; la delusione è stata troppo improvvisa e completa; i disinganni sono stati troppo grandi e il disgusto troppo forte».

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Showing 4 comments
  • AlbertoG

    Condivido.
    Tanto è vero che i più bravi a “scuola” spesso diventano bravi funzionari, bravi professionisti , ecc. Insomma Grand-Commis del sistema.
    Molti che hanno sofferto la e a scuola hanno riconquistato la libertà diventando imprenditori.

  • ANTONIO

    capolavoro, lo penso da una vita!!!

  • FrancescoL

    Ed io che pensavo che la crisi fosse colpa del Tuvbo Capitalismo e del libevismo selvaggio.. Scherzi a parte la scuola vuole preparare le persone ad essere schiavi ubbidienti e non uomini liberi e raziocinanti. Sembra che ci sia riuscita molto bene

  • Giuseppe

    Mi ci riconosco abbastanza in questa analisi, anzi direi che a me è andata proprio così. Le cadute dolorose dovute al mio ingresso nel “mondo” non mi hanno alterato l’equilibrio morale e mentale; però mi hanno lasciato dentro una rabbia, perchè mi sono sentito ingannato e defraudato. Questa rabbia, insieme alla passione per quello che faccio, è ciò che non mi fa mollare mai.

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