In Anti & Politica, Economia

sardegnadi UGO CALO’

Poiché ci piace andare controcorrente e memori che parole come autonomismo e federalismo sono passate di moda anche perché trasformate in barzellette da chi anni fa ha avuto il merito di intuirne le potenzialità vogliamo insistere, contribuendone alla rivitalizzazione, su ciò che oggi è meno popolare rispetto a ieri ma non per questo meno necessario al paese.

Come più volte postato su questa rivista la nostra idea è che lo stato italiano vada sciolto e sostituito da una confederazione di stati indipendenti che, a loro, volta potranno avere la struttura di repubbliche federali (un’Italia di tante Svizzere confederate tra di loro). Una delle obbiezioni che ci viene contestata è che un progetto simile farebbe sprofondare nella povertà le regioni del sud. Non è vero e lo si può intuire da ciò che potrebbe diventare la regione forse più pronta ad accettare tale sfida ovverosia la Sardegna in cui le pulsioni autonomiste e indipendentiste non sono mai venute meno.

L’Italia, come è notorio, ha territori che hanno interessi diversi sia per motivi geografici che economici.

La Lombardia ad esempio ha una economia industriale legata alla Mittel-Europa mentre la Sardegna è una bellissima isola al centro del Mediterraneo che, se fosse indipendente, potrebbe diventare come il Liecthenstein ovverosia un paradiso fiscale senza rischiare di dover passare dalle forche caudine dell’Unione Europea da cui la Sardegna, se le convenisse, potrebbe anche uscire.

Il bello degli stati indipendenti ma confederati è quello di potersi liberamente costruire l’ordinamento giuridico più gradito godendo però dei benefici che possono derivare dall’essere parte di un consorzio confederativo in grado di creare efficienti economie di scala e massa critica su alcune funzioni che gli stati confederati decidessero di delegare a partire dalla comune tutela degli interessi a livello internazionale e dalla difesa.

La Sardegna potrebbe benissimo adottare misure che le consentirebbero di essere uno stato-zona franca a fiscalità minima ma anche di adottare misure a tutela della riservatezza dei capitali tipici di alcuni stati cosìddetti paradisi fiscali. Continuerebbe ad essere legata al resto d’Italia da un accordo confederativo e all’Unione Europea da un accordo, tramite la confederazione, di libero scambio.

Se l’Unione Europea iniziasse a storcere il naso la Sardegna potrebbe decidere di uscirne, cosa che forse alla Lombardia non converrebbe, senza dover mettere in discussione la sua appartenenza alla confederazione italiana che altro non sarebbe che un consorzio volontario costituito sulla base di un trattato internazionale. La Sardegna potrebbe addirittura fregarsene di essere messa in una sorta di Black List dal resto d’Europa per motivi di carattere fiscale. Ma tutto questo cosa renderebbe ai sardi? Basta un calcolo. Il mini stato Liecthenstein ha un PIL pro capite pari a circa  109,000 euro annui e la regione Sardegna pari a circa 15,900 euro annui ovverosia quasi sette volte di meno. Se la Sardegna adottasse la legislazione del  Liecthenstein certamente non aumenterebbe di botto la sua ricchezza di sette volte ma sarebbe un bel crescere. Ma non solo.

Non avendo più l’obbligo del corso forzoso dell’euro, qualora decidesse di uscire dall’Unione Europea, la Sardegna potrebbe adottare al proprio interno politiche di Free Banking e moneta denazionalizzata con la conseguenza di poter alimentare ancora di più la propria crescita diventando un paese in grado di attirare capitali, imprese e persone molto ricche desiderose di vivere in pace, con i propri averi tutelati e nella massima riservatezza godendo delle notevoli bellezze dell’isola. Essendo l’isola al centro del Mediterraneo potrebbe attirare non solo imprese che investono nel settore turistico, che avrebbe un incremento considerevole considerando la zona franca, ma anche imprese che investono in tecnologia e innovazione essendo fra l’altro le università sarde un buon punto di partenza per investire in formazione e ricerca. C’è un però.

Finirebbe la politica del sussidio da parte dello stato centrale che non esisterebbe più e la politica di tenere aperte le cattedrali nel deserto formate dall’industria mineraria che produce un carbone che nessuno vuole più e dall’industria metallurgica energivora che non ha forse più senso che rimanga nell’isola ma con un simile livello di crescita alle rinunce iniziali corrisponderebbero immediati benefici. Se solo in questo paese anziché parlare di scie chimiche, signoraggio e microchip iniettati dalla spectre massonica desiderosa di governare il mondo iniziassimo a parlare di cose serie avremmo tutti più fiducia nel futuro ed sarei curiosi di sentire la risposta del popolo sardo di fronte a questa ipotesi.

Poiché sino ad ora di Tafazzi ne ho visto solo uno ed in televisione sono convinto che se in questo paese si iniziasse a discutere in modo costruttivo senza il paraocchi dei luoghi comuni e delle ideologie faremo dei grandi passi in avanti

Presidente di Italia Confederata

Tratto da: www.lacritica.org

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Showing 12 comments
  • Renato

    Io non capisco che senso abbiano questi articoli di fantascienza camuffati da giornalismo. In Sardegna, cosi’ come nel resto d’Italia non si ha una mentalita’ imprenditoriale diffusa, la Svizzera non sarebbe mai tale senza gli svizzeri cosi’ come la Sardegna sara’ sempre Sardegna (x qualcuno purtroppo e per altri per fortuna) perche’ gli abitanti si chiamano sardi e non svizzeri. A parte tutto cio’ non ho mai capito questo interesse morboso per la nostra terra e una sua ipotetica indipendenza, noi siamo e sempre saremo Italiani e questa realta’ non la si cambia con queste cretinate.

