In Economia, Varie

DI MATTEO CORSINI

“Il pareggio di bilancio nella teoria e nella prassi economica ha sempre avuto pochi sostenitori… La spesa pubblica per investimenti è necessaria se si vuole ridare competitività all’economia italiana, e non è possibile privarsene perché non c’è fiducia in chi c’è al governo. Il controllo della
spesa va gestito con ben altri sistemi… A torto o a ragione, la situazione presente è stata accostata a quella del ’29, ma allora la cultura liberale
seppe salvare il capitalismo, con il New Deal. Anziché attardarsi su ricette inappropriate alla situazione, perché non pensare a un nuovo New
Deal?” (G. Mazzocchi)

Non sapevo chi fosse questo Giovanni Mazzocchi prima di aver letto un articolo a sua firma; sinceramente non lo so neanche adesso, e non mi
interessa neppure saperlo. Le cose che riporto non rappresentano un pensiero originale; al contrario, si tratta di opinioni piuttosto diffuse.

E’ indubbiamente vero che il pareggio di bilancio ha pochi sostenitori nella teoria e nella prassi economica. Non a caso, i maggiori debitori al
mondo sono sovente gli Stati, forti del fatto che spesso sono anche coloro che gestiscono, ancorché tramite banche centrali formalmente indipendenti, la moneta di denominazione del debito stesso.

Dato per assodato che la posizione di quelli che sono contrari all’accumulazione di debito pubblico è minoritaria, occorre, credo, verificare i risultati del deficit spending. Keynes riteneva che l’aumento della spesa pubblica finanziata in deficit fosse necessaria per impedire una contrazione della domanda aggregata nelle fasi recessive; gli stimoli fiscali avrebbero poi dovuto essere ritirati una volta che la ripresa economica si fosse concretizzata.

Non voglio mettermi ora a criticare la teoria keynesiana in sé (si andrebbe troppo per le lunghe): mi limito a osservare che spesso coloro che hanno applicato i dettami di Lord Keynes si sono, per così dire, lasciati prendere la mano e non hanno quasi mai individuato il momento opportuno per riequilibrare i conti pubblici. Il che ha avuto una conseguenza: l’aumento del peso dello Stato nell’economia e la dilatazione del debito pubblico. Circostanza che rende sempre più problematica la prosecuzione del ricorso alla ricetta keynesiana.

Si sente dire che “la spesa pubblica per investimenti è necessaria se si vuole ridare competitività all’economia”, come se questa fosse un’affermazione autoevidente. Ma chi lo ha detto? Se fossimo ancora agli anni ’30 del secolo scorso, potrei anche capire un dibattito teorico al
riguardo, ma dopo 80 anni trovo deprimente che si dia per scontato l’esatto opposto di ciò che i fatti hanno dimostrato essere vero.

L’unica spesa che produce crescita è quella derivante dall’investimento dei risparmi reali, e lo Stato ha dato ampia dimostrazione di non essere il
soggetto più capace di coagulare risparmi reali in investimenti produttivi. E non avrebbe potuto essere altrimenti, per almeno due motivi:

1) i burocrati non sono onniscienti;

2) non sono soggetti alla disciplina concorrenziale del mercato.

Per di più, dove c’è molta burocrazia tende a esserci molta corruzione.

Tutto ciò detto, è ancora più deprimente continuare a sentire che il New Deal salvò il capitalismo, che fu frutto della cultura liberale, e che
sarebbe il caso di “pensare a un nuovo New Deal”. Credo che la lettura di America’s Great Depression di Rothbard fornirebbe un interessante punto di vista alternativo a quello mainstream su come andarono le cose in quel periodo.

In ogni caso, chi invoca oggi un nuovo New Deal pare non tenere in considerazione che all’epoca la spesa pubblica in rapporto al Pil era poco
oltre il 10 per cento, e non era ancora stato accumulato un debito pubblico enorme come quello che oggi ha la maggior parte dei paesi occidentali.

Probabilmente c’è chi crede che si possa andare avanti a stampare denaro senza limiti, per finanziare i deficit crescenti e il nuovo New Deal. Beh,
questa è la strada che ci ha già portati in crisi.

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  • zenzero

    Non impareranno mai, vi porteranno al fallimento. Benedetta la mia Australia.

  • zenzero

    Non impareranno mai, vi porteranno al fallimento. Benedetta la mia Australia.

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