In Anti & Politica, Libertarismo, Varie

DI CARLO LOTTIERI

Ogni tradizione liberale ha caratteristiche un po’ diverse e nel quadro internazionale il liberalismo italiano si è spesso caratterizzato per una sua particolare nota “realista”, al limite del cinismo. In fondo il maggiore contributo della Penisola alla scienza politica è stato forse l’elitismo (Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto e Roberto Michels), che ha proprio insistito – contro ogni manipolazione ideologica – sul fatto che anche all’interno delle cosiddette democrazie vi è sempre un piccolo numero di persone, la classe politica, che monopolizza i luoghi della decisione. Questa forte adesione alla realtà fu evidente anche in un altro importante filone di studi della nostra tradizione, la scuola italiana della Scienza delle Finanze, che con un grande studioso come Amilcare Puviani (1854-1907) mise in risalto – ad esempio – che il prelievo fiscale e più in generale l’intero sistema della finanza pubblica, e quindi della spesa di Stato, è costruito attorno a “illusioni” che impediscono di cogliere la realtà per come è realmente.

Si colloca sulla scia di questa scuola di pensiero l’ultima fatica di Cristian Merlo, polemista brillante e acuto che già si era avuto modo di apprezzare per una sua precedente fatica, Tasse: come ci imbrogliano e ci rapinano (Lampi di Stampa, 2009), e che ora con Lo Stato illusionista. Una storia infinita di tasse e parassiti, edito da Leonardo Facco Editore e in vendita a 10 euro (chi fosse interessato può spedire una mail a [email protected]), si propone – riuscendoci brillantemente – di buttare per aria le troppe paratie che impediscono a molti di vedere il potere per quello che è.

In tempi di anti-politica, leggere queste riflessioni di Merlo aiuta a capire che i vari Stella&Rizzo hanno ragione nel denunciare gli innumerevoli sprechi e privilegi del corpaccione pubblico, ma a quel tipo di contestazione va aggiunta una disanima meno superficiale, che porti a cogliere le motivazioni profonde del massiccio parassitismo organizzato che risponde al nome di Repubblica Italiana. E non a caso nel testo – assai agile, meno di cento pagine – sono numerose le citazioni da Gianfranco Miglio, Anthony de Jasay, Alessandro Vitale, Murray N. Rothbard e Sergio Ricossa, perché solo una riflessione rigorosa e di taglio libertario sulla natura violenta della redistribuzione – da un gruppo sociale all’altro, da un territorio all’altro – può farci superare il momento della semplice indignazione per accedere a quello di una critica costruttiva, capace di elaborare alternative istituzionali (meno Stato, meno tasse, diritto di secessione, deregulation, ecc.).

In vista delle vacanze natalizie, comprarsi il piacere di questa riflessione non accademica ma nemmeno superficiale può aiutare a costruire un 2013 migliore. Buona lettura.

Tratto da: http://blog.ilgiornale.it/lottieri/2012/11/16/cristian-merlo-contro-gli-imbrogli-dello-stato-padrone/

 

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Comments
  • CARLO BUTTI

    Io direi:niente Stato, niente tasse,niente plebisciti, diritto alla secessione individuale, nessuna regola che piova dall’alto, ma solo regole sottoscritte come clausole di un libero contratto. Se ci accontentiamo di uno Stato minimo, nel giro di qualche lustro ridiventa massimo, com’è già successo(la storia degli Stati Uniti dovrebbe insegnarci qualcosa). Se non si estirpano le radici ricresce la mala pianta .”Poca favilla gran fiamma seconda”:nel bene come nel male.

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