  • alessandro

    ciao a tutti,
    la sardegna è di proprietà di una dozzina di famigle ,senza il loro consenso non si muove una foglia,altro che mafia…parola di chi ci vive…tutto il resto sono chiacchiere…

  • Non sarà tempo che gli indipendentisti-libertariani sardi abbiano un blog proprio su cui comunicare e condividere idee?? Se qualcuno è interessato a partecipare contattatemi per email a [email protected].

  • Liberalista

    @Osto
    Se e’ cosi’, ben venga, allora.
    Da quello che lessi in passato mi feci l’idea opposta. Ma ripeto, felice di sbagliare, se cosi’ fosse.

    Sulle future Federazioni, sarebbe giustamente una scelta della nuova realta’ indipendente.
    Le porgo una domanda, se non le dispiace.
    Se poi, ad esempio, Carloforte decidesse di secedere dalla Sardegna, voi ipotetici governanti della Sardegna indipendente, come vi comportereste? E se poi lo facessero anche Alghero, o Cagliari, o Olbia?
    Il principio di autodeterminazione vale per tutti?

  • Osto

    ProgReS socialisti? Ma da dove ve le togliete queste storie? La scissione è avvenuta perchè si è scoperto che iRS non apparteneva a tutti gli attivisti e sostenitori ma a una casta di persone che nascostamente con uno Statuto segreto si erano impossessate del nome e del simbolo. Le idee Indipendentiste di ProgReS sono molto più liberali e anti assistenzialiste di quelle di qualsiasi partito indipendentista, che oggi flirtano addirittura col PD italiano annaquando la parola Indipendenza in Sovranità per non dispiacere ai loro nuovi amici. Per quanto riguarda l’articolo non vedo perchè una Sardegna indipendente dovrebbe federarsi all’italia, è una boiata, abbiamo molto più in comune con Corsica, Catalogna e Scozia semmai….

  • bustianu

    I partiti indipendentisti sardi hanno idee confuse o antiquate su cosa debba essere la Sardegna indipendente soprattutto in campo economico dove in gran parte sono statalisti. Nutro seri dubbi che ci siano persone all’interno di questi movimenti che comprendano le questioni monetarie e la truffa del central banking e della riserva frazionaria e possano dunque comprendere e sfruttare ciò per creare un paradiso per la libertà econimica. I sardi purtroppo coglionizzati da cinquanta anni di assistenzialismo, sono deresponsabilizzati nell’attesa che sia mamma regione o il patrigno italiota a offrire pasti gratis e garantire diritti. Per ora conviene attaccarsi alla mammella pubblica e suggere, questa è la Sardegna attuale. Schiavi e vogliosi di esserlo. La speranza è che sia la attuale crisi di sistema con l’impoverimento repentino a fare cambiare direzione, sempre che idee sane indirizzino il cambiamento.

    • leonardofaccoeditore

      concordo con te bastianu, e non solo tra gli indipendentisti sardi!

  • Liberalista

    Da qualche settimana, visto che ormai le elezioni regionali del 2014 si avvicinano, Cappellacci sta proponendo la zona franca integrale per la Sardegna.
    E’ chiaro che si tratta di un diversivo, ma quantomeno serve a creare un minimo di consapevolezza sul tema.
    Certamente qui, e soprattutto in alcune zone come il Sulcis-Iglesiente-Guspinese ultrassistito, il nuorese dei pastori sussidiati e anche le citta’ che hanno vissuto di uffici pubblici, la stragrande maggioranza dei miei conterranei ha terrore di perdere i privilegi acquisiti.
    Insomma, Sechi non dice una balla, dal suo e dal loro punto di vista di parassiti assistiti.
    Vai a spiegargli che con le opportunita’ in piu’ starebbero meglio tutti…

    Sui movimenti indipendentisti: l’unico che anche in passato ha espresso qualche tema vagamente liberista e’ stato l’IRS di Gavino Sale. E infatti ha patito una scissione quasi immediata da parte dei socialisti interni, che hanno fondato Progres.
    Ma effettivamente non esiste un movimento che mira al principio di autodeterminazione per utilizzarlo a scopi libertari.

    Termino con una battuta: se tutti i sardi che scrivono sui siti libertari si mettono insieme, vincono le elezioni :-)

  • Dexter

    Ecco cosa ha detto il giornalista Mario Sechi, candidato con Monti: “Gli indipendentisti? Deficienti. Senza i soldi dell’Europa e dell’Italia la Sardegna è morta, abbiamo bisogno di Europa e di Italia”.

    Capito ? Lui preferisce fare il parassita invece della libertà, dell’autosufficienza e della sovranità.
    In Sardegna c’è un ampissimo desiderio di indipendenza o di vero federalismo, ma non ci sono partiti seri che intercettino questo sentimento. Ci sono 5 partiti indipendentisti, tre dei quali comunisti che prendono poche migliaia di voti, uno buffonesco, ed uno di trasformisti che ha perso credibilità.
    La cosa certa è che finché si starà sotto lo stato italiano non ci sarà speranza per un futuro migliore.

    • Fabio

      quello non s’è neanche mai chiesto da dove vengano i soldi della UE, chi ne paga i ricchissimi bilanci e colossali sprechi !

